Venti di guerra soffiano forte in diverse parti del mondo. Non penso solo ai conflitti già in corso, ma a quelli che vengono ipotizzati o minacciati dai “potenti”.
Scandalo?
No, storia di uomini.
Da quando il peccato è entrato nel mondo, è entrata la guerra e questa sparirà solo quando i cuori saranno trasformati, solo in Paradiso non avremo né peccati né guerre perché «Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme con i suoi angeli, ma non prevalsero e non ci fu più posto per essi in cielo» (Apoc. 12, 7-8).
Grave consapevolezza che ha contraddistinto sempre l’opera della Chiesa: non si rassegna mai a combattere il peccato, elargendo la Misericordia del Signore, non smette mai di invocare la pace, ma allo stesso tempo affronta con sano realismo la permanente presenza della guerra in hac lacrimarum valle.
Nella storia ci sono stati conflitti per i motivi più diversi, ma oggi è in atto quella che il Santo Padre ha più volte definito «terza guerra mondiale a pezzetti». Non un solo motivo, ma molti, non una modalità chiara ma tanti piccoli e diversi attacchi al “nemico”. La guerra a pezzetti si combatte ma non si sa contro chi o con chi, non si sa quando è iniziata e neanche quando finirà. È doveroso tentare rimedi, forse anche accontentarsi di una “pace a pezzetti”.
Quando qualcuno compie un atto ingiusto, non solo è lecito ma addirittura doveroso, cercare di fermarlo, usando, se del caso, anche la forza. Questo sia a livello individuale – legittima difesa – sia a livello sociale – guerra – come indica il Concilio Vaticano II al n. 79 della Gaudium et Spes: «una volta esaurite tutte le possibilità di un pacifico accomodamento, non si potrà negare ai governi il diritto di una legittima difesa. I capi di Stato e coloro che condividono la responsabilità della cosa pubblica hanno dunque il dovere di tutelare la salvezza dei popoli che sono stati loro affidati».
Il disordine, e quindi le ingiustizie fra gli uomini, sono frutto del peccato: «Non v’è pace per gli empi, dice il Signore» (Is. 48, 22). La discordia è opera del Demonio che costantemente lavora per distruggere quanto Dio ha creato, per disordinare quanto Dio ha ordinato. Il grande dono della libertà, che Dio ha fatto all’uomo, non sempre è usato secondo giustizia ed è su questo dono che Satana fa leva per indurci alla ribellione. Così cadiamo come stolti nell’odio, nell’aggressività, nell’invidia, nell’egoismo, nella rabbia verso il prossimo. Lo stesso Papa Francesco pochi giorni fa in una intervista a la Repubblica ha affermato «Penso che oggi il peccato si manifesti con tutta la sua forza di distruzione nelle guerre, nelle diverse forme di violenza e maltrattamento, nell’abbandono dei più fragili.»
Sarebbe bello vivere senza tentazioni? senza peccati? in un mondo di grazia, amore, pace?
Sì, ma è un mondo che non è di questa terra ed è per questo che siamo chiamati a pensare ed agire con un sano realismo. Il cristiano è sempre un idealista, mai un utopista. La pace è sempre da perseguire, ma non è mai “pace a qualunque costo”.
Il V comandamento vieta l’omicidio in tutte le sue manifestazioni ma allo stesso tempo riconosce che vi è un diritto alla salvaguardia della propria vita e quindi l’eventuale uccisione del mio aggressore, ove non vi fossero altre modalità per garantire la mia sopravvivenza, non è una colpa. Anzi, nel caso che a me siano affidate altre persone più deboli (ad esempio figli o anziani), la loro difesa diventa un vero e proprio dovere morale, anche qualora comporti la morte dell’aggressore: «La legittima difesa, oltre che un diritto, può essere anche un grave dovere, per chi è responsabile della vita di altri. La difesa del bene comune esige che si ponga l’ingiusto aggressore in stato di non nuocere. A questo titolo, i legittimi detentori dell’autorità hanno il diritto di usare anche le armi per respingere gli aggressori della comunità civile affidata alla loro responsabilità.» (CCC 2265).
Silvia Scaranari