Albrecht Dürer in una sua celebre opera offre un trattato “pittorico” sulla concezione tradizionale del potere monarchico
di Michele Brambilla
Nel 1506 il celebre pittore tedesco Albrecht Dürer (1471-1528), residente all’epoca presso il Fondaco dei Tedeschi a Venezia, si vide commissionare un quadro a tema mariano dal banchiere Jakob Fugger (1459-1525), non esattamente un personaggio qualsiasi. Fugger, infatti, era ormai considerato l’intermediario indispensabile, dal punto di vista finanziario e diplomatico, tra Papato e Impero, tanto che sarà proprio lui ad aggiudicarsi, pochi anni dopo, l’appalto della vendita delle indulgenze per la Fabbrica di San Pietro nell’intera area tedesca.
La Festa del Rosario fu quindi progettata per rendere omaggio contemporaneamente alla Madonna e ai potenti mecenati del pittore. All’interno vi troviamo una ricca teologia sia della regalità universale di Dio, sia dei suoi “luogotenenti” sulla terra.
Al centro, infatti, vediamo il trono su cui siede la Madonna col Bambino. Maria è rivestita di un bellissimo abito blu e riparata sotto un baldacchino verde speranza, sul quale spiccano due angeli che sorreggono una magnifica corona. Si noti che la foggia della corona è la medesima della grande corona del Sacro Romano Impero, tradizionalmente attribuita allo stesso Carlo Magno (742-814). Porla sul capo della Vergine significa sottolineare che ogni potestà regale risiede originariamente nei Cieli e da essi discende. Maria e Gesù sono infatti impegnati a incoronare a loro volta sia l’Imperatore che il Papa: la Regina il primo e il Signore il secondo. Questa distinzione è a sua volta simbolica: Maria incorona l’Imperatore per indicare che la potestà temporale, sulla terra, ha anche un ruolo “materno” (protezione e fecondità) nei confronti dei sudditi; Gesù si rivolge, naturalmente, al Successore di Pietro, e qui l’atto rimanda chiaramente al Sacramento dell’Ordine. Il Papa ritratto sarebbe Sisto IV (1471-1484), Pontefice eminentemente mariano, ma anche un Della Rovere, come il regnante Giulio II (1503-1513). Nel 1506 l’imperatore era Massimiliano I (1459-1519), a cui viene fatto impersonare Federico III (1415-1493), regnante ai tempi di Sisto IV.
Tra le persone sullo sfondo si riconoscono lo stesso Dürer in alto a destra, con un abito rigato e un cartiglio che porta la firma del pittore, e a sinistra san Domenico di Guzman (1170-1221) con un lungo giglio. San Domenico incorona un vescovo ammantato di rosso: ritrarrebbe il patriarca di Venezia Antonio Surian (1451-1508), e infatti regge la croce patriarcale. Il patriarca veneto ha da secoli il privilegio di indossare la cappa magna rossa, bordata di ermellino, anche prima della nomina a cardinale. Accanto a lui si scorgerebbe l’allora cappellano del Fondaco dei Tedeschi, tra i committenti di Dürer.
L’ambientazione boschiva sembra fare il verso, in maniera sottilmente polemica, allo sfondo della Primavera di Sandro Botticelli (1445-1510). Là si celebrava in un certo senso lo spirito neopagano del Rinascimento delle accademie neoplatoniche fiorentine, qui la Madre del vero Dio, da cui discende ogni legittimità sulla terra. In Botticelli a volare sopra i presenti era Cupido, in Dürer sono tutti angeli tradizionali. Ma nel 1506 neanche Botticelli, “redento” da fra Girolamo Savonarola (1452-1498), era più quello della Primavera.
Sabato, 19 ottobre 2024