Da Avvenire del 15/02/2023
Non cessa la pressione sul regime di Daniel Ortega, dopo la condanna a oltre 26 anni di reclusione del vescovo Rolando Álvarez, per presunta cospirazione, diffusione di false informazioni e oltraggio all’autorità. Il governo degli Stati Uniti ha chiesto lunedì «l’immediato rilascio» del responsabile delle diocesi di Matagalpa ed Estelí, trasferito venerdì in carcere dopo un processo sommario. «Condanniamo questa azione del governo di Nicaragua e chiediamo la liberazione immediata del vescovo Álvarez», ha detto il portavoce del Dipartimento di Stato statunitense, Ned Price, in conferenza stampa a Washington. Per poi rinnovare l’appello dell’amministrazione Biden «alla liberazione delle persone incarcerate in Nicaragua per esercitare le loro libertà fondamentali ». Privato dei diritti civili come «traditore della patria », come i 222 oppositori deportati negli Stati Uniti, di Álvarez non si hanno notizie dal processo-express. Mentre diversi episcopati nel mondo respingono «l’ingiusta persecuzione della Chiesa e le violazioni dei diritti umani» nel Paese centroamericano. A nome dei presidenti delle Conferenze episcopali d’Europa, ieri il presidente del Ccee, Ginaras Grušas, ha espresso «la vicinanza e la solidarietà ai cittadini e alla Chiesa cattolica» nicaraguense per la condanna, che è «una grave ferita» allo stato di diritto. « La Chiesa – sottolinea il presidente del Ccee e arcivescovo di Vilnius – non ha mai voluto altro che contribuire al benessere del Paese in cui si trova a servire, supportando i più deboli». Da qui l’appello «a tutti i confratelli vescovi di rendere noto ai propri governi la grave violazione dello stato di diritto che sta avendo luogo in Nicaragua».E l’invito alle autorità «ad ascoltare la voce del popolo », e favorire «la transizione pacifica», liberando i prigionieri politici «come segno di buona volontà per ripristinare un dialogo che porti a una giusta pace sociale». Accogliendo, infine, l’appello fatto da papa Francesco all’Angelus, i vescovi europei invitano a pregare «per tutti quelli che soffrono in quella cara nazione». Anche i prelati di Honduras, Costa Rica, El Salvador, Panama, Guatemala, Brasile e Argentina e delle Conferenze episcopali del centro America (Celam) si sono uniti al grito del Papa, stretti nella «solidarietà» alla Chiesa nicaraguense.