Da “Il tempo” del 19 agosto 2017. Foto da Progetto Dreyfus
La legislazione italiana per le vittime del terrorismo è tra le avanzate al mondo, se non altro perché si è formata sulle tragedie che hanno colpito tanti italiani, dentro e fuori i confini nazionali, coprendo atti criminali a partire dal 1961. La molteplicità delle vicende che di volta in volta hanno richiesto l’intervento dello Stato, la convivenza forzata col terrorismo interno, il coinvolgimento di nostri connazionali in scenari difficili hanno reso le nome dettagliate e puntuali, perché scritte e approvate per fronteggiare le esigenze emerse nella vita quotidiana di chi ha perduto un familiare o di chi ha subito un danno grave alla propria persona.
Questa è anche la ragione per quale – avendo come riferimento gli interventi fondamentali in materia, come la legge 302/1990 e la 206/2004 – il Parlamento ha di frequente apportato rettifiche e adeguamenti, perché nessun problema, per quel che è possibile, resti senza soluzione. Nulla restituisce il genitore o il coniuge colpito o la funzionalità di un organo, ma contare su una dignitosa e continuativa sicurezza economica e su canali più agevoli di inserimento nel lavoro – insieme con altre provvidenze – permette di non cadere nella disperazione; e fa sentire la vicinanza della comunità nazionale qualcosa di non soltanto declamato, bensì di concretamente operativo.
Il problema – non solo qui – non è la legge, bensì spesso la sua applicazione. Quasi mai le vicende del terrorismo di oggi, soprattutto quello che colpisce gli italiani fuori dai confini nazionali, permettono, per es., di contare su una sentenza che accerti – o che lo faccia in tempi accettabili – la natura terroristica dell’attentato. Quasi sempre sono necessari documenti che il privato non riesce ad acquisire, e quindi a produrre. Servono intelligenza ed elasticità, accompagnate dalla consapevolezza che una lunga attesa costituisce ulteriore danno, che si somma a quello già subito. Serve il governo politico del sistema, per orientare l’attenzione del funzionario troppo formalista alla carne viva che attende (parziale) giustizia, piuttosto che al timore di rilievi contabili: anche questo prevedono le norme in vigore, che cioè i ministri interessati monitorino la puntuale applicazione di esse. Non per forzare quando non ve ne sono i presupposti, ma per superare in tempi accettabili gli ostacoli con l’esame attento di ciascun doloroso caso singolo.
Alfredo Mantovano