Da Avvenire del 15/03/2022
L’Italia resta in pieno inverno demografico anche se in fondo al tunnel della bassa natalità spunta un flebile lumicino. Il 2021 ha fatto segnare l’ennesimo record negativo per i nuovi nati, scesi sotto le 400mila unità, ma nei mesi di novembre e dicembre si è registrata una sensibile ripresa rispetto alla fine 2020. Ancora presto per capire se si sia trattato solo di un rimbalzo legato gli effetti delle varie ondate del Covid sulla propensione di coppie e famiglie a procreare. Oppure se sia un segnale più incoraggiante. «Mi piacerebbe pensare a una inversione di tendenza magari dovuto alle nuove misure adottate come l’assegno unico che possono aver creato un clima di fiducia, un segnale che il Paese si fa carico di investire nella produzione di capitale umano », ha commentato ieri il presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo durante la presentazione del nuovo report sulla popolazione.
Per il resto i numeri diffusi disegnano un quadro «fortemente negativo» come afferma l’Istat. Al 31 dicembre scorso la popolazione residente era inferiore di circa 253mila unità rispetto all’inizio dell’anno. Nei due anni di pandemia il calo di popolazione è stato di quasi 616 mila unità, soprattutto a causa del saldo naturale sempre in profondo rosso. Così alla fine dello scorso anno la popolazione è scesa sotto i 59 milioni, con un salto all’indietro di 15 anni, ai valori del 2007, in termini di abitanti. Le nascite sono risultate in diminuzione dell’1,3% rispetto al 2020 e di ben il 31% a confronto col 2008. Alle culle vuote (solo 399mila nati quando nell’anno record 1964 furono oltre un milione) ha fatto riscontro un balzo dei decessi: 740 mila nel 2020 e 709 mila nel 2021, qualcosa che era successo nel passato solo durante la seconda guerra mondiale. Ancora su livelli elevati quelli causati dal Covid, circa 59mila l’anno scorso, pari all’8,3% di quelli totali, anche se in calo rispetto all’anno prima quando se ne erano contati oltre 77 mila, il 10,3% del totale. Un rallentamento avvenuto grazie «all’effetto positivo della campagna di vaccinazione». Il saldo naturale nascite-morti ha portato quindi a 310mila residenti in meno, compensato solo parzialmente dal saldo migratorio, leggermente positivo. La dinamica naturale in deficit è diffusa n tutte le regioni, tranne nella provincia di Bolzano. Le regioni che più delle altre hanno visto peggiorare sono il Molise e la Calabria. Lombardia e provincia di Trento registrano invece i recuperi più elevati.
In risalita il numero dei matrimoni, religiosi e soprattutto civili, nonostante le limitazioni imposte dalle misure anti-covid. Nel 2021 ne sono stati celebrati circa 179mila. Rispetto al 2020 si tratta di un raddoppio, ma confrontandoli con il 2019 il dato resta inferiore del 2,7%, non c’è stato ancora quindi un recupero pieno. Cionondimeno «in un Paese dove i due terzi dei nati sono all’interno di coppie coniugate – ha osservato Blangiardo – questo ha un riflesso rilevante » sulle nascite. Mentre «anche le misure per la costruzione di nuovi asili nido in Italia, come previsto dal Pnrr, potrebbero aiutare i futuri genitori a sentirsi più tranquilli nel decidere di mettere al mondo un figlio». Sulla ripresa della natalità di fine 2021 il presidente Istat ritiene che si da ascrivere soprattutto a «quelle donne, o coppie, non più giovanissime che hanno meno tempo per recuperare». Mentre le più giovani sono state più facilmente indotte a rinviare dal clima di incertezza e difficoltà economica innescato dalla pandemia.
Le prospettive restano incerte. «I due grandi temi di questo momento storico – ha affermato Blangiardo – sono l’economia e la demografia. Quello che noi osserviamo con i dati statistici che sul fronte dell’economia se non ci fosse stata la guerra avremmo potuto dire che in qualche modo stavamo rialzando la testa». Invece «i segnali della demografia sono indubbiamente più deboli e ci sarà da vedere se ci sarà un effetto bellico, anche da questo punto di vista».