Conferenza Episcopale Portoghese, Cristianità n. 124-125 (1985)
Nota del Consiglio Permanente dell’