Da La bianca Torre di Ecthelion del 03/11/2018. Foto da articolo
Seul ‒ L’isola sudcoreana di Jeju è la Capri del Mar Giallo, affollata di turisti soprattutto cinesi (Pechino dista due ore di volo). Dal 1946 fa provincia autonoma e tra i vantaggi del suo statuto speciale ci sono 30 giorni di soggiorno senza visto tranne per chi viene da Afghanistan, Cuba, Ghana, Irak, Kosovo, Libia, Macedonia, Nigeria, Autorità palestinese, Corea del Nord, Sudan, Siria e Yemen.
Ma proprio lo Yemen sta mandando all’aria il beato isolamento di Jeju. A luglio vi sono infatti sbarcati 552 yemeniti, in maggioranza maschi, sfuggiti alla guerra civile che dal marzo 2015 oppone forze lealiste filosaudite e ribelli filoiraniani, ma anche al-Qa’ida nella Penisola Arabica (che controlla quasi un quarto del territorio) e gli affiliati locali all’ISIS. Trascorso il mese bonus, per restare in Corea del Sud gli yemeniti sfollati necessitano di un permesso regolare, cosa che però non piace affatto ai sudcoreani, scatenatisi come mai prima d’ora in tutto il Paese contro i “falsi profughi”. Una petizione con 700mila firme, cosa mai vista, è stata presentata al governo socialdemocratico del presidente Moon Jae-in per “fermare l’invasione”. Morale, il 17 ottobre Seul ha rifiutato i visti ai 552 yemeniti.
No, la Corea del Sud non è la mecca dei rifugiati. Di fatto accetta solo i transfughi dalla Corea del Nord. Un po’ perché li considera concittadini che “tornano a casa” da una parte del territorio nazionale “momentaneamente occupata”, un po’ perché i coreani (del Sud) accettano soltanto coreani (del Nord) ritenendo tutti gli altri (soprattutto asiatici) inferiori. Se infatti a Pyongyang l’ideologia ufficiale è lo Juché, un nazionalcomunismo dai forti accenti razzistici, la versione democratica del suprematismo coreano imperante al Sud è il danil minjok: una filosofia di “purezza razziale”, insegnata anche nelle scuole, che, sognando la riunificazione, guarda il resto del mondo dall’alto al basso, tanto che nel 2007 l’ONU ha intimato a Seul di non utilizzare più l’espressione. Risultato, dal 1994 la Corea del Sud – dice Human Rights Watch – ha accettato solo il 2,5% di tutte le richieste di asilo presentate (nordcoreani a parte) e oggi i richiedenti sono lo 0,02% dei cittadini sudcoreani a fronte di una presenza totale di stranieri del 4%.
Ma in realtà la quotidianità di Seul è quella di una città high-tech che a guardarne lo skyline dal fiume Han sembra una Manhattan grande quasi quattro volte Milano avvolta nell’indifferentismo 9 to 5. Il passato non c’è più, come ammonisce il bellissimo palazzo imperiale Gyeongbokgung della dinastia Joseon, in tesi del 1395, ma in realtà distrutto con il fuoco dai giapponesi una prima volta nel 1592, demolito ancora dai giapponesi nel 1915 e ricostruito dagli anni 1990. La religione non conta, nonostante la più grande congregazione protestante del mondo, la Yoido Full Gospel Church, sia nata e sia qui: metà dei sudcoreani non crede infatti in nulla (dell’altra metà, poco meno del 30% è cristiana, i protestanti sono quasi il doppio dei cattolici, circa il 23% è buddista e il resto sono minoranze islamiche o neoreligiose). E nel distretto di Myeongdong si acquista street food a ogni ora, succo di melograno o cozze di una trentina di centimetri, fra i grattacieli dove imperano le griffe italiane e la ricercatissima cosmesi femminile locale. All’imbrunire pare di essere nella Los Angeles di Blade Runner e a molti la cosa fa paura.
Non c’è infatti solo lo Yemen. Per chi scappa dal comunismo cinese, oggi in vena di una vera a propria seconda Rivoluzione Culturale, la Corea del Sud è la meta più semplice. Arrivano da turisti e poi chiedono asilo, ma essere rimandati indietro vuole dire “rieducazione”, carcere duro, tortura, persino morte. Qui a Seul ho parlato con diversi cinesi espatriati per motivi religiosi. Ho ascoltato i fedeli della Chiesa di Dio Onnipotente, il più grande nuovo movimento religioso cinese di origine cristiana la cui teologia è inaccettabile per ogni altra Chiesa cristiana ma i cui membri sanguinano di sangue uguale a quello di ogni altro cristiano. Pechino ha giurato di sterminarli. Hanno terrore dell’indifferenza industriale 4.0 che regna sorniona a Seul.
Marco Respinti