Finisce un anno segnato dalla pandemia, ma anche dalla crescita economica e politica della Cina. Teniamolo almeno presente, se amiamo veramente la giustizia. E non dimentichiamo i tanti perseguitati
di Marco Invernizzi
Il 2020 si conclude come si aprì un anno fa, all’insegna della pandemia, dichiarata dall’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità l’11 marzo scorso. La differenza la fanno i vaccini, l’ultima speranza. Nulla di quanto avvenuto nel corso dell’anno appare tanto significativo quanto la diffusione del Covid-19, neppure le elezioni negli Usa, con la sconfitta del presidente uscente Donald Trump, ma la conferma di una crescita significativa dell’elettorato conservatore, che ha superato i 74 milioni di elettori, dieci milioni in più rispetto a quattro anni prima. Naturalmente, rimane altrettanto significativo che il nuovo presidente americano, Joe Biden, sia stato il candidato più votato della storia nordamericana con oltre 80 milioni di voti.
Nonostante questi numeri così importanti, pandemia e vaccini non hanno rivali. Si parla soltanto di loro, tutto il resto passa in secondo piano.
Ne usciremo? E come?
Non entro nel merito dello scontro in atto fra allarmisti e negazionisti, non soltanto perché non ho le competenze scientifiche necessarie, ma anche perché mi sembra dettato da interessi economici e di potere (nel senso di restarvi il più possibile) oppure da ideologismi esasperati e sgangherati. Quello che ciascuno di noi potrebbe e dovrebbe fare è riflettere su come usare la pandemia per convertirsi, ma anche per aiutare la società a cambiare direzione (convergere altrove) abbracciando tutta la dottrina sociale della Chiesa, senza escluderne nessuna parte. Il Pontefice ha scritto un libro sul tema che merita di essere meditato, con spunti importanti (Papa Francesco, Ritorniamo a sognare. La strada per un futuro migliore, Piemme 2020).
La pandemia esiste, è un fatto, negarla e negarne le conseguenze significa negare la realtà e offendere i molti che hanno perduto i loro cari. Che sia stata gestita male, per rimanere in Italia, è altrettanto vero. Forse le parole più adeguate sul mal-governo italiano al tempo del coronavirus le ha scritte un sociologo, Luca Ricolfi, certamente non ascrivibile ai partiti di opposizione. Le potete leggere su Il Messaggero del 19 dicembre e anche sul sito della Fondazione Hume, col titolo significativo Il diavolo e il Padreterno: «come se Dio decidesse di recitare entrambe le parti in commedia, quella del Diavolo e quella del Padreterno. Prima strizza l’occhio agli esercenti e cosparge la nostra vita di tentazioni (quasi non ne avessimo già abbastanza per conto nostro). Poi ci redarguisce con cipiglio severo perché ci siamo cascati, in tentazione: come se il fatto stesso di parlare di continuo di terza ondata in arrivo, con relative chiusure, non fosse un formidabile incentivo al carpe diem, del tipo godiamoci il Carnevale prima che arrivi la Quaresima».
Come se ne esce? Non lo so, ma concentriamoci su noi stessi anzitutto, per utilizzare questo tempo al fine di costruire il futuro, quando sarà possibile riprendere unanormale vita di relazioni.Se non ci sarà una conversione personale, nulla di buono accadrà nella società. Saremo condannati a un’eterna dialettica fra chiusure e assembramenti, fra chi sostiene che non si può relegare un popolo in casa e chi sostiene invece che se ci si incontra ci si infetta. Risalendo ai principi si aprirà lo stucchevole dibattito fra la sobrietà e il consumismo, tutti dimenticando che se diminuiscono i consumi milioni di persone perderanno il lavoro, mentre invece si può imparare a scegliere come orientare i propri consumi, privilegiando chi ha più bisogno e non necessariamente chi è più conveniente.
E’ certo, infatti, che uno degli effetti negativi della pandemia riguarderà la chiusura di tante piccole imprese, di molti negozi e attività artigianali, costrette a subire una concorrenza troppo forte da parte di imprese multinazionali e una pressione fiscale senza criterio e senza giustizia. Sarebbe quindi auspicabile che i consumi si orientassero verso questi “nuovi poveri”.
A livello internazionale è un fatto che la Cina stia diventando la prima potenza economica mondiale ed è l’unica economia che esce col segno positivo dal 2020: lo prevede, entro il 2028, il Centre for Economics and Business Research, «secondo il quale il sorpasso avverrà prima del previsto a causa del Covid» (Avvenire, 27 dicembre 2020). Ma la Cina è anche il Paese dove la libertà religiosa rimane un miraggio nonostante gli accordi, ancora peraltro “segreti”, con la Santa Sede, confermati per altri due anni, che non sembrano avere ancora prodotto un reale miglioramento. Una libertà religiosa che manca non soltanto ai cristiani, ma anche alla minoranza musulmana degli uiguri, come Papa Francesco ha denunciato nel libro sopracitato, suscitando la reazione sdegnata di Pechino. Proprio nei giorni scorsi, la Cina ha mostrato la propria propensione contro ogni forma di libertà, manifestando indirettamente anche le proprie responsabilità nella diffusione del coronavirus. Infatti, con un processo durato meno di tre ore, il 28 dicembre il tribunale di Shanghai ha condannato a quattro anni di reclusione Zhang Zhan, una “cittadina giornalista” che aveva documentato l’inizio della pandemia a Wuhan nel gennaio 2020, filmando i malati ammassati negli ospedali, denunciando il ritardo della politica cinese e andando avanti fino a maggio nella sua opera di informazione. Pochi giorni fa, Zhang Zhan è stata condannata «per turbativa della stabilità sociale», suscitando la reazione persino dell’Unione Europea, che, attraverso un portavoce dell’alto rappresentante della politica estera della UE, ha chiesto la liberazione della blogger condannata e, con lei, dei molti intellettuali e giornalisti detenuti in Cina, per esempio l’avvocato dei diritti umani Yu Wensheng, Li Yuhan, Huang Qi, Ge Jueping, Qin Yongmin, Gao Zhisheng, Ilham Tohti, Tashi Wangchuk, Wu Gan, Liu Feiyue (cfr. Ansa, 30 dicembre 2020).
Insomma, la Cina è una grande potenza economica, forse la prima fra pochi anni, ma certamente non è seconda a nessuno nel disprezzo dei diritti umani e nella violazione della libertà religiosa. Teniamolo presente quando facciamo degli acquisti, affinché la nostra pretesa di giustizia non rimanga una parola vuota. E sarebbe bene lo tenessero presente anche tutti gli Stati e le imprese che fanno accordi economici con la Cina senza pretendere nessun cambiamento riguardo ai diritti umani e alla libertà religiosa.
Mercoledì, 30 dicembre 2020