abc del comunismo, trad. it., Newton Compton, Roma 1975, pp. 208-210 e 226. Titolo redazionale.
Famiglia ed educazione, religione e Stato comunista
La società borghese considera il bambino come proprietà dei genitori. Quando i genitori dicono «mio figlio» o «mia figlia» essi non attribuiscono a questa parola solo un senso familiare, ma vogliono esprimere anche il loro diritto d’educare i figli a proprio piacimento. Dal punto di vista socialista, questo diritto è infondato. Nessun essere è di per sé indipendente. Egli appartiene alla società, al genere umano. Solo grazie all’esistenza della società ogni individuo può vivere e svilupparsi. Perciò il bambino non appartiene soltanto ai suoi genitori, ma anche alla società, grazie alla quale può vivere. Quest’ultima possiede un diritto primordiale e fondamentale sull’educazione dei bambini. Bisogna dunque biasimare duramente ed eliminare la pretesa dei genitori di servirsi dell’educazione familiare per trasmettere le proprie ristrette vedute ai loro figli. La società resta libera d’affidare l’educazione dei bambini ai genitori, ma quanto prima potrà intervenire essa stessa, tanto meno ci sarà bisogno di lasciare questo compito educativo ai genitori, dal momento che la capacità d’educare i figli è molto meno diffusa di quella necessaria per metterli al mondo. Su cento madri, una o due soltanto sono capaci d’essere delle buone educatrici. L’avvenire è dell’educazione sociale. Questo sistema educativo permetterà alla società comunista di formare nel modo migliore la generazione futura, con il minimo dispendio di tempo e d’energie.
L’educazione sociale non è necessaria solo dal punto di vista pedagogico. Essa offre anche vantaggi economici. Centinaia, migliaia, milioni di madri saranno così disponibili per la produzione e potranno sviluppare la loro cultura personale. Verranno pure dispensate dal degradante lavoro domestico e dall’infinita quantità di occupazioni che l’educazione familiare dei loro figli comporta.
Per queste ragioni il potere sovietico intende creare tutta una serie di istituti destinati al continuo miglioramento dell’educazione sociale, che, poco a poco, verrà impartita in comune. Tali sono i giardini d’infanzia, dove i genitori affidano i loro figli a specialisti dell’educazione prescolastica; i focolari (o asili infantili), specie di giardini d‘infanzia, ma concepiti per un soggiorno più lungo; le colonie, dove vivono e sono educati i bambini separati per molto tempo, o per sempre, dai loro genitori. A questi bisogna aggiungere i nidi d’infanzia, cioè gli istituti in cui vengono educati i bambini fino all’età di quattro anni, o nei quali sono custoditi mentre i loro genitori si trovano al lavoro.
Il Partito comunista deve, da una parte, giungere, attraverso i mezzi degli organi sovietici, a sviluppare ancora più rapidamente la creazione di istituti prescolastici e di migliorarne il funzionamento, dall’altra, vincere i pregiudizi piccolo-borghesi sui vantaggi e la necessità dell’educazione familiare, servendosi di una propaganda ancor più massiccia e degli esempi dei migliori istituti educativi del potere sovietico. Spesso la mediocre organizzazione dei nidi d’infanzia, dei focolari, dei giardini d’infanzia, ecc. non incoraggia i genitori ad affidare i loro figli a questi istituti.
Il Partito comunista, e soprattutto le sue sezioni femminili, debbono evitare che i genitori, rifiutandosi di affidare i propri figli agli istituti d’educazione sociale, rendano impossibile il miglioramento dell’educazione dei bambini. Essi debbono, invece, spingere i genitori a facilitarla, mettendo i loro figli in queste istituzioni, ed effettuando un attivo controllo attraverso i consigli dei genitori.
La separazione della scuola dalla Chiesa ha suscitato e suscita ancora proteste da parte degli operai e dei contadini più arretrati. Molti genitori continueranno ad insistere affinché «l’insegnamento della religione» venga ammesso nelle scuole come facoltativo, e impartito a chi lo voglia ricevere. Il Partito comunista combatte energicamente questi tentativi reazionari. Ammettere l’insegnamento della superstizione religiosa nelle scuole, vuol dire favorire ufficialmente la diffusione dei pregiudizi religiosi fra le masse. La Chiesa otterrebbe, così, un uditorio di bambini, riuniti a scuola proprio con un fine del tutto opposto a quello della scuola; ciò significherebbe lasciare a disposizione della Chiesa locali di proprietà statale, dove poter somministrare il veleno religioso alla gioventù, come prima che avvenisse la separazione della scuola dalla Chiesa.
Bisogna che il decreto che separa la scuola dalla Chiesa si mantenga in tutto il suo vigore, e lo Stato proletario non deve fare alcuna concessione allo spirito del Medioevo. Quanto è stato fatto in questo campo è ancora insufficiente; i genitori ignoranti, infatti, possono rovinare la mentalità dei loro figli con le favole religiose. I1 potere sovietico tollera la libertà di coscienza per gli adulti. Ma questa tolleranza si trasforma, nei genitori, in libertà d‘avvelenare i propri figli con lo stesso oppio con cui la Chiesa li ha un tempo avvelenati. I genitori impongono ai figli la propria stupidità ed ignoranza, insegnano loro ogni specie di sciocchezza e rendono, così, estremamente difficile il compito della scuola unica del lavoro.
Un dovere importante dello Stato proletario è quello di sottrarre i figli all’influenza retrograda dei genitori. Il solo mezzo radicale è l’educazione completa dei ragazzi da parte della società. Ma bisogna agire subito. Occorre arrivare rapidamente non solo a cacciare dalla scuola ogni propaganda religiosa, ma anche a fare in modo che la scuola stessa possa passare all’offensiva contro la divulgazione nella famiglia delle idee religiose, e possa rendere l’animo del ragazzo insensibile a tutte le favole religiose a cui molti adulti ancora credono, presentandole come fossero verità.
Nicholaj Bucharin
Evgenij Preobrazenskij