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«Fede e cultura. La nostra comune eredità culturale»

30 Settembre 1994 - Autore: Marco Respinti

Marco Respinti, Cristianità n. 232-233 (1994)

 

Un’iniziativa dell’IIC, lo statunitense International Institute far Culture, nella prospettiva della nuova evangelizzazione e per controbattere adeguatamente «falsi miti» e pregiudizi anticattolici assai diffusi.

 

In un seminario a Eichstatt, in Baviera

«Fede e cultura. La nostra comune eredità culturale»

 

Dal 19 giugno al 9 luglio 1994, nella cittadina bavarese di Eichstatt, in Germania, nei locali della Kolpinghaus – una casa religiosa che spesso ospita studenti – si è svolto il seminario estivo su Fede e Cultura, intitolato Our Common Cultural Heritage, «La nostra comune eredità culturale», organizzato dall’IIC, l’International Institute for Culture, in collaborazione con l’Univerisità Cattolica di Eichstatt, l’unico ateneo ufficialmente cattolico nell’area geografica di cultura e di lingua tedesche, benché istituzione ampiamente sostenuta dallo Stato tedesco.

L’IIC è diretto a Drexell Hill, presso Filadelfia, nello Stato nordamericano della Pennsylvania, dal professor John Haas, coadiuvato da Cecilia Kirk Nelson, secondogenita di Russell Kirk, una della voci più autorevoli della cultura conservatrice angloamericana, scomparso nell’aprile del 1994 (cfr. Cristianità anno XXII, n. 229, maggio 1994). Il professor John Haas – ex pastore episcopaliano, convertito al cattolicesimo, con tutta la famiglia, nel 1976 – è docente di teologia morale – la cattedra è intitolata al card. John Krol – al St. Charles Borromeo Seminary dell’arcidiocesi di Filadelfia.

Annunciato su diverse pubblicazioni statunitensi di «area conservatrice» e cattolica, il seminario – il sesto promosso dall’IIC in Europa – ha voluto mettere a tema la «rievangelizzazione della cultura» come momento forte e portante della nuova evangelizzazione, voluta e promossa da Papa Giovanni Paolo II: nella prospettiva di Gesù Cristo «Redentore della cultura» e dell’edificazione della «civiltà dell’amore», a cui continuamente richiama il Magistero pontificio, sono stati ricordati i cinque secoli della presenza cristiana nel Nuovo Mondo e ci si è dedicati allo studio della cultura cattolica che ha dato forma al Vecchio Mondo, cioè del passato comune, per il bene di un futuro altrettanto comune. Il tutto è stato realizzato in un corso, articolato in tre settimane, che si è emblematicamente svolto nella cittadina bavarese di Eichstatt, patria dei santi Wilibaldo e Walburga, uno dei centri propulsori dell’evangelizzazione delle genti germaniche a partire dal secolo VIII.

Di fronte alla persistenza e all’incremento – sia nella cultura di massa che in quella accademica – di «falsi miti» radicalmente anticattolici, il professor John Haas e l’IIC hanno inteso fornire «armi culturali» per il combattimento della «buona battaglia» a difesa della verità nei campi più diversi del sapere umano – dalla teologia alla filosofia, dalla storia alla scienza, dalla letteratura all’architettura –, rivolgendosi principalmente a studenti universitari e a operatori culturali, in prevalenza statunitensi: il seminario, infatti, si è svolto completamente in lingua inglese. 

Analoghe iniziative, peraltro, vengono organizzate parallelamente – sempre per iniziativa dell’IIC – in Messico, per fornire a sacerdoti e a seminaristi statunitensi la possibilità di apprendere lingua e cultura messicane, a queste unendo l’approfondimento della buona dottrina e della cultura cattoliche. Si tratta di una risposta concreta alla domanda – sempre più urgente nel mondo cattolico statunitense – di preparazione specifica in vista di un maggiore apostolato presso le comunità iberoamericane negli stessi Stati Uniti d’America – comunità sempre più numerose –, evitando l’inquinamento da parte della cosiddetta «teologia della liberazione» veicolata da ambienti cattolici iberoamericani.

Fra i numerosi relatori del seminario bavarese ricordo il filosofo e astrofisico padre Stanley L. Jaki O.S.B., Josef Pieper, professore emerito di antropologia filosofica nell’Università di Munster, in Germania, il professor Josef Seifert, rettore della IAP, l’Accademia Internazionale di Filosofia di Schaan, nel Principato del Liechtenstein, il professor Augustin Basave y Fernandez del Valle, docente presso la medesima istituzione del Liechtenstein, il professor Thomas Chaimowicz, dell’università di Salisburgo, in Austria, il professor John Baker, dell’università statale della Louisiana, a Baton Rouge, il professor Alberto Martinez Piedra, ex ambasciatore statunitense in Guatemala e attualmente docente di economia presso l’Università Cattolica d’America, a Washington, il principe professor Nicholas Lobkowicz, rettore dell’Università Cattolica di Eichstatt, il professor Michael D. Aeschliman, direttore dell’Erasmus Institute – un’istituzione scolastica americana con sede a Losanna, in Svizzera, che entrerà in funzione con l’anno scolastico 1994- 1995 – e il dottor Carl Schmitt, discepolo e studioso di Christopher Dawson.

