Da “La bianca torre di Ecthelion” del 5/09/2017. Foto da articolo
Si chiamano “Antifa” (antifascisti) e dall’aprile 2016 il Dipartimento della Sicurezza Interna degli Stati Uniti e l’FBI li hanno inseriti fra le sigle del terrorismo domestico. Ne informarono subito le autorità politiche sul territorio, ma all’Amministrazione Obama interessava poco. È quanto emerge da documenti confidenziali stilati congiuntamente dai due organismi federali, documenti che rivelano come i principali istigatori della violenza a raduni e comizi siano stati gli “estremisti anarchici”. Lo scrive il sempre bene informato Politico, ripreso su tutta la stampa statunitense.
Gli “Antifa” sono un collettivo di circa 200 gruppi autonomi della Sinistra antagonista. Con nomi pittoreschi (“Redneck Revolt”) e inequivocabili (“Guardie rosse”), cercano lo scontro aperto con i suprematisti bianchi di Ku Klux Klan e dintorni. Imperversano da mesi. Si presentano con armi e scudi, hanno il volto coperto sotto caschi da motociclista, brindano di preferenza con bottiglie Molotov, appiccano incendi per le strade, lanciano ordigni esplosivi e sfasciano tutto quel che trovano. Sono troppo persino per una certa Sinistra. Il sindaco di Berkeley, Jesse Arreguin, un Democratico, li ha visti all’opera e, disgustato, al Los Angeles Times li ha definiti una gang di strada che la polizia dovrebbe cominciare a trattare di conseguenza.
Secondo The Economist, s’ispirano all’“Antifaschistische Aktion”, l’organizzazione di opposizione al Terzo Reich hitleriano creata nel 1932 dal Partito comunista tedesco e “rinata” negli anni Novanta. La loro prima incarnazione statunitense è stata l’“Anti-Racist Action” (ARA), un network di gruppi punk e skinhead di sinistra (ce ne sono stati infatti anche di destra) sorta nel 1987 e sopravvissuta fra un tribunale e l’altro sino al 2013; già che c’erano, questi “anti-razzisti” seriali se la prendevano violentemente anche con chi si oppone ai “matrimoni” omosessuali e all’aborto. Evolutisi dall’ARA, gli “Antifa” hanno quindi preso a preferire soprattutto poliziotti, edifici governativi e i simboli del capitalismo. Nel look sono indistinguibili dai famigerati Black Bloc europei, nello stile pure. Spesso si schierano con “Black Lives Matter” (quelli per cui la vita dei neri conta solo se i neri sono di sinistra e magari odiano la polizia) e coinvolgono anche “By Any Means Necessary” (“Con ogni mezzo necessario”), una coalizione nata più o meno vent’anni fa contro il tentativo dello Stato della California di ridurre l’assurda politica delle quote razziali (e di gender) invece che del merito.
Ma l’ora X è scattata con l’elezione di Donald J. Trump alla Casa Bianca, momento in cui gli “Antifa” si sono trasformati in una vera e propria squadra punitiva contro quelli che (secondo loro) sono i veri supporter del presidente, i suprematisti bianchi (come se oggi negli Stati Uniti ci fossero 63 milioni di suprematisti quanti sono stati gli elettori di Trump nel novembre scorso). Secondo il DSI e l’FBI l’escalation ha raggiunto il punto di non ritorno quando i razzisti hanno iniziato a rispondere per le rime agli “Antifa”. Come dare torto allora a Trump che, davanti alla tragedia del 12 agosto a Charlottesville, Virginia, costata la vita alla 32enne Heather Heyer, ha detto che la colpa del sangue ricade tanto sui suprematisti quanto sugli antifascisti? Lo scandalo è piuttosto che ci siano intellettuali, come George Ciccariello-Maher, docente nella Drexel University di Filadelfia celebre per avere elaborato la teoria del “genocidio bianco” a danno di tutte le altre razze, secondo cui gli “Antifa” sono utili a debellare “le destre”.
Marco Respinti