Di Marco Respinti da IFamNews del 27/08/2022
Il Corriere della Sera è il quotidiano più letto dagli italiani, il giornale della “borghesia illuminata”, eco e costola del potere dello Stivale, quale che esso sia. Da sempre inclina sempre colà dove si può, perché così si vuole. Nel suo piccolo è cioè un grande potere forte. Per moltissimi, e non solo parvenu, è dunque autorevole, o presunto tale. Il male che allora fa quando e se diffonde una notizia falsa, per dolo o per trascuratezza, è incalcolabile, soprattutto in un mondo in cui nessuno verifica, anche quando e se è invece facilissimo farlo, nessuno sa nulla, se c’era dormiva, men che meno ha voglia di fare, pochissimi leggono sul serio, figurarsi studiare, grammatica e sintassi sono un’opinione gender, e se il giornale dice che gli asini volano, gli asini volano.
Il Corriere della Sera del 22 agosto, a p. 16, pubblica un articolo dell’inviata Viviana Mazza sui vip americani a favore e contro l’aborto. Dentro c’è una frasetta di pochi vocaboli e striminziti, ripresa però pure in uno di quei “boxini” di servizio, che il più delle volte sono riempitivi quando il troppo spazio bianco angoscia il redattore o i suoi capi. Una cosuccia senza fonte, senza riferimenti, senza nulla. Eppure la notizia è grossissima, che ci sarebbe da farci editoriale, prima pagina e pure gli approfondimenti seriali. È golosa e ghiotta, e spara ad altezza uomo su uno dei personaggi più in vista degli Stati Uniti d’America, del conservatorismo, della cultura pro life, praticamente del mondo. Per molti è cioè come il cielo che cade sul capo, mentre per altri la manna.
L’attrice statunitense (di origine ucraina) Mila Kunis aiuta da tempo la causa dell’aborto. Ma per tramite di lei lo fa pure, lascia intendere il “CorSera”, nientemeno che l’ex vicepresidente americano Mike Pence, che invece tutti credono, tutti noi crederemmo essere un conclamato e specchiato eroe del diritto alla vita umana innocente. «Ogni mese», scrive la Mazza, «Mila Kunis versa denaro a nome dell’ex vice di Trump, Mike Pence». Insomma, il fedifrago Pence sostiene l’aborto usando la Kunis come scudo umano, la quale Kunis, almeno dal 2017, scrive sempre il “CorSera”, versa per suo conto regolari donazioni mensili nientemeno che alla famosa e famigerata Planned Parenthood, proprio per turlupinare in maniera grave e cosciente e maliziosa tutti, per primi i bimbi massacrati nel grembo delle proprie mamme.
Mi picco (mi si scuserà) di seguire le vicende del mondo statunitense non da oggi, e alla notizia sono caduto dalla sedia. Ho ricevuto telefonate sbalordite e screenshot sbigottiti non dalla casalinga di Voghera, ma da studiosi e autori di libri seri. Tutti abbiamo inteso la medesima, clamorosa, odiosa cosa.
Inutilmente ho cercato sul “CorSera” tracce dei legami fra Pence e la Kunis. In che rapporto staranno l’ex n. 2 del Paese più importante del mondo e la starlette di belle speranze e molta spregiudicatezza? Ci sono cose che non sappiamo, altarini, complotti? Saranno cari amici, forse teneri amanti? Lei è forse un’agente a L’Avana di lui? I conservatori pro life sono in realtà spie del nemico e killer in sonno? Sul “CorSera” niente, non c’è nulla, nulla mi conforta, e il lettore qualunque, di Voghera o di biblioteca, resta lì, come me, rinsecchito da una secca notizia di qualche parola che dice una cosa di eterna memoria come se avesse bevuto acqua fresca.
