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I cattolici di fronte a un mondo che muore

26 Luglio 2016 - Autore: Marco Invernizzi

“A ogni giorno basta la sua pena” sembra un modo inadeguato per affrontare questa accelerazione nichilista che colpisce il mondo contemporaneo.

La morte ormai accompagna quotidianamente la vita dell’Occidente, sia per colpa nostra (aborto, droga, e incuria sul lavoro) sia per chi ci colpisce con il terrorismo .

La morte sembra essere diventata la protagonista di un mondo che muore ogni giorno un poco di più, un mondo nel quale si nasce sempre meno e dove le istituzioni sembrano non preoccuparsi da quella frase della Scrittura che ricorda come Dio confonda le persone che non si lasciano salvare. Infatti, passate le ore delle reazioni obbligatorie di fronte alle vittime, sia degli incidenti ferroviari sia del terrorismo islamista, gli uomini pubblici riprendono i loro giochi di potere, incuranti della realtà.

Tutti gli italiani sperano che gli attentati non arrivino mai nelle nostre città, ma realisticamente sembra una speranza vana. Non solo, ma Roma è un bersaglio simbolico troppo importante per le menti lucide anche se ideologicamente ammalate che stanno dietro il terrorismo islamista.

Conviene rassegnarsi all’idea che siamo parte della partita e non spettatori neutrali e intanto interrogarci su cosa possiamo fare.

Monsignor Luigi Negri, arcivescovo di Ferrara, ha invitato i cristiani a “non puntellare l’impero”, a preoccuparsi di costruire comunità che riconoscano la signoria di Cristo, come fecero i primi cristiani che vivevano all’interno dei confini dell’impero romano.

È la scelta che fece San Benedetto, così ricca di conseguenze felici per l’intera Europa. Mi permetto di andare oltre e di aggiungere che come allora anche oggi i cristiani devono fare ciascuno la propria parte, qualunque essa sia. Il Console Stilicone, di origini barbare, si prodigò, fino a quando venne assassinato da una congiura “interna“, per difendere l’Impero e le stesse comunità cristiane che stavano sorgendo ovunque. Come lui, anche San Severino Boezio cercò di migliorare la situazione dell’impero collaborando e consigliando il re degli Ostrogoti Teodorico, e poi trovando la morte con l’accusa di tradimento da parte del re che aveva affiancato. Il suo posto venne preso da un altro grande cristiano, Cassiodoro, a conferma della confusione dell’epoca, simile alla nostra, quando un mondo stava per morire, il grande impero romano, come oggi sta per morire il grande Occidente, che nel bene e nel male ha influenzato ogni nazione del mondo.

Eppure anche oggi i cristiani non si devono rassegnare. La speranza, come ricorda l’arcivescovo di Ferrara sul Giornale, si fonda su una Promessa che non verrà meno. Come allora, anche oggi ciascuno continui a fare bene la sua parte ovunque si trovi, nelle istituzioni come ai margini della società. E quando i cristiani rischiano di dividersi fra coloro che vogliono combattere per difendere quel poco di umano che rimane nel nostro mondo e coloro che ripropongono una scelta di disimpegno da ogni forma di contrapposizione, entrambe le parti si ricordino che il cristianesimo è la religione dell’et et e non quella dell’aut aut.

Infatti, non si capisce perché non debba essere possibile scendere in piazza per difendere la famiglia contro una legge iniqua e contemporaneamente testimoniare con la vita la bellezza e la centralità della famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna.

Se ciascuno farà la sua parte e se i cattolici sapranno mantenere l’unitá superando le contrapposizioni, se la minoranza cattolica eviterà di farsi dividere da assurde contrapposizioni, evitando di lusingare i poteri forti nei diversi settori della società e dello Stato, allora un mondo nuovo potrà nascere anche oggi come nacque allora. Si tratta di seminare un cristianesimo non annacquato, umile ma convinto della propria identità e soprattutto del fatto che dalla fede nasce una cultura e quindi anche una civiltà, come ha insegnato costantemente il Magistero, in particolare quello di San Giovanni Paolo II.

Marco Invernizzi

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