Il CEO della più grande banca statunitense, JPMorgan Chase & Co, ha evocato la possibilità di procedere con espropri di terreni privati per accelerare gli investimenti nelle energie rinnovabili. Sembra una fake news: non lo è.
di Maurizio Milano
Jamie Dimon, molto vicino al presidente Barack Obama (2009-2017) e al Partito Democratico, già membro del consiglio d’amministrazione della Federal Reserve Bank di New York e dal 2006 presidente e CEO del colosso bancario JPMorgan Chase & Co, nell’ultima relazione annuale agli azionisti ha dichiarato che occorre accelerare con urgenza nel numero dei progetti relativi alle energie rinnovabili, solare ed eolico, in quanto «la finestra per l’azione volta ad evitare gli impatti più costosi del cambiamento climatico globale si sta chiudendo». Particolarmente inquietante è questo passaggio: «We may even need to evoke eminent domain», cioè «possiamo persino avere bisogno di evocare gli espropri»; pare assai irrituale che la più grande banca statunitense suggerisca al proprio governo di «espropriare» la terra dei privati “per fare più in fretta”, ma è scritto nero su bianco. Tanto più che JPMorgan Chase & Co è la più grande Banca al mondo, e la più attiva nei finanziamenti dell’agenda green a partire dagli Accordi di Parigi sul clima del 2015.
«Devono essere fatti investimenti globali massivi nella tecnologia dell’energia pulita, e devono continuare a crescere, anno dopo anno […] La necessità di fornire energia in modo economico e affidabile per oggi, nonché di effettuare gli investimenti necessari per la decarbonizzazione per domani, sottolinea i legami inestricabili tra crescita economica, sicurezza energetica e cambiamento climatico. Dobbiamo fare di più e dobbiamo farlo immediatamente», aggiunge Dimon. Che poi la cosiddetta transizione energetica sia destinata a scontrarsi con i limiti insuperabili nella “fisica dell’energia”, rivelandosi una pericolosa illusione a carico di contribuenti e consumatori, come ben evidenziato negli studi dell’esperto di energia e tecnologia e senior fellow del Manhattan Institute, Mark. P. Mills, è tutt’altro discorso.
Il suggerimento al Governo federale di valutare anche espropri (massivi?) di terra dei privati proviene da uno degli uomini più influenti degli Stati Uniti, e quindi del mondo, con una ricchezza personale valutata dalla rivista Forbes in 1,9 miliardi di dollari nel 2020 e un ingaggio annuo di circa 32,5 milioni di dollari: la sua opinione per un «governo del XXI° secolo», quindi, è qualcosa di più di una semplice riflessione personale, ed esprime un consensus ampio ai livelli più alti del mondo finanziario, economico e politico mondiale. «Per accelerare il progresso, governi, imprese e organizzazioni non governative devono convergere su una serie di opportune modifiche di policy che affrontino in modo simultaneo tematiche fondamentali che ci stanno frenando»: il neocorporativismo tra le grandi imprese corporate e il mondo politico, portato avanti dall’iniziativa del World Economic Forum di Davos nella prospettiva dello statalismoclimatico, è sempre più evidente. «Parole non ci appulcro», direbbe Dante.
Mercoledì, 19 aprile 2023