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“Il Big Bang di Londra”

24 Marzo 2017 - Autore: Alfredo Mantovano

Auto sulla folla e sparatoria. Quattro morti e 20 feriti a Westminster
L’attentatore è un lupo solitario nato (e conosciuto) in Inghilterra

Puoi uscire dall’Europa e da Schengen: vengono a colpirti  egualmente. Non c’è Brexit che li fermi se continui ad allarmar­ti per poche ore dopo l’aggressio­ne, e poi lasci che la preoccupazio­ne vada in prescrizione. Gli attenta­ti di Nizza e di Berlino non sono accaduti decenni fa, padre Jac­ques Hamel è stato ucciso mentre celebrava la Messa a Rouen nel lu­glio scorso, eppure in Europa la prevenzione e il contrasto al terro­rismo procedono a rilento e fra po­lemiche, e quando giunge qualche sollecitazione da oltre Atlantico viene vista con sufficienza, se non con fastidio. Interscambio infor­mativo, collaborazione operativa e capacità di organizzare la preven­zione in funzione della tipologia della minaccia lasciano ancora a desiderare. Pur quando la minac­cia è prevedibile: nella mitologia jihadista il profilo simbolico dell’attacco al Parlamento inglese vale, esattamente un anno dopo, quanto l’attacco a Bruxelles, a po­chi metri dalle istituzioni Ue.
La simbologia è funzionale alla propa­ganda: se ti dimostro che reagisco all’arretramento dello Stato Islami­co colpendo al cuore la città oggi più trendy d’Europa, vuol dire che Allah è grande e che puoi unirti a noi, perché continuiamo a colpire i «Crociati» (non importa se non credono in Dio)!
E da noi? Rispetto agli altri Stati europei l’Italia vanta unabuona rete di sicurezza territo­riale, fra stazioni dei Carabinieri e Digos. E poi uno scambio reale di dati tra forze di polizia e fra queste e i servizi, che passa da strutture consolidate come il Comitato ana­lisi strategica antiterrorismo; quin­di una legislazione puntuale, che anticipa la difesa già alla progetta­zione dell’attentato, contrastando condotte preparatorie dell’attività terroristica.
Fino a che punto tutto ciò ci garantisce, alla vigilia delle manifestazioni – non tutte pacifiche – annunciate per il 60° dei Trattati di Roma?
Il modello italiano può proseguire a funzionare e ad arginare il rischio a condi­zione che:
1) il quadro attuale sia mantenuto al livello di efficienza che ha dimostrato, e quindi per un verso si investano risorse fi­nanziarie, per altro verso non si renda diffici­le il lavoro delle forze di polizia con imposi­zioni pseudoeuropee come lalegge sullator­tura (che senza prevenire gli abusi creereb­be seri ostacoli operativi);
2) si adottino del­le rettifiche sul piano normativo e dell’azio­ne di governo suggerite dalle caratteristiche della minaccia: nessuno nega la differenza fra il clandestino e il terrorista, ma la condi­zione di sospensione e di difficoltà di control­lo che interessa aree di clandestinità è fra quelle nelle quali il terrorismo pesca meglio;
3) che si evitino indulgenze, politiche e giudi­ziarie, verso ogni tipo di eversione. In vista di sabato, deve essere chiaro che la protesta violenta oggi non si pone solo contro la leg­ge: si pone pure contro quel ponte di solida­rietà civile che rende il Tevere non così di­stante dal Tamigi.

Alfredo Mantovano

Da “Il Tempo” del 23 marzo 2017. Foto da StrettoWeb

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