Ricostruire, in una “società gassosa”, quei legami che sorreggono la vita dei singoli e della comunità
di Michele Brambilla
Papa Francesco dedica a san Giuseppe, lo sposo di Maria, un nuovo ciclo, che si colloca nel momento culminante dell’Anno a lui dedicato. Iniziando l’udienza del 24 novembre, il Papa si sofferma sul fatto che «Gesù nei Vangeli è indicato come “figlio di Giuseppe” (Lc 3,23; 4,22; Gv 1,45; 6,42) e “figlio del carpentiere” (Mt 13,55; Mc 6,3). Gli Evangelisti Matteo e Luca, narrando l’infanzia di Gesù, danno spazio al ruolo di Giuseppe. Entrambi compongono una “genealogia”, per evidenziare la storicità di Gesù. Matteo, rivolgendosi soprattutto ai giudeo-cristiani, parte da Abramo per arrivare a Giuseppe, definito “lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù detto il Cristo” (1,16). Luca, invece, risale fino ad Adamo, iniziando direttamente da Gesù, che “era figlio di Giuseppe”, ma precisa: “come si riteneva” tale (3,23)», indicando così la figliolanza divina. «Dunque, ambedue gli Evangelisti presentano Giuseppe non come padre biologico, ma comunque come padre di Gesù a pieno titolo. Tramite lui, Gesù realizza», infatti, il compiersi delle profezie sulla discendenza di Davide, ovvero il compimento della stessa Alleanza con Abramo.
Ad ogni modo, «l’evangelista Matteo ci aiuta a comprendere che la figura di Giuseppe, seppur apparentemente marginale, discreta, in seconda linea, rappresenta invece un tassello centrale nella storia della salvezza. Giuseppe vive il suo protagonismo senza mai volersi impadronire della scena». Il Pontefice osserva: «se ci pensiamo, “le nostre vite sono tessute e sostenute da persone comuni – solitamente dimenticate – che non compaiono nei titoli dei giornali e delle riviste […]. Quanti padri, madri, nonni e nonne, insegnanti mostrano ai nostri bambini, con gesti piccoli, con gesti quotidiani, come affrontare e attraversare una crisi riadattando abitudini, alzando gli sguardi e stimolando la preghiera. Quante persone pregano, offrono e intercedono per il bene di tutti” (Lett. ap. Patris corde, 1)». Si possono definire “angeli del quotidiano”, non meno importanti degli esseri invisibili che chiamiamo “angeli custodi”: in un certo senso, lavorano in sinergia, creando una rete attorno alle persone.
«Nel Vangelo di Luca, Giuseppe appare come il custode di Gesù e di Maria. E per questo egli è anche ““il Custode della Chiesa”: ma, se è stato il custode di Gesù e di Maria, lavora, adesso che sei nei cieli, e continua a fare il custode, in questo caso della Chiesa; perché la Chiesa è il prolungamento del Corpo di Cristo nella storia, e nello stesso tempo nella maternità della Chiesa è adombrata la maternità di Maria. Giuseppe, continuando a proteggere la Chiesa – per favore, non dimenticatevi di questo: oggi, Giuseppe protegge la Chiesa – continua a proteggere il Bambino e sua madre” (ibid., 5)» anche in questo mondo. Cita una celebre sentenza del sociologo Zygmunt Bauman: «una società come la nostra, che è stata definita “liquida”, perché sembra non avere consistenza. Io correggerò quel filosofo che ha coniato questa definizione e dirò: più che liquida, gassosa, una società propriamente gassosa», dai legami ancora più disarticolati.
«Cari fratelli e sorelle, penso a tante persone che fanno fatica a ritrovare dei legami significativi nella loro vita, e proprio per questo arrancano, si sentono soli, non hanno la forza e il coraggio per andare avanti» in questa società gassosa, allora detta un’altra preghiera a san Giuseppe:
«San Giuseppe,
tu che hai custodito il legame con Maria e con Gesù,
aiutaci ad avere cura delle relazioni nella nostra vita.
Nessuno sperimenti quel senso di abbandono
che viene dalla solitudine.
Ognuno si riconcili con la propria storia,
con chi lo ha preceduto,
e riconosca anche negli errori commessi
un modo attraverso cui la Provvidenza si è fatta strada,
e il male non ha avuto l’ultima parola.
Mostrati amico per chi fa più fatica,
e come hai sorretto Maria e Gesù nei momenti difficili,
così sostieni anche noi nel nostro cammino. Amen».
Giovedì, 25 novembre 2021