Di Giulia de Florio da Il Foglio del 11/03/2023
Il 4 marzo alcuni canali Telegram russi e il difensore dei diritti umani Pavel ČČCikov, riportavano una notizia piuttosto singolare: secondo il canale Telegram “VČk-Ogpu” il 3 marzo era stato aperto un caso dal Dipartimento investigativo del Comitato Investigativo del distretto Tverskoj di Mosca “contro dipendenti non identificati” dell’associazione internazionale Memorial. Secondo l’inchiesta – si leggeva – “i dipendenti dell’associazione hanno agito per negare pubblicamente i fatti stabiliti dal verdetto del Tribunale militare internazionale… nonché per diffondere, mediante l’uso dei mass media, informazioni deliberatamente false sulle attività dell’Unione sovietica durante la Seconda guerra mondiale”. L’affermazione merita un paio di commenti. In primo luogo incuriosisce il nome del canale Telegram che l’ha diffusa, VČk-Ogpu: si tratta della prima e terza denominazione, in ordine cronologico, della polizia segreta in epoca sovietica, rispettivamente la Commissione straordinaria di tutte le Russie per combattere la controrivoluzione e il sabotaggio (nota comunemente come ČCeka), attiva dal 1917 al 1922, e il Direttorato politico unificato dello stato, in funzione dal 1923 al 1934. Ancora più interessante è la definizione di “dipendenti non identificati” che, paradossalmente, nasconde un fondo di verità. Il 28 febbraio 2022, infatti, per ordine della Corte suprema, l’associazione Memorial è stata chiusa e il 5 aprile è stata tolta dal registro unico delle personalità giuridiche della Federazione russa. Risulta effettivamente difficile aprire un caso contro i collaboratori di un’associazione che, giuridicamente, non esiste più.L’accusa sembra rinviare a quanto accaduto all’inizio del febbraio 2022, poco prima dell’inizio dell’invasione russa in Ucraina, quando il Comitato Investigativo pareva aver avviato un’indagine contro Memorial Internazionale in base a un articolo di legge sulla “riabilitazione del nazismo”. L’indagine si basava su una denuncia del movimento dei veterani russi, che accusava l’organizzazione di “falsificare i fatti dei crimini nazisti”. Secondo i veterani, le persone elencate dall’organizzazione per i diritti umani Memorial come vittime della repressione politica in Urss, avevano in realtà collaborato con i nazisti. In un’intervista rilasciata nello stesso mese, Jan Racinskij, all’epoca presidente del direttivo di Memorial Internazionale, aveva definito assurde le accuse mosse contro l’organizzazione. E’ invece recente l’informazione comunicata dal canale Telegram Baza secondo cui le forze dell’ordine starebbero controllando i post scritti da Racčinskij sui social media nel 2021, un fatto smentito dallo stesso presidente: “Continuo a non sapere niente di queste verifiche, né tantomeno di una possibile indagine penale. I colleghi mi hanno riferito qualche settimana fa che il Comitato investigativo sta controllando un post che ho scritto nel 2021. La ‘falsificazione dei fatti’ ovviamente non ha niente a che vedere con la realtà […] Peraltro quello che ho detto o scritto è facilmente verificabile e non presta il fianco a simili accuse”.Altrettanto secco è stato il commento di Nikita Petrov, storico di Memorial e specialista della storia degli organi della polizia segreta sovietica: “Memorial Internazionale è stata chiusa dalla Corte suprema russa più di un anno fa. Gli attuali tentativi di avviare un procedimento penale in extremis appaiono ridicoli – una sorta di autogiustificazione da parte delle autorità investigative e la dimostrazione del loro zelo. Tanto più che questi tentativi sono completamente illegali” e guarda caso – aggiunge Petrov – “non si parla di alcun esempio concreto di una fantomatica riabilitazione del nazismo, di cui l’associazione Memorial non si è mai fatta portavoce”.Sullo sfondo di queste nebulose informazioni, impossibili al momento da verificare, restano alcune certezze: il 3 marzo la pietra posata in vicolo Malyj Karetnyj a Mosca, monumento “alla memoria dei moscoviti uccisi nel Gulag”, era coperta di neve e al centro campeggiava, tracciata a mano, una “Z”, il simbolo dell’aggressione russa in Ucraina. Lo stesso simbolo era stato scritto ovunque il 4 marzo 2022, giorno della perquisizione, durata oltre 8 ore, negli uffici di Memorial a Mosca, alla fine della quale erano stati portati via documenti, computer e dischi rigidi. Era il penultimo atto della persecuzione del governo russo nei confronti di Memorial, conclusasi il 7 ottobre 2022 con la decisione del tribunale di espropriare la sede dell’associazione, nello stesso momento in cui, a Oslo, Memorial veniva insignita del premio Nobel per la Pace, insieme all’attivista bielorusso Ales’ Bjaljacki – condannato il 3 marzo a 10 anni di colonia penale – e al Centro per le libertà civili che continua a operare in Ucraina, da oltre 365 giorni costretta a resistere all’invasione da parte delle truppe dalla Federazione russa. Ecco, al momento, gli unici fatti su cui riflettere.