Interrogazione al Parlamento europeo: liberate il detenuto politico
Se proprio bisogna far entrare chiunque sul suolo statunitense, allora tanto vale ripristinare la regola «pies secos, pies mojados», abolita il 12 gennaio scorso, negli ultimissimi giorni del suo mandato presidenziale da Barack Obama,che aveva rispedito a Cuba almeno due profughi entrati dalla terraferma, inviando nei campi di detenzione anche altri arrivati con un visto turistico per partecipare alle nozze dei figli. Finché si trovavano in mare, i «balseros» venivano rimpatriati, ma ora, con soddisfazione delle autorità comuniste dell’isola caraibica, la stessa sorte toccherebbe anche a coloro che sono riusciti a sbarcare.
Diversamente dal suo predecessore, l’attuale presidente degli Stati Uniti Donald Trump ci sta pensando e, mentre avvia «una completa revisione delle politiche Usa verso Cuba» in particolare sul tema della violazione dei diritti umani, monta il caso del coordinatore nazionale del Movimento Cristiano Liberación, Eduardo Cardet,il detenuto politico incarcerato il 30 novembre per aver espresso critiche verso Fidel Castro («un uomo odiato e respinto dalla maggior parte del popolo cubano») in un’intervista concessa poco dopo la sua morte.
Un prigioniero di coscienza, come lo definisce ufficialmente Amnesty International.
In un’interrogazione scritta, la parlamentare europea di Forza Italia Elisabetta Gardini chiede alla Commissione che cosa intenda fare per promuovere il rispetto dei diritti umani e sostenere i movimenti di opposizione come il Mcl, schiacciati dalla violenta repressione del regime comunista. L’esponente azzurra ricorda inoltre un’altra circostanza inquietante: la «morte sospetta del fondatore del movimento e premio Sacharov, Osvaldo Payá, in un incidente stradale nel 2012» e riferisce che Cardet attualmente è detenuto, in attesa di giudizio per le accuse di aggressione, scandalo pubblico e resistenza, nel carcere di Holguin e secondo la moglie ha ricevuto pesanti percosse durante l’arresto.
In attesa dello svolgimento del processo, la cui prima udienza è prevista per il prossimo 20 febbraio, il padre di Cardet aveva indirizzato una lettera a Papa Francesco,consegnata il 17 gennaio tramite la Nunziatura della Santa Sede, affinché interceda sia con le preghiere sia presso le autorità cubane a favore di suo figlio,«colpevole» soltanto di essersi espresso in modo difforme rispetto alle opinioni della dittatura.
Nell’appello al Santo Padre, che ha svolto un ruolo decisivo per il disgelo fra Cuba e gli Stati Uniti, la lettera ricorda fra l’altro che tanto Cardet, all’interno del carcere, quanto sua moglie e i suoi figli sono oggetto di minacce da parte della Sicurezza dello Stato, allo scopo di terrorizzarli e demoralizzarli. Dal Vaticano, finora, non è arrivato nessun segnale.
Andrea Morigi
Da “Libero” del 5 febbraio 2017. Foto da Libertad Digital