di Michele Brambilla
Gli ultimi due comandamenti del Decalogo biblico, il nono e il decimo (“Non desiderare la donna e le cose degli altri”), vengono, nel discorso di Papa Francesco all’Udienza generale del 21 novembre, sommati assieme poiché entrambi riguardano la sfera dei desideri e parlano delle inclinazioni umane. «Nel Vangelo», afferma il Pontefice, «lo dice esplicitamente il Signore Gesù: “Dal di dentro, infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo” (Mc 7,21-23)».
Nono e decimo comandamento sembrano ripetere che sono già state affermate nel sesto (“Non commettere atti impuri”) e nel settimo (“Non rubare”). In realtà, spiega il Papa, c’è una sfumatura in più: «Tutti i peccati nascono da un desiderio malvagio. Tutti. Lì incomincia a muoversi il cuore, e uno entra in quell’onda, e finisce in una trasgressione. Ma non una trasgressione formale, legale: in una trasgressione che ferisce sé stesso e gli altri», ovvero la concretezza della vita e delle relazionipersonali.
«Comprendiamo quindi», spiega il Santo Padre, «che tutto il percorso fatto dal Decalogo non avrebbe alcuna utilità se non arrivasse a toccare questo livello, il cuore dell’uomo. Da dove nascono tutte queste cose brutte? Il Decalogo si mostra lucido e profondo su questo aspetto: il punto di arrivo – l’ultimo comandamento – di questo viaggio è il cuore, e se questo, se il cuore non è liberato, il resto serve a poco. Questa è la sfida: liberare il cuore da tutte queste cose malvagie e brutte». Deve essere un’operazione reale, in cui davvero ci si impegna a dissodare il nostro terreno interiore. «I precetti di Dio possono ridursi ad essere solo la bella facciata di una vita che resta comunque un’esistenza da schiavi e non da figli. Spesso, dietro la maschera farisaica della correttezza asfissiante si nasconde qualcosa di brutto e non risolto».
I Comandamenti del Signore mettono a nudo l’anima e la obbligano a considerare la limitatezza degli sforzi umani. Per schiacciare davvero il male serve la Grazia, cioè lo stesso Spirito Santo. «È vano pensare di poter correggere sé stessi senza il dono dello Spirito Santo. È vano pensare di purificare il nostro cuore in uno sforzo titanico della nostra sola volontà», come si illudevano i pelagiani, che negavano il peccato originale, o i puritani inglesi del secolo XVII, che, sulla base di un’antropologia diametralmente opposta a quella iperottimista di Pelagio (360-420), tentarono di obbligare un’intera nazione ad applicare alla lettera i precetti veterotestamentari, dimenticandosi che il Dio rivelatosi in Cristo è misericordia.
«“Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli” (Mt 5,3)», ribadisce il Papa. «Sì, beati quelli che smettono di illudersi credendo di potersi salvare dalla propria debolezza senza la misericordia di Dio, che sola può guarire. Solo la misericordia di Dio guarisce il cuore. Beati coloro che riconoscono i propri desideri malvagi e con un cuore pentito e umiliato non stanno davanti a Dio e agli altri uomini come dei giusti, ma come dei peccatori», senza presumere della propria salvezza o della propria disgrazia. «Questi sono coloro che sanno avere compassione, che sanno avere misericordia degli altri, perché la sperimentano in sé stessi».