di Marco Invernizzi
In un mondo segnato dal trionfo del virtuale, l’incontro che si è svolto il 25 marzo a Palermo con circa un centinaio di amministratori siciliani ha rappresentato una eccezione, come del resto i tre Family Day del 2007, 2015 e 2016.
Non è stata la prima volta. Il Family Day-Comitato Difendiamo i nostri figli ne aveva organizzato uno simile a Milano, in novembre, per gli amministratori del Nord. Lo scopo era ed è quello di avvicinare i sindaci, gli assessori e i consiglieri comunali al tema della famiglia e della vita, al fine di fare rete, condividere le buone pratiche in tema di politiche familiari e trasmettere riconoscenza umana e politica a quegli amministratori che, sfidando il “politicamente corretto”, si sono impegnati o intendono impegnarsi in azioni amministrative volte a vario titolo a promuovere, difendere o tutelare la famiglia e la vita.
L’operazione non è impossibile, nonostante l’esiguità dei mezzi a disposizione. I quasi 8mila comuni italiani sono le istituzioni più a stretto contatto con la popolazione, a differenza delle istituzioni regionali e nazionali. Quando si dice che l’Italia è il Paese dei mille campanili si afferma una verità storica facilmente verificabile: accanto al campanile c’è sempre un municipio. E così la struttura ecclesiastica che rimanda al campanile è sempre affiancata da una civile, che fa capo al Comune e al suo sindaco, con relativa giunta comunale. E, grazie a Dio, il buon senso e il realismo cristiano sono ancora presenti in tanti amministratori locali: è possibile dunque immaginare che alcuni di questi amministratori siano pro-family, e quindi disponibili a organizzare eventi e a praticare politiche comunali a favore di vita e famiglia.
Quali potrebbero essere queste politiche? È difficile generalizzare e sarà molto importante parlare con questi amministratori, verificare personalmente come possano concretamente aiutare, sul proprio territorio, le famiglie. Ma già il fatto di essere intervenuti è un gesto importante che darà risultati quando e dove il Signore vorrà permettere che avvengano.
La famiglia non è un ente di ragione. Si realizza dove ci sono due persone di sesso diverso che vogliono costituire un nucleo aperto alla vita di fronte a tutta la società. Questa comunione si realizza quindi su un territorio, ha bisogno di una casa e del lavoro sufficiente per mantenere marito e moglie ed eventuali figli. Ecco perché il Comune non è estraneo a queste famiglie che stanno per nascere e può aiutarle a costituirsi e a crescere.
La battaglia è anzitutto culturale, nel senso che va anzitutto restituita alla famiglia quella nobiltà e quel riconoscimento pubblico che la cultura dominante le ha tolto da mezzo secolo, sulla scia del Sessantotto, favorendo l’individualismo e modelli di vita alternativi alla famiglia. Ma poi servono politiche che aiutino concretamente le famiglie da un punto di vista economico e per entrambe le cose un Comune può portare un contributo importante. Eventi come quello di Palermo sono la premessa necessaria affinché tutto questo possa accadere, prima che la deriva ideologica ostile alla famiglia e l’indifferenza generalizzata costringano a ricominciare tutto da capo.
Mercoledì, 27 marzo 2019