Da asianews.it del 26/05/2020. Foto da articolo
Più di 30 sigle sindacali hanno annunciato per domani uno sciopero generale contro la proposta di legge che criminalizza l’oltraggio all’inno nazionale cinese. Gruppi di studenti delle scuole secondarie si uniranno ai sindacati, boicottando la ripresa delle lezioni. Sul web circolano appelli agli automobilisti di rallentare il traffico per bloccare le principali vie di comunicazione cittadine.
Il fronte democratico si oppone all’obbligo di cantare e rispettare l’inno della madrepatria: una misura draconiana che secondo loro viola i diritti della popolazione locale. Per i trasgressori è prevista una pena massima a tre anni di prigione, e una multa di 50mila dollari di Hong Kong (5900 euro).
Il provvedimento sarà votato in seconda lettura dal Legco, il Parlamento locale. Gli attivisti democratici incitano la popolazione a ripetere le proteste del 12 giugno 2019, quando decine di migliaia di persone assediarono l’assemblea, obbligando la maggioranza pro-Pechino a sospendere la discussione sulla legge sull’estradizione.
La polizia schiererà 3mila agenti a protezione dei parlamentari. Il voto finale della legge sull’inno è previsto per il 4 giugno, il giorno della veglia al Victoria Park, che commemora le vittime del massacro di Tiananmen, compiuto dal regime di Pechino nel 1989. Hong Kong è l’unico luogo nel mondo cinese dove viene ricordato ogni anno il tragico evento, ma l’estensione del lockdown mette a rischio lo svolgimento dell’iniziativa.
La tensione è alta in città. Il 26 maggio centinaia di persone sono scese in strada contro la legge sulla sicurezza nazionale voluta da Pechino. È stata la prima vera e propria manifestazione dopo mesi di restrizioni in cui il governo proibiva assembramenti e raduni di più di 8 persone. La polizia ha arrestato 180 dimostranti; almeno 10 attivisti sono stati feriti e portati in ospedale.
Carrie Lam, capo dell’esecutivo cittadino, ha dichiarato oggi che il provvedimento voluto dal governo centrale non cancellerà i diritti civili e politici della popolazione. In base agli accordi tra la Cina e il Regno Unito – che fino al 1997 controllava Hong Kong – alla città deve essere riconosciuta una vasta autonomia politica ed economica fino al 2047.
Agli occhi dei dimostranti pro-democrazia, Lam è colpevole di assecondare le interferenze di Pechino negli affari cittadini. Le autorità hanno dovuto far fronte per mesi a ripetute proteste da parte dei gruppi anti-governativi. Le manifestazioni cominciate contro la proposta di legge sull’estradizione, poi ritirata, si sono trasformate in un più ampio movimento a favore delle libertà democratiche.