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«I cristiani sono uomini e donne “controcorrente”»

29 Giugno 2017 - Autore: Silvia Scaranari

di Silvia Scaranari

«I cristiani amano, ma non sempre sono amati» : è questa l’osservazione del Santo Padre espressa nel discorso all’Udienza generale di mercoledì 28 giugno, dedicata, per la 28° volta, a riflettere sulla virtù della speranza. Gesù non ha illuso nessuno. Quando parla con i discepoli li avverte che non troveranno tappeti stesi davanti a sé ma, al contrario, ostilità, avversione, addirittura odio a causa del Suo nome.

«I cristiani sono dunque uomini e donne “controcorrente”. È normale: poiché il mondo è segnato dal peccato, che si manifesta in varie forme di egoismo e di ingiustizia, chi segue Cristo cammina in direzione contraria», prosegue il Papa. I cristiani non sono animati da spirito di contraddizione, ma sono chiamati a rendere testimonianza alla verità di Cristo e per questo si muovono contro corrente. La prima condizione necessaria per il cristiano è quindi la povertà. Non la povertà del conto in banca, ma la povertà di se stessi.  Il fedele di Cristo deve essere privo del proprio “io”, deve avere il cuore colmo dell’amore di Gesù, non della propria presunzione. Gesù ci manda «[…] come pecore in mezzo ai lupi» (Mt 10,16): pecore, cioè animali docili, senza forza, ma sereni. Così il cristiano non può mai rispondere alla forza con la violenza, eventualmente pure con la scaltrezza, perché «per sconfiggere il male, non si possono condividere i metodi del male».

Il cristiano deve essere consapevole che lo aspetta la persecuzione, l’ostilità, ma allo stesso tempo sa che è sempre nelle mani di Dio giacché «[…] perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati» (Mt 10,30) e Dio tutto conosce, tutto ricorda, e saprà donare il riscatto al momento opportuno. Conclude il Pontefice: «I cristiani devono dunque farsi trovare sempre sull’“altro versante” del mondo, quello scelto da Dio: non persecutori, ma perseguitati; non arroganti, ma miti; non venditori di fumo, ma sottomessi alla verità; non impostori, ma onesti». Chi si comporta così sarà forse chiamato a dare testimonianza del proprio amore per Dio con il martirio (che è appunto una testimonianza), ma questo è un atto di amore per i fratelli e per Cristo, mai di odio, mai voglia di eroismo fine a se stesso. Il cristiano non cerca il martirio, lo subisce quando è necessario per non tradire la fedeltà al Vangelo. Di fronte ai martiri cresce lo stupore e l’ammirazione per la loro forza, ma «questa fortezza è segno della grande speranza che li animava: la speranza certa che niente e nessuno li poteva separare dall’amore di Dio donatoci in Gesù Cristo (cfr Rm 8,38-39)».

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Info Silvia Scaranari

Silvia Scaranari nasce a Lanzo Torinese nel 1960. Laurea in Lettere moderne a Torino nel 1983 e poi laurea in Filosofia a Parma.
Insegnate liceale dal 1983, approfondisce i propri interessi sul mondo islamico collaborando dal 1993 con il Centro Federico Peirone, ente diocesano dedicato allo studio dell’islam e al dialogo con il mondo musulmano. Redattrice della rivista Il Dialogo-al Hiwar fin dalla sua fondazione, ha pubblicato diversi studi sull’islam da sola, o in collaborazione, presso Guerrini Associati, L’Harmattan, Elledici, Spettatore Libri, Paoline. Ancora adolescente conosce Alleanza Cattolica con cui collabora tuttora.

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