di Michele Brambilla
Con l’udienza generale del 29 aprile Papa Francesco riprende e conclude il ciclo di catechesi dedicato alle Beatitudini, giungendo alla spiegazione della nona, «Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5,10). «Questa beatitudine», secondo il Papa, «annuncia la stessa felicità della prima: il regno dei Cieli è dei perseguitati così come è dei poveri in spirito; comprendiamo così di essere arrivati al termine di un percorso unitario dipanato negli annunci precedenti».
«La povertà in spirito, il pianto, la mitezza, la sete di santità, la misericordia, la purificazione del cuore e le opere di pace», elenca ancora il Pontefice, «possono condurre alla persecuzione a causa di Cristo, ma questa persecuzione alla fine è causa di gioia e di grande ricompensa nei cieli» perché è subita a causa della professione di fede cristiana. Si può, pertanto, affermare che «il sentiero delle Beatitudini è un cammino pasquale che conduce da una vita secondo il mondo a quella secondo Dio, da un’esistenza guidata dalla carne – cioè dall’egoismo – a quella guidata dallo Spirito».
Dove domina la legge dell’egoismo si creano «le “strutture di peccato”», espressione che il Papa prende dal suo discorso ai partecipanti del workshop Nuove forme di fraternità solidale, di inclusione, integrazione e innovazione tenutosi lo scorso 5 febbraio, le quali sono «spesso prodotte dalla mentalità umana, così estranee come sono allo Spirito di verità che il mondo non può ricevere (cfr Gv 14,17), non possono che rifiutare la povertà o la mitezza o la purezza e dichiarare la vita secondo il Vangelo come un errore e un problema, quindi come qualcosa da emarginare. Così pensa il mondo: “Questi sono idealisti o fanatici…”».
Il Papa ammonisce in proposito: «se il mondo vive in funzione del denaro, chiunque dimostri che la vita può compiersi nel dono e nella rinuncia diventa un fastidio per il sistema dell’avidità. Questa parola “fastidio” è chiave, perché la sola testimonianza cristiana, che fa tanto bene a tanta gente perché la segue, dà fastidio a coloro che hanno una mentalità mondana. La vivono come un rimprovero», perché in coscienza sanno di essere in errore. Francesco osserva, in proposito: «è curioso, attira l’attenzione vedere come, nelle persecuzioni dei martiri, cresce l’ostilità fino all’accanimento. Basta vedere le persecuzioni del secolo scorso, delle dittature europee: come si arriva all’accanimento contro i cristiani, contro la testimonianza cristiana e contro l’eroicità dei cristiani», se la loro testimonianza è genuina. Il Santo Padre deve, infatti, obbiettare che «[…] non sempre il disprezzo degli uomini è sinonimo di persecuzione: proprio poco dopo Gesù dice che i cristiani sono il «sale della terra», e mette in guardia dal pericolo di “perdere il sapore”, altrimenti il sale “a null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente” (Mt 5,13). Dunque, c’è anche un disprezzo che è colpa nostra, quando perdiamo il sapore di Cristo e del Vangelo».
Non lo perse di certo santa Caterina da Siena (1347-1380), patrona d’Italia e d’Europa, di cui ricorre la festa proprio il 29 aprile: «il suo esempio», esorta Francesco, «aiuti ciascuno a saper unire, con coerenza cristiana, un intenso amore alla Chiesa ad una efficace sollecitudine in favore della comunità civile, specialmente in questo tempo di prova. Chiedo a Santa Caterina che protegga l’Italia durante questa pandemia; e che protegga l’Europa, perché è patrona d’Europa, che protegga tutta l’Europa perché rimanga unita».
Giovedì, 30 aprile 2020