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Ti trovi qui: Home / Dalla stampa / “Hong Kong, i media in manette. Reporter trattati come terroristi”

“Hong Kong, i media in manette. Reporter trattati come terroristi”

18 Giugno 2021 - Autore: Alleanza Cattolica

Da Avvenire del 18/06/2021

Non davano la caccia a pericolosi terroristi, non dovevano sedare una rivolta né riportare l’ordine. Ma entrare, invece, nella redazione di un giornale. Eppure le forze dell’ordine di Hong Kong hanno fatto le cose in grande, arrivando a mobilitare ben 500 agenti. Una dimostrazione muscolare, l’ennesima. Che colpisce, senza più velature, la libertà di stampa a pochi giorni dall’“avviso” dei Grandi del G7 che avevano messo la Cina sul banco degli imputati per una serie di “dossier” caldi, non ultimo la libertà (sempre più negata) di Hong Kong. La risposta di Pechino è arrivata ieri, all’alba. Gli agenti sono entrati nella redazione del tabloid Apple Daily, perquisito gli uffici del giornale fondato dal magnate dei media pro-democrazia Jimmy Lai (già in carcere) in quello che è stato il primo blitz legato alla pubblicazione di articoli accusati di violare la legge sulla sicurezza nazionale nella città, voluta dalla Cina un anno fa. Cinque dirigenti della testata sono stati arrestati. Tra essi, il direttore Ryan Law. Sono stati sequestrati anche 38 computer e congelati asset per 18 milioni di dollari di Hong Kong (2,3 milioni di dollari Usa) a tre società del gruppo Next Digital, di cui fa parte il tabloid.

L’accusa rivolta ai responsabili del quotidiano? «Collusione con forze straniere o elementi esterni per mettere a repentaglio la sicurezza nazionale». In particolare, sono finiti nel mirino dell’occhialuta polizia dell’isola circa trenta articoli, pubblicati sia in inglese che in cinese (sia on line che in formato cartaceo) fin dal 2019 – quindi prima dell’introduzione della legge sulla sicurezza nazionale – nei quali emergerebbe la richiesta a Paesi stranieri di imporre sanzioni a Hong Kong e alla Cina per la repressione nell’ex colonia britannica. Il capo della sicurezza di Hong Kong, John Lee ha fatto sapere di avere raccolto prove sul fatto che più di 30 articoli pubblicati dalla testata abbiano svolto una «arte cruciale » in quella che hanno definito una cospirazione con Paesi stranieri per imporre sanzioni contro la Cina e Hong Kong. La polizia indagherà sugli arrestati e su altre persone per stabilire se abbiano contribuito a istigare o finanziare i reati. «L’azione mirava all’uso del lavoro giornalistico come strumento per mettere in pericolo la sicurezza nazionale », ha concluso Lee. In un messaggio ai lettori, pubblicato dopo il blitz, i responsabili del tabloid pro-democrazia hanno promesso di affrontare la burrasca «a testa alta ». La libertà di stampa a Hong Kong è «appesa a un filo »: «La Hong Kong di oggi non ci sembra familiare e ci lascia senza parole. Ci sembra di non essere in grado di fermare il regime dall’esercitare il potere a suo piacimento». Nonostante il giro di vite sulle pubblicazioni, «il personale di Apple Daily rimarrà legato ai propri doveri lealmente e tireremo diritto fino alla fine».

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