di Michele Brambilla
La figura di san Giovanni detto il Battista si staglia nettamente nel profilo della pagina di Vangelo della II domenica di Avvento (cfr. Mc 1,1-8) assieme a quella d’Isaia, il profeta per eccellenza dell’Incarnazione, che si legge peraltro come prima lettura (cfr. Is 40, 1-11).
Giovanni, che è l’anello di congiunzione tra Antico e Nuovo Testamento, invita, secondo Papa Francesco, a «[…] riconoscere i vuoti da colmare nella nostra vita, per spianare le asperità dell’orgoglio e fare spazio a Gesù che viene». Il Pontefice fa propria la metafora “geografica” d’Isaia. «Le valli da innalzare rappresentano tutti i vuoti del nostro comportamento davanti a Dio, tutti i nostri peccati di omissione». La vita moderna spinge l’uomo a concedere, per esempio, sempre meno spazio alla preghiera. L’Avvento «[…] è allora il momento favorevole per pregare con più intensità, per riservare alla vita spirituale il posto importante che le spetta».
Le asperità del nostro terreno interiore sono molto spesso causate da tre grandi mali, «[…] l’orgoglio, la superbia, la prepotenza. Dove c’è orgoglio, dove c’è prepotenza, dove c’è superbia non può entrare il Signore perché quel cuore è pieno di orgoglio, di prepotenza, di superbia. Per questo, dobbiamo abbassare questo orgoglio». Sembra di sentire riecheggiare le parole del pensatore controrivoluzionario cattolico brasiliano Plinio Correa de Oliveira (1908-1995) laddove avverte che «[…] due sono le passioni» che alimentano la Rivoluzione, «l’orgoglio e la sensualità» (Rivoluzione e Controrivoluzione, parte I, cap. VII, § E3). Passioni che si richiamano l’un l’altra e che tendono ad abbattere ogni barriera morale e spirituale all’assenso consapevole nei confronti del male.
In piazza San Pietro si fanno sentire i ragazzi delle parrocchie di Carugate (in provincia di Milano), Brembate e Almé (in provincia di Bergamo). È pensando anche a loro che Francesco indica la madre di tutte le soluzioni alle tendenze disordinate: «il Salvatore che aspettiamo è capace di trasformare la nostra vita con la sua grazia, con la forza dello Spirito Santo, con la forza dell’amore. Lo Spirito Santo, infatti, effonde nei nostri cuori l’amore di Dio, fonte inesauribile di purificazione, di vita nuova e di libertà». Questo è precisamente l’effetto del sacramento della Cresima, che quei giovani si apprestano a ricevere. Il Papa si ricollega poi a quanto sostenuto nell’Angelus dell’Immacolata Concezione: «la Vergine Maria ha vissuto in pienezza questa realtà, lasciandosi “battezzare” dallo Spirito Santo che l’ha inondata della sua potenza. Ella, che ha preparato la venuta del Cristo con la totalità della sua esistenza, ci aiuti a seguire il suo esempio».
L’Angelus del 10 dicembre non può del tutto esimersi dall’attualità, che incombe con le sue molteplici sollecitazioni. Di queste il Papa coglie l’imminente conferimento del «[…] Premio Nobel per la Pace alla campagna internazionale per abolire le armi nucleari. […] Dio ci dona la capacità di collaborare per costruire la nostra casa comune: abbiamo la libertà, l’intelligenza e la capacità di guidare la tecnologia, di limitare il nostro potere, al servizio della pace e del vero progresso (cfr Lett. enc. Laudato si’, 78, 112 e 202)». Con i medesimi auspici guarda anche al vertice Our Planet Summit del prossimo 12 dicembre, a due anni dalla firma degli accordi di Parigi sui cambiamenti climatici. «Auspico vivamente che questo Vertice […] favorisca una chiara presa di coscienza sulla necessità di adottare decisioni realmente efficaci per […] promuovere lo sviluppo umano integrale».