Da Il Nuovo Giornale del 23/01/2020.
Mi piace partire dalla considerazione di Léo Moulin […]: “Date retta a me, vecchio incredulo che se ne intende: il capolavoro della propaganda anti-cristiana è l’essere riusciti a creare nei cristiani, nei cattolici soprattutto, una cattiva coscienza: […] a convincerli di essere i responsabili di tutti o quasi i mali del mondo. […] Spesso, infatti, non è vero. E se talvolta del vero c’è, è anche vero che, in un bilancio di venti secoli di cristianesimo, le luci prevalgono di gran lunga sulle ombre”.
Se fosse vera quella vergognosa menzogna dei “secoli bui”, perché ispirati dalla fede del Vangelo, “[…] perché allora tutto ciò che ci resta di quei tempi è di così fascinosa bellezza e sapienza? Anche nella storia vale la legge di causa ed effetto…”.
È proprio questo il punto da cui voglio partire: “anche nella storia vale la legge di causa ed effetto”. Come abbiamo potuto giudicare il “socialismo reale” da ciò che ha prodotto, così possiamo giudicare il “cristianesimo reale”, quello incarnato, dai fatti. I fatti principali sono: la santità e l’arte […]. Ma devo aggiungere […] che non vi sono solo i santi e l’arte – e non è poco! -, ma anche delle esperienze di convivenza umana protratte per secoli. Non si tratta soltanto di esaminare gli aspetti finali di una presenza incarnata del cristianesimo nella storia, ma di esaminare anche le sue mediazioni, e una mediazione è la civiltà cristiana romano-germanica, detta impropriamente e maliziosamente “Medioevo”. […]
Eppure, “Medioevo” ci dice di un tempo storico, di una realtà caratterizzata e presente, di una realtà schiacciata tra l’antichità pagana e la modernità neo-pagana. Noi sappiamo che il santo è un signore che sa di essere stato creato, di avere un Dio Padre Creatore e un Dio Figlio Redentore alle proprie spalle, di avere un Dio Provvidente che lo osserva in tutto il suo itinerario esistenziale, di essere accompagnato da un Dio, Spirito Santo, che si incarna nella Chiesa e lo segue nel tempo, di essere atteso alla fine della sua vita da un Dio tanto giusto quanto misericordioso. Ebbene, se questa condizione noi la trasferissimo da un singolo a una comunità, troveremmo una civiltà santa. Le civiltà non vanno in Paradiso, però le civiltà sono le condizioni per andare in Paradiso; condizioni, non cause. Papa Pio XII usava questa espressione decisiva, anche esistenzialmente: “dalla forma data alla società dipende la salvezza delle anime”.
Se il nostro vicino di casa crede in Dio è più facile credere in Dio; se quello che abita di sopra crede in Dio è più facile credere in Dio: mi vengono meno dubbi e ho invece più tempo per l’approfondimento. […]
Il termine “Medioevo” nasce con una cattiva intenzione: intridere di temporalità e limitare all’interno un quadro, definito – per usare il gergo crociano – una parentesi di barbarie nello sviluppo della civiltà. Invece, niente di tutto questo: il quadro si dilata e accanto a questo “piccolo Medioevo” storico vi è un “Medioevo grande” teologico, il tempo intermedio fra la prima e la seconda venuta di nostro Signore. Quello è il “grande Medioevo”. Quando “un piccolo Medioevo”, cioè un tempo storico, si ispira a quel grande Medioevo, siamo realmente in un’epoca santa.
[…] I santi sono dei soggetti a cui ne capitano di tutti i colori e che superano le difficoltà grazie a Dio, ma anche mettendoci del loro, ovvero portando la loro croce. Accanto all’agiografia individuale vi è anche questa minore, ma non meno importante, agiografia sociale, che deve diventare per noi una componente della nostra attenzione alla dottrina sociale della Chiesa. […] Non si tratta di rifare il Medioevo, ma di rifare degli uomini credenti. Nessuno ha preparato il progetto del Medioevo: quando se lo sono trovato fatto, si sono meravigliati, quasi spettatori di ciò che loro stessi avevano creato.
Giovanni Cantoni
Il testo è tratto dall’intervento pronunciato a Rimini nell’ambito del XX Meeting per l’Amicizia fra i Popoli il 22 agosto 2000