Padre Stanley L. Jaki O.S.B. ha trattato del rapporto fra scienza e fede cristiana; il professor Josef Pieper ha relazionato su speranza e storia; il professor Josef Seifert ha analizzato i vertici filosofici raggiunti dalla speculazione classica greca; il professor Augustin Basave y Fernandez del Valle ha affrontato le questioni relative all’evangelizzazione del Messico e al «falso mito» della Leyenda Negra anticattolica; il professor Thomas Chaimowicz – che ha tenuto a qualificarsi come di religione ebraica – ha svolto due relazioni, una sul pensiero di Edmund Burke, ricordando fra l’altro l’amico Russell Kirk, l’altra sulle caratteristiche della monarchia asburgica; il professor John Baker ha illustrato la fondazione degli Stati Uniti d’America, svolgendo considerazioni secondo la prospettiva cattolica; il professor Alberto Martinez Piedra ha trattato di marxismo, gramscismo e dottrina sociale cattolica; il principe professor Nicholas Lobkowicz ha percorso la tradizione degli studi tomistici; il professor Michael D. Aeschliman ha trattato delle opere letterarie di Gilbert Keith Chesterton e di Fedor Dostoevskij; infine, il dottor Carl Schmitt ha analizzato gli studi dello storico inglese Christopher Dawson, inquadrandoli nella prospettiva culturale dell’apostolato della nuova evangelizzazione. 

Alle lezioni sono state affiancate alcune «relazioni informali», presentate da partecipanti al seminario – anch’essi saggisti e docenti universitari –, nonché conversazioni con i relatori e dibattiti riassuntivi.

Talvolta diversi per orientamento e per stile – pur mantenendo una fondamentale unione d’intenti –, i vari interventi sono stati sapientemente presentati, collegati e diretti – secondo le finalità proprie del seminario – dal professor John Haas, che più volte ha fornito veri e propri corollari indispensabili alle lezioni, spesso introducendo ulteriori elementi di riflessione, di giudizio e di chiarimento: un’opera fondamentale, posta la natura del seminario, e assai proficua per il successo dell’operazione culturale. 

Oltre la semplice – anche se basilare – dimensione intellettuale, il seminario ha inteso pure offrire un’esempio concreto di vita cristiana. Scandito da orari precisi e ordinati, funzionali al programma assai serrato, il seminario ha dato ampio spazio alla preghiera personale e a quella comunitaria, alla recita del rosario, al pellegrinaggio – di uno è stata meta la cappella mariana sul vicino Frauenberg – e alla Messa quotidiana, celebrata spesso a suffragio di amici e di relatori scomparsi, legati alle manifestazioni culturali dell’IIC – come nel caso di Russell Kirk – o facendo memoria di santi particolarmente significativi per l’apostolato cattolico contemporaneo, come il beato José Maria Escrivá de Balaguer. 

Secondo l’intenzione degli organizzatori il seminario ha fatto idealmente riferimento al volume di Josef Pieper, Leisure. The Basis of Culture, edizione americana di due opere originariamente pubblicate in lingua tedesca, con un’introduzione di Thomas Stearns Eliot (Pantheon Books, New York 1952; si tratta di «Otium» e culto, trad. it., Morcelliana, Brescia 1956, e di Che cosa significa filosofare?, trad. it., Pàtron, Bologna 1971), dove il termine inglese leisure rende quello latino di otium inteso come liberazione dalla «schiavitù delle preoccupazioni disordinate» che distraggono – secondo una felice espressione di san Bernardo di Chiaravalle –, così da favorire la contemplazione della verità, la crescita spirituale e, possibilmente, la santificazione personale. 

In questo clima spirituale e culturale – ameno, ma non rilassato; intenso, ma non agitato; erudito, ma anche conviviale –, hanno partecipato al seminario persone provenienti dagli Stati Uniti d’America, dal Perù, dal Messico, dalla Germania, dalla Lituania, dalla Repubblica Ceca e dall’Italia, alcune delle quali appartenenti a realtà organizzate del mondo cattolico come Comunione e Liberazione, Opus Dei, Alleanza Cattolica e Sodalicium Christianae Vitae, un movimento peruviano in espansione nel mondo iberoamericano. 

Secondo le finalità ricordate, sono state effettuate anche escursioni a Monaco di Baviera e in altri luoghi, durante le quali è stato possibile vedere realizzate alcune tesi enunciate in sede di conferenza, in tema d’architettura sacra e profana e a riguardo della diversa attenzione che, attraverso espressioni artistiche, la cultura cattolica e quella protestante hanno rivolto al mistero dell’Incarnazione. Una di queste escursioni ha avuto come meta la città di Praga, capitale della Repubblica Ceca; nell’occasione gli organizzatori e i partecipanti al seminario sono stati ricevuti dal vescovo ausiliare S. E. mons. Frantisek Lobkowicz, premostratense, che ha esposto agli ospiti la situazione della Chiesa ceca durante e dopo il regime socialcomunista.

Marco Respinti

 

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