E però la storia del Pence abortista non c’è: è una bugia totale, grossolana, sciocca, che il “CorSera” mette in pagina male, malissimo, per riempire un buchetto, ma che ci vogliono cinque minuti, una connessione Internet da quattro lire e una tastiera per confutare in tempo zero. Autorevolmente. È infatti la stessa Kunis a raccontare l’inganno. Intervenendo al talk show statunitense Conan (ora non più in onda), sulla rete TBS, l’attrice ha rivelato di avere acceso lei una donazione regolare mensile alla Planned Parenthood a nome di Pence, allora vicepresidente degli Stati Uniti d’America, senza che lui ovviamente ne sapesse nulla. E che lo ha fatto per punire Pence proprio per le sue politiche a difesa della vita perseguite dallo scranno della vicepresidenza del Paese più importante del mondo (in quella veste Pence partecipò alla Marcia nazionale per la vita di Washington del 2017, prima che vi partecipasse il presidente Donald J. Trump nel 2020), e prima ancora da governatore dello Stato dell’Indiana dal 2013 al 2017 e da deputato federale dal 2001 al 2013. Ora, Pence non può farci nulla. Perché una “persona anonima” (la Kunis) ha aperto una sottoscrizione regolare in denaro a nome suo e stop. Lui riceve le notifiche, ma non può modificare la realtà. Né del resto la Planned Parenthood può modificare a valle quanto fa a monte quella “persona anonima”. Lo ha spiegato la Kunis stessa, astutissima, infingardissima: la storia è così, ma dal “CorSera” non si capisce, è scritto male, malissimo, anzi peggio, o forse chi ha scritto quella scempiaggine grossa l’Empire State Building se l’è bevuta senza però farsi domande ulteriori, senza sapere chi sia Pence, senza rete, senza niente sotto il vestito.
Una bufala totale, insomma, riportata con spolvero da tutta la stampa. Ci sono persino i video della puntata di Conan con la Kunis che si rivela. Il quotidiano britannico The Independent, per esempio, che pure guarda con favore alla Planned Parenthood, lo fa definendo Pence «ben noto per le posizioni antiabortiste», uomo che «aveva promesso di consegnare la decisiva sentenza della Corte Suprema nel caso “Roe vs Wade”, che legalizzò l’aborto in tutti i 50 Stati, alle “ceneri della storia, cui appartiene”» (cosa che è successa il 24 giugno di quest’anno, anche grazie alle nomine alla Corte Suprema effettuate dall’Amministrazione Trump).
Digitando in Google, escono decine di articoli che spiegano. Ora, sono per di più tutti vecchi, vecchissimi: inizio dicembre 2017. Perché il tiro mancino della Kunis è di allora. Una bufala totale di quasi cinque anni fa, sbugiardata in lungo e in largo, su cui però sul “CorSera” non c’è traccia.
In quegli articoli sulla rete si usa quasi sempre il verbo inglese to troll, che i nostri giovani conoscono bene nella italianizzazione «trollare» accolta persino dalla Treccani, la quale la definisce così: «Comportarsi da troll, provocando e disturbando altri utenti della rete telematica». Il riferimento è alla figura della mitologia norrena, sporca, puzzolente, stupida e malvagia, che da noi è più o meno assimilabile a un orco brutto e cattivo, e il suo uso in questo contesto indica la tracotanza e la spregevolezza dell’operazione inganno. Curioso che la Treccani citi come pezza di appoggio parole firmate proprio dell’autorevole, grande e irreprensibile Corriere della Sera: «Non c’è bisogno di essere un troll per “trollare”, cioè disturbare in maniera esasperante». Forse l’estensore di quella bêtise (per evitare altra espressione icastica) del 22 agosto di quest’anno su Pence non legge la Treccani, ma nemmeno il “CorSera” su cui scrive. Ma questo è davvero il meno.
Ciò che importa è la madornalità della fake news, che fa male, tanto male. E che nessuno riferirà al povero Pence, ignaro e innocente, e che chi non leggerà queste povere parole continuerà purtroppo a credere. Una menzogna propalata a mezzo stampa per incuria o creduloneria che denota una sciatteria intollerabile in chi l’ha messa in pagina ‒ credendoci a propria volta o per trasandatezza, non fa differenza ‒ e di chi l’ha licenziata alla pressa, un non saper fare un minimo del proprio mestiere con un poco di contezza e garbo e senso, una incapacità totale. Chissà se l’Ordine dei Giornalisti ha qualcosa da dire in proposito, per esempio, quanto al dovere delle fonti, della verifica delle stesse, del fare correttamente informazione, della smentita delle bugie, del diritto di replica.