Da “La bianca torre di Echtelion” del 15 giugno 2017. Foto da ABCNews
Sarebbe sciacallaggio spingersi in illazioni ulteriori, ma c’è da meravigliarsi se, nel riscaldamento globale contro la “criminale” Amministrazione Trump, capita che un tale, autodefinitosi socialista, James T. Hodgkinson, spari su un campo da baseball della bella Alexandria, in Virginia, al deputato Steve Scalise, majority whip dei Repubblicani alla Camera, e ad altre quattro persone, dopo avere verificato (lo ha detto un testimone oculare, il deputato Repubblicano Ron DeSantis) di quale partito fossero? No di certo.
Con Trump si è arrivati a un astio mai visto neanche con l’“antipatico” Richard Nixon, il “reazionario” Ronald Reagan, il “guerrafondaio” George W. Bush. Non perché sia peggio, ma solo perché quel potere forte anzi fortissimo che è il patto d’acciaio fra opposizione politica, media e piazza urlante non crede ancora che un improbabile abbia espugnato la torre oscura del consociativismo liberal. Contando i traffici, documentati, con cui si è arricchita Hillary Clinton (e marito, e figlia) grazie allo storno delle politiche del Dipartimento di Stato, e sotto gli occhi di un Barack Obama che non si accorgeva di nulla, c’è da giurarci che ci sia di mezzo pure il portafogli di qualcuno. Intanto il deputato istituzionalmente incaricato di mantenere i rapporti fra il leader del Partito Repubblicano e la maggioranza alla “camera bassa” del Congresso è finito sotto i ferri.
È così da quando partirono le primarie per la Casa Bianca. Comizi-rissa, allarmi di attentati fortunatamente infondati e la stampa che gettava benzina sul fuoco gridando “razzista”, “sessista” e persino “fascista”. A Trump si è potuto dire di tutto, impunemente. Fiancheggiatore del Ku Klux Klan, anche se è falso. Nemico dei neri, ma ci sono folle di neri che hanno votato per lui. Anti-islamico, ma ha solo cercato (quanto efficacemente è un altro discorso) di arginare il terrorismo. E xenofobo contro i messicani, anche se l’unico muro esistente fra Stati Uniti e Messico lo ha costruito il “buonista” Bill Clinton. Trump sarebbe il campione dell’hate-speech, ma l’unico contro cui viene riversato odio è lui, il presidente democratico degli Stati Uniti che l’opposizione Democratica non accetta, facendosi eversiva.
Il culmine è stato raggiunto, lo ricordano tutti, l’indomani dell’8 novembre, quanto Trump divenne il 45° presidente americano. Città prese d’assalto, auto incendiate, vetrine sfasciate, scontri con la polizia, e il tutto per giorni, magari con i soldi del Rockerduck dei progressisti, George Soros. Poi sono arrivate le donne, in corteo contro “il macho”, e però ci sono frotte di altre donne con le gonne che orgogliosamente rivendicano di avere votato per lui. E infine il “Russiagate”, per insinuare che Trump sarebbe illegittimo sin dal principio sperando nell’impeachment, mentre nemmeno c’è, chiaro e netto, il capo d’accusa.
Qualche giorno fa, il Giulio Cesare di William Shakespeare in scena a Central Park, il tiranno che attenta alla repubblica, sfoggiava le fattezze di Trump e due sponsor importanti, la Delta Airlines e la Banca d’America, hanno ritirato l’appoggio. Appena prima Kathy Griffin, attrice comica americana che non fa ridere, ha postato in rete una foto di sé con una finta testa mozzata e lorda di sangue del presidente. La CNN le ha rescisso ogni contratto. L’unico che sanguina davvero, intanto, è Scalise. Il che dimostra che negli Stati Uniti non ci sono troppe armi, ma troppi socialisti.
Marco Respinti