Il Papa si scaglia contro coloro che sperano di lucrare sulla pandemia: «l’amore vero, che ci rende fecondi e liberi, è sempre espansivo e inclusivo».
di Michele Brambilla
La mattina del 9 settembre Papa Francesco accoglie i pellegrini che prendono posto nel Cortile di S. Damaso per l’udienza generale ripetendo, ancora una volta, che «la crisi che stiamo vivendo a causa della pandemia colpisce tutti; possiamo uscirne migliori se cerchiamo tutti insieme il bene comune; al contrario, usciremo peggiori». Vuole intervenire anche sui tentativi di trovare un vaccino al Covid-19: «purtroppo, assistiamo all’emergere di interessi di parte. Per esempio, c’è chi vorrebbe appropriarsi di possibili soluzioni, come nel caso dei vaccini e poi venderli agli altri. Alcuni approfittano della situazione per fomentare divisioni: per cercare vantaggi economici o politici, generando o aumentando conflitti. Altri semplicemente non si interessano della sofferenza altrui, passano oltre e vanno per la loro strada (cfr Lc 10,30-32)». C’è anche un altro riferimento biblico, che desta molto scalpore: «sono i devoti di Ponzio Pilato, se ne lavano le mani».
A questi esempi negativi il Papa contrappone «la risposta cristiana alla pandemia e alle conseguenti crisi socio-economiche», che «si basa sull’amore, anzitutto l’amore di Dio che sempre ci precede (cfr 1 Gv 4,19)». Il Creatore ama le sue creature senza fare distinzioni: «questa è la saggezza cristiana, questo è l’atteggiamento di Gesù. E il punto più alto della santità, diciamo così, è amare i nemici». Anche i cattolici, infatti, rischiano di amare solo i propri simili, invece il credente deve arrivare a dire: «amo non solo chi mi ama […], ma anche quelli che non mi amano, amo anche quelli che non mi conoscono, amo anche quelli che sono stranieri, e anche quelli che mi fanno soffrire o che considero nemici (cfr Mt 5,44)», perché, ammonisce il Pontefice, «l’amore vero, che ci rende fecondi e liberi, è sempre espansivo e inclusivo. Questo amore cura, guarisce e fa bene. Tante volte fa più bene una carezza che tanti argomenti, una carezza di perdono e non tanti argomenti per difendersi».
L’amore cristiano «comprende i rapporti civici e politici (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica [CCC], 1907-1912), incluso il rapporto con la natura (Enc. Laudato si’ [LS], 231). Poiché siamo esseri sociali e politici, una delle più alte espressioni di amore è proprio quella sociale e politica, decisiva per lo sviluppo umano e per affrontare ogni tipo di crisi (ibid., 231)». L’obbiettivo è costruire la «civiltà dell’amore» tratteggiata da san Paolo VI e san Giovanni Paolo II. Francesco cita anche il fondatore dell’ordine religioso a cui appartiene: «come insegna sant’Ignazio di Loyola, orientare i nostri sforzi quotidiani verso il bene comune è un modo di ricevere e diffondere la gloria di Dio».
Oggigiorno i politici, ammette il Santo Padre, non godono di buona fama, ma «se voi leggete la storia dell’umanità troverete tanti politici santi che sono andati per questa strada. È possibile nella misura in cui ogni cittadino e, in modo particolare, chi assume impegni e incarichi sociali e politici, radica il proprio agire nei principi etici e lo anima con l’amore sociale e politico. I cristiani, in modo particolare i fedeli laici, sono chiamati a dare buona testimonianza di questo e possono farlo grazie alla virtù della carità, coltivandone l’intrinseca dimensione sociale». «Così», aggiunge, «nei nostri gesti, anche quelli più umili, si renderà visibile qualcosa dell’immagine di Dio che portiamo in noi».
Giovedì, 10 settembre 2020