Un’iconografia singolare e sconosciuta raffigurava Cristo tormentato dal lavoro festivo. Di grande attualità in un’epoca dominata dalla frenesia del lavoro festivo.
di Stefano Chiappalone
È uno dei temi iconografici più sconosciuti, per la rarità delle testimonianze, e forse anche perché maggiormente in conflitto con la mentalità moderna, ma proprio per questo meritevole di particolare riflessione. Il Cristo della Domenica viene raffigurato fra il Trecento e il Cinquecento quale promemoria visivo – evidentemente già allora necessario – dell’osservanza del riposo festivo. Al di là delle singole variazioni, raffigura il Cristo sofferente, in piedi, seminudo e ferito come dopo la flagellazione, talvolta già con la croce e le piaghe (è il caso dell’affresco presente nella chiesa austriaca di San Canziano a Nötsch im Gailtal, in Carinzia). È circondato dagli strumenti della Passione (le cosiddette arma Christi), tra cui i chiodi, la corona di spine, la lancia, il titulus crucis, ma anche le tenaglie, il martello, e tutto l’occorrente con cui i carnefici sottoposero al martirio il Figlio di Dio. Ma è un martirio che proseguiva e prosegue tuttora nella storia.
Quegli strumenti di tortura si estendono a dismisura, fino a includere seghe da falegname, pale e forconi dei contadini, asce da taglialegna, aratri, eccetera. Un elenco interminabile di utensili d’uso quotidiano, a significare che anch’essi hanno contribuito a flagellare e crocifiggere Cristo quando vengono usati nel giorno dedicato al riposo e alla preghiera. Nel citato affresco carinziano, al numero spropositato di strumenti si aggiungono minuscoli personaggi in primo piano intenti al lavoro dei campi, evidentemente nel giorno del Signore che anch’essi trafiggono così facendo. Ma a lungo andare in quel Cristo c’è anche il supplizio dell’uomo che ha smarrito l’equilibrio con il lavoro.
Al di là dei lavori inderogabili (medici, forze dell’ordine) o di quelli espressamente funzionali al riposo e alla convivialità (ristorazione, intrattenimento), questi piccoli “giubilei” settimanali permettevano una “liberazione” personale e comunitaria (di qui anche il senso di un giorno di festa condiviso e non di mere 24 ore a caso), in cui doveva arrestarsi il lavoro e persino le guerre. Le numerose festività di un tempo, anche civili, sono state ulteriormente ridotte in Italia nel 1977 da una legge che si proponeva in tal modo di aumentare il Pil (e ne lasciamo agli economisti la valutazione) e ormai travolte insieme alle domeniche da un vortice che non risparmia più nessuna attività.
Rara, dimenticata, praticamente sconosciuta, l’iconografia del Cristo della Domenica andrebbe riscoperta nell’era del burnout.
Sabato, 19 novembre 2022