L’antropologia di Erode e quella di san Giuseppe messe a confronto
di Michele Brambilla
La definizione di san Giuseppe come «migrante perseguitato e coraggioso», rintracciabile nel titolo che Papa Francesco dà all’udienza del 29 dicembre, è molto “forte” e sembra fatta apposta per accendere qualche discussione. Ad ogni modo, l’obbiettivo del Pontefice è delineare due antropologie differenti, ai suoi occhi in competizione nel mondo contemporaneo.
Da una parte, infatti, nell’episodio della fuga in Egitto (Mt 2,13-23), oggetto dell’udienza generale, troviamo Erode, prototipo del tiranno spietato: «Erode vuole difendere il proprio potere, la propria “pelle”, con una spietata crudeltà, come attestano anche le esecuzioni di una delle sue mogli, di alcuni dei suoi figli e di centinaia di oppositori. Era un uomo crudele: per risolvere dei problemi, aveva una sola ricetta: “fare fuori”. Egli è il simbolo di tanti tiranni di ieri e di oggi. E per loro, per questi tiranni, la gente non conta: conta il potere, e se hanno bisogno di spazio di potere, fanno fuori la gente. E questo succede anche oggi», ribadisce il Pontefice, quando non si riconosce il valore delle persone.
Dall’altra parte abbiamo il padre adottivo del Messia: «Giuseppe è l’opposto di Erode: prima di tutto è “un uomo giusto” (Mt 1,19), mentre Erode è un dittatore; inoltre si dimostra coraggioso nell’eseguire l’ordine dell’angelo. Si possono immaginare le peripezie che dovette affrontare durante il lungo e pericoloso viaggio e le difficoltà che comportò la permanenza in un paese straniero, con un’altra lingua: tante difficoltà. Il suo coraggio emerge anche al momento del ritorno, quando, rassicurato dall’angelo, supera i comprensibili timori e con Maria e Gesù si stabilisce a Nazaret (cfr Mt 2,19-23)».
Le vicende della Sacra Famiglia sono paradigmatiche: «la famiglia di Nazaret ha subito tale umiliazione e sperimentato in prima persona la precarietà, la paura, il dolore di dover lasciare la propria terra. Ancora oggi tanti nostri fratelli e tante nostre sorelle sono costretti a vivere la medesima ingiustizia e sofferenza. La causa è quasi sempre la prepotenza e la violenza dei potenti. Anche per Gesù è accaduto così». L’intervento degli angeli, glossa in Santo Padre, salva il Messia dall’infanticidio (Lo aspetta tutt’altra morte…), ma non ferma la spada di Erode e costringe Gesù a vivere da profugo in terra paganissima. Cristo ha condiviso con i poveri della terra anche questo aspetto particolarmente tragico dell’essere uomini.
Emerge soprattutto una virtù, «il coraggio per affrontare le difficoltà di ogni giorno. In tutti i tempi e in tutte le culture troviamo uomini e donne coraggiosi, che per essere coerenti con il proprio credo hanno superato ogni genere di difficoltà, sopportando ingiustizie, condanne e persino la morte. Il coraggio è sinonimo di fortezza, che insieme alla giustizia, alla prudenza e alla temperanza fa parte del gruppo delle virtù umane, dette “cardinali”» perché sostengono l’esistenza terrena. «La lezione che ci lascia oggi Giuseppe è questa: la vita ci riserva sempre delle avversità, questo è vero, e davanti ad esse possiamo anche sentirci minacciati, impauriti, ma non è tirando fuori il peggio di noi, come fa Erode, che possiamo superare certi momenti, bensì comportandoci come Giuseppe che reagisce alla paura con il coraggio di affidarsi alla Provvidenza di Dio», che non è da attendersi passivamente. Non si dice forse “aiutati che il Ciel ti aiuta”?
Il Papa, allora, esorta tutti: «sappiate essere forti nella fede, guardando al divino Bambino, che nel mistero del Natale si offre in dono per l’intera umanità». Suggerisce anche una preghiera per i migranti:
«San Giuseppe,
tu che hai sperimentato la sofferenza di chi deve fuggire
tu che sei stato costretto a fuggire
per salvare la vita alle persone più care,
proteggi tutti coloro che fuggono a causa della guerra,
dell’odio, della fame.
Sostienili nelle loro difficoltà,
rafforzali nella speranza e fa’ che incontrino accoglienza e solidarietà.
Guida i loro passi e apri i cuori di coloro che possono aiutarli. Amen».
Venerdì, 31 dicembre 2021