di Michele Brambilla
«Nelle scorse domeniche la liturgia ha sottolineato che cosa significhi porsi in atteggiamento di vigilanza e che cosa comporti concretamente preparare la strada del Signore. In questa terza domenica di Avvento, detta “domenica della gioia”, la liturgia ci invita a cogliere lo spirito con cui avviene tutto questo, cioè, appunto, la gioia». Così ha detto il Papa all’Angelus di domenica 17 dicembre. Per la liturgia romana è infatti la domenica Gaudete, quella che prende spunto dalla prima parola dell’introito per invitare il popolo cristiano a rivestirsi della letizia straripante dell’imminente Natale.
I cattolici italiani hanno in questi giorni ben pochi motivi per cui gioire: con l’approvazione della legge sulle disposizioni anticipate di trattamento prosegue il cammino d’imposizione del totalitarismo etico laicista, per di più calpestando dichiaratamente la coscienza dei dissenzienti. Eppure nelle chiese si rinnova il canto dell’antifona «Rallegratevi sempre nel Signore: ve lo ripeto, rallegratevi, il Signore è vicino», sulla scorta di Filippesi 4, 4-5. «San Paolo ci invita a preparare la venuta del Signore assumendo tre atteggiamenti. […] Primo, la gioia costante. […] Vale a dire rimanere sempre nella gioia, anche quando le cose non vanno secondo i nostri desideri», anche come comunità cristiana, poiché il Signore che viene nel Natale è l’Emmanuele e non ci fa mai mancare i suoi aiuti.
Del resto, «[…] tante volte la realtà che ci circonda sembra essere inospitale e arida, simile al deserto nel quale risuonava la voce di Giovanni Battista, come ricorda il Vangelo di oggi (cfr Gv 1,6-28). Ma proprio le parole del Battista rivelano che la nostra gioia poggia su una certezza, che questo deserto è abitato: “In mezzo a voi – dice – sta uno che voi non conoscete” (v. 26). Si tratta di Gesù, l’inviato del Padre che viene, come sottolinea Isaia, “a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore” (61,1-2)». Non a caso in questa domenica i ragazzi degli oratori romani portano in piazza S. Pietro i Bambinelli dei propri presepi domestici, affinché siano benedetti dal Pontefice e diventino, nelle loro case, un segno ancora più significativo della presenza di Gesù nella nostra vita.
La letizia cristiana si alimenta con la preghiera costante, che è il secondo atteggiamento che il Papa richiama. «San Paolo dice: «Pregate ininterrottamente» (1 Ts 5,17). Per mezzo della preghiera possiamo entrare in una relazione stabile con Dio. […] E quanto più siamo radicati in Cristo, quanto più siamo vicini a Gesù, tanto più ritroviamo la serenità interiore, pur in mezzo alle contraddizioni quotidiane».
Il terzo atteggiamento, sempre di origine paolina, è vivere in «continuo rendimento di grazie». In greco si dice con una sola parola, notissima: “eucaristia”. La Santa Messa è l’azione di ringraziamento per eccellenza, poiché offre al Padre l’unico e perfetto sacrificio, quello con il quale il Figlio ha ricapitolato tutte le cose, sia celesti che terrestri (cfr. Ef 1,3-10), e la Chiesa si unisce alla corte celeste a esaltare «i prodigi che l’hanno chiamata a libertà» (Messale Ambrosiano, preghiera eucaristica V). La Redenzione è fonte di gioia perenne, che nessun peccato personale o sociale, nessuna asperità della storia e nessun governante succube della “cultura di morte” potranno mai ottenebrare.