Nella liturgia e nell’iconografia della Natività c’è qualcosa che si sottrae all’ordinaria scansione cronologica e rimanda direttamente dal Natale alla Pasqua eterna.
di Stefano Chiappalone
In termini cinematografici l’ottava di Natale, così come quella di Pasqua, costituisce un “fermo-immagine”: per otto giorni la liturgia continua a celebrare «il giorno santissimo nel quale Maria, vergine illibata, diede al mondo il Salvatore» (Canone romano, Communicantes proprio) restando fissa sul “fotogramma” liturgico della Natività. Un tempo molto più numerose – poi ridotte a Pasqua, Natale e Pentecoste, infine cancellando quest’ultima – le ottave prolungano la solennità celebrata e ci offrono un saggio della visione che ne avremo nell’eternità: se «davanti al Signore un giorno è come mille anni e mille anni come un giorno solo» (2Pt 3,8), il «giorno solo» del 25 dicembre potrà pur prolungarsi fino al 1° gennaio. Sottratto all’ordinario scorrere dei giorni l’istante fatidico (della Nascita o della Risurrezione) trascende il fluire spazio-temporale di questo mondo; dall’altro lato dell’eterna “barricata”, dove vengono meno il potere e i limiti imposti dal tempo e dallo spazio, l’istante non è che il frammento di un infinito Mistero di cui saziarsi infinitamente.
Un altro fermo-immagine si trova poi nei fotogrammi artistici della Natività e in particolare in un dettaglio ricorrente in molte opere: il Signore nasce sulle vestigia del mondo antico, che siano rovine di colonne, frammenti di capitelli, resti di architravi (elementi che caratterizzano, per esempio, numerosi presepi napoletani). Anche questo è un dettaglio che trascende la mera scansione cronologica, tanto più che il contesto storico della nascita di Cristo era l’impero di Augusto, non certo il crollo del mondo antico avvenuto quattro secoli dopo. Più che rovine, sono vestigia o fondamenta, che immortalano il momento in cui si compie il passaggio dal tempo dell’attesa – vissuta inconsapevolmente anche dal mondo pagano – alla pienezza dei tempi.
Troviamo il simbolismo delle “rovine” o delle “vestigia” nell’Adorazione dei Magi di Sandro Botticelli, dove la povera stalla è incastonata tra gli imponenti resti di un tempio classico. E vi troviamo un riferimento pasquale nel pavone appollaiato sulla destra (presente anche nel Tondo Cook del Beato Angelico e di Filippo Lippi), simbolo di immortalità poiché la sua carne non imputridisce, come scrive Isidoro di Siviglia nelle Etimologie (XII, VII).
E ritorniamo ancora all’ottava che, proprio in quanto tale, anche se natalizia, ha una dimensione intrinsecamente pasquale nel richiamo all’ottavo giorno: la Pasqua eterna, l’eterna domenica che si prolunga oltre la settimana terrena. La Nascita di Cristo ha diviso la storia nel tempo prima/dopo Cristo; e al contempo proietta la storia nell’eterno compimento del giorno (festivo) che non muore.
Sabato, 28 dicembre 2024