L’accompagnamento spirituale, necessario ad ogni anima, così bene illustrato dal Papa emerito e dall’esempio stesso della Madonna, Madre della Chiesa
di Michele Brambilla
Papa Francesco introduce l’udienza del 4 gennaio, necessariamente in Aula Nervi per non intralciare il flusso continuo di persone che rende omaggio alla salma di Benedetto XVI, esortando i fedeli ad unirsi al cordoglio della Chiesa tutta. «Prima di iniziare questa catechesi», dice infatti il Santo Padre, «vorrei che ci unissimo a quanti, qui accanto, stanno rendendo omaggio a Benedetto XVI e rivolgere il mio pensiero a lui, che è stato un grande maestro di catechesi». Ripete che «il suo pensiero acuto e garbato non è stato autoreferenziale, ma ecclesiale, perché sempre ha voluto accompagnarci all’incontro con Gesù. Gesù, il Crocifisso risorto, il Vivente e il Signore, è stata la meta a cui Papa Benedetto ci ha condotto, prendendoci per mano».
«Ci aiuti a riscoprire in Cristo la gioia di credere e la speranza di vivere», dato che «con questa catechesi di oggi concludiamo il ciclo dedicato al tema del discernimento, e lo facciamo completando il discorso sugli aiuti che possono e devono sostenerlo: sostenere il processo di discernimento. Uno di questi è l’accompagnamento spirituale, importante anzitutto per la conoscenza di sé, che abbiamo visto essere una condizione indispensabile per il discernimento». L’autoreferenzialità è sempre sbagliata, meglio riflettere sul fatto che «la grazia di Dio in noi lavora sempre sulla nostra natura. Pensando a una parabola evangelica, la grazia possiamo paragonarla al buon seme e la natura al terreno (cfr Mc 4,3-9). È importante anzitutto farsi conoscere, senza timore di condividere gli aspetti più fragili, dove ci scopriamo più sensibili, deboli o timorosi di essere giudicati. Farsi conoscere, manifestare se stesso a una persona che ci accompagni nel cammino della vita». «Non che decida per noi», magari con superficialità, «no: ma che ci accompagni. Perché la fragilità è, in realtà, la nostra vera ricchezza: noi siamo ricchi in fragilità, tutti; la vera ricchezza, che dobbiamo imparare a rispettare e ad accogliere, perché, quando viene offerta a Dio, ci rende capaci di tenerezza, di misericordia e di amore» anche nei confronti degli altri, peccatori come noi. «Guai a quelle persone che non si sentono fragili: sono dure, dittatoriali». Il Bambino nel presepe e l’episodio di Zaccheo dimostrano, invece, che Gesù non ha temuto la nostra fragile carne, si è chinato su di noi e ci ha risollevati, «e l’accompagnamento spirituale, se è docile allo Spirito Santo, aiuta a smascherare equivoci anche gravi nella considerazione di noi stessi e nella relazione con il Signore. Il Vangelo presenta diversi esempi di colloqui chiarificatori e liberanti fatti da Gesù».
Il Papa insiste a dire che «colui o colei che accompagna – l’accompagnatore o l’accompagnatrice – non si sostituisce al Signore, non fa il lavoro al posto della persona accompagnata, ma cammina al suo fianco, la incoraggia a leggere ciò che si muove nel suo cuore, il luogo per eccellenza dove il Signore parla. L’accompagnatore spirituale, che noi chiamiamo direttore spirituale – non mi piace questo temine, preferisco accompagnatore spirituale, è meglio – è quello che ti dice: “Va bene, ma guarda qui, guarda qui”, ti attira l’attenzione su cose che forse passano; ti aiuta a capire meglio i segni dei tempi, la voce del Signore, la voce del tentatore, la voce delle difficoltà che non riesci a superare». Cita in proposito un proverbio africano, «“Se tu vuoi arrivare in fretta, vai da solo; se tu vuoi arrivare sicuro, vai con gli altri”», ma qui non si sta esortando all’omologazione delle opinioni. L’intento è ricordare che «questo accompagnamento può essere fruttuoso se, da una parte e dall’altra, si è fatta esperienza della figliolanza e della fratellanza spirituale. Scopriamo di essere figli di Dio nel momento in cui ci scopriamo fratelli, figli dello stesso Padre. Per questo è indispensabile essere inseriti in una comunità in cammino. Non siamo soli, siamo gente di un popolo, di una nazione, di una città che cammina, di una Chiesa, di una parrocchia, di questo gruppo … una comunità in cammino».
«La Vergine Maria è maestra di discernimento: parla poco, ascolta molto e custodisce nel cuore (cfr Lc 2,19). I tre atteggiamenti della Madonna: parlare poco, ascoltare tanto e custodire nel cuore. E le poche volte in cui parla lascia il segno», rimarca il Pontefice. Maria accompagna da sempre l’apostolato e ogni santa intuizione del popolo cristiano, essendo Madre della Chiesa. Rivolgendosi ai pellegrini di lingua tedesca, Francesco suggella l’udienza proprio con una citazione del defunto Papa bavarese: «“Chi crede non è mai solo!” Chi ha Dio come Padre ha molti fratelli e sorelle. In questi giorni sperimentiamo in modo particolare quanto questa comunità di fede sia universale e che non finisce neanche con la morte».