Di Francesco Boezi da Il Giornale dell’11/07/2021
Un colpo ben assestato. Una mossa capace di animare il dibattito, rendendo in salita l’approvazione del Ddl Zan: se l’intenzione del Vaticano era quella di complicare l’iter del disegno di legge più discusso del momento, quel proposito ha avuto un seguito di tutto rispetto.
Dalla nota diplomatica in poi, la politica ha avuto un bel da fare. Con una postilla: la Santa Sede ha dichiarato di non essere contraria alla legge. Il Vaticano ha, al massimo, domandato modifiche per tutelare la libertà d’espressione prevista anche nell’ambito del Concordato, che è un trattato internazionale che l’Italia ha il dovere di rispettare. Lo ha ribadito anche il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente Cei, in un’intervista rilasciata a Repubblica: è stata chiesta una rivisitazione, non uno stralcio. E poi quella nota, stando alle intenzioni delle mura leonine, tutto doveva essere tranne che pubblica.
Il Partito Democratico è rimasto comunque spiazzato. Il segretario Enrico Letta ha reagito, erigendo una barriera contro cui il Ddl Zan potrebbe schiantarsi. Al Nazareno sono in difficoltà palese. Che i Sacri Palazzi siano maestri di tattica non è mistero. Che certa politica non spicchi per capacità strategica anche. Il clamore che ha accompagna questa fase è indicativo: lo scombussolamento riguarda le stesse certezze su quel provvedimento. Quelle che i Dem non hanno più.
Se il Partito Democratico avesse deciso di mediare, oggi racconteremmo un’altra storia. Ma tant’è. Martedì è la giornata clou: quella in cui dovrebbe chiarirsi il destino di una legge che è divenuta il simbolo dello scontro ideologico contemporaneo. Una discussione politica più elastica avrebbe fatto del Ddl Zan un argomento magari perfettibile, ma comunque realizzabile. Il Pd ha deciso che questa possibilità non c’è. Così, la bioetica e i suoi dintorni sono stati elevati a terreno di scontro. Come accade nel quadro polarizzato degli States, dove quasi non si parla d’altro, con tutto quello che ne consegue sul clima.
In questa storia, c’è almeno un fraintendimento: Papa Francesco è sempre stato cristallino in materia. Chi pensava che il pontefice fosse un sostenitore della cosiddetta “teoria gender” legge poco o sbaglia i calcoli. Inoltre, la segretezza di quel documento avrebbe dovuto garantire un volo a bassa quota. Qualcuno (c’è chi parla di “manina”) ha optato per la pubblicazione: il resto è cronaca. Il Vaticano non voleva irrompere sulla scena – come pensano gli anticlericali – , bensì sollevare alcune questioni, con strumenti appropriati e in punta di penna. Tanto è bastato a mandare in confusione i teorici del “Papa progressista”. Gli stessi che sono stati smentiti dai fatti. E che ora non vogliono sentire ragione.
I laicisti – dicevamo – hanno replicato con un coro condito dalle consuete punte di anticlericalismo. Il Vaticano ha posto questioni giuridiche e di compatibilità tra un’eventuale legge dello Stato ed il Concordato. Fedez si è domandato “chi ha concordato il Concordato”. Sono due metodi diversi: uno, legittimo, che ha alzato il livello dialettico; l’altro, sempre legittimo, ma semplicistico, che fa del furore ideologico il suo substrato.
La Santa Sede non sembra temere l’approvazione di una legge che contrasti e sanzioni l’omotransfobia, anzi. Semmai a preoccupare gli ambienti ecclesiastici è proprio il terriccio culturale entro cui si muovono i promotori del Ddl Zan, con le possibili evoluzioni illiberali a fare da sfondo. Una singola nota diplomatica ha mandato in tilt un intero universo ideologico. Diventa legittimo chiedersi, come qualcuno si aspettava, cosa sarebbe accaduto se Papa Francesco avesse manifestato aperto disappunto, affacciandosi su piazza San Pietro.
Foto da articolo