di Marco Invernizzi
Il Foglio è uno strano quotidiano, con una linea politica quasi sempre discutibile, ma con articoli intelligenti, in particolare su certi temi, come per esempio il suicidio demografico in corso dell’Europa.
Mercoledì 15 gennaio, il giornalista forse più attento a questo tema così sottovalutato, Giulio Meotti, propone l’analisi di un report, fatto da un think tank tedesco (Bertelsmann Stiftung) che analizza il costo economico e sociale del declino demografico in corso, in Italia e in Europa. Per quanto riguarda il nostro Paese, i dati di partenza sono quelli forniti dall’Istat con un calo continuo dei nuovi nati (458.151 nel 2017 e 439.747 nel 2018), ma quello che colpisce è il costo economico di questo declino: “Il cambiamento demografico sta portando a enormi perdite di reddito nei paesi sviluppati” sostiene la ricerca, e “la crescita del pil sarà significativamente attenuata dall’invecchiamento demografico: meno 6 per cento nel 2030, il 15 per cento nel 2040 e quasi il 25 per cento nel 2050”. Numeri significativi: “l’invecchiamento demografico attenuerà il pil italiano di 286 miliardi nel 2040 e di 493 miliardi di euro nel 2050”. E così sarà anche per il pil pro capite, cioè ogni italiano guadagnerà circa mille euro di meno nel 2030, 3.400 nel 2040, 6.000 euro nel 2050.
Questi numeri sembrano iniziare a fare riflettere anche ambienti poco sensibili ai richiami valoriali, ma molto attenti al denaro: il Financial Times del 14 gennaio, riporta Meotti, titolava cosi: “La bomba demografica a orologeria dell’Europa”, mentre la nuova vicepresidente dell’Unione europea per la Democrazia e la Demografia, la croata Dubravka Suica, ha presentato il suo compito come quello di “garantire che l’Europa capisca e risponda a una delle sue sfide più profonde, il cambiamento demografico”.
Parole soltanto parole? Probabilmente sì anche se fino a qualche anno fa non si ascoltavano neppure quelle. I numeri comunque rimangono e sono impietosi.
Dispiace invece vedere l’assenza del tema nel dibattito pubblico italiano. La campagna elettorale per la regione che l’allora arcivescovo di Bologna, il card. Giacomo Biffi, chiamò “sazia e disperata” non sembra interessarsene. Il Pd si ritira in “conclave” (sic) per lanciare il nuovo partito aperto a tutti, dalle sardine ai Verdi ambientalisti, ma il tema di un’Italia che muore perché non fa figli interessa poco o niente al nuovo partito radicale di massa in costante tentativo di trasformarsi per non morire.
E poi la Chiesa. E qui il dispiacere spacca veramente il cuore. Ci sarebbe tanto piaciuto leggere nelle prime pagine dei quotidiani di una Chiesa impegnata a lanciare l’allarme demografico (non che non lo faccia ma non appare e questo è un altro problema) e invece ci tocca leggere di scontri fra tifoserie, non solo secondo lo schema un po’ peraltro logoro conservatori-progressisti, ma addirittura fra tifosi della stessa squadra. Che tristezza e che suicidio. Quando sarà possibile trattare un tema così importante come il grande dono del celibato sacerdotale senza dividersi come si fosse allo stadio o peggio in un pre-congresso di partito? Desidereremmo, in altri termini, che si discutesse delle motivazioni, serie e profonde, che il card. Sarah e il Pontefice emerito adducono a sostegno del mantenimento del celibato sacerdotale, senza eccezioni che vanifichino la regola. Per amore della Chiesa e della Verità.
È come se il relativismo fosse esploso dentro l’unica realtà, “la cattolica”, che lo rifiuta e lo combatte o almeno così dovrebbe.
Pazienza. Non perdiamo la speranza e non lasciamoci rattristare. Pensiamo invece al grande mandato missionario che il Magistero dei Papi ci ha affidato, la nuova evangelizzazione dell’Europa senza figli che muore, come bene ha detto il cardinale Fernando Filoni nel lasciare il ruolo di prefetto di Propaganda Fide: “oggi non si può più pensare all’opera missionaria, come nei secoli passati, solo in termini territoriali. Anche nei continenti di antica tradizione cristiana c’è bisogno di un rinnovato annuncio del Vangelo. Dalla missione ad gentes, oggi è il tempo della missione inter gentes: è la grande sfida per il futuro. Ogni battezzato è un missionario” (L’Osservatore Romano, 15 gennaio 2020).
Mercoledì, 15 gennaio 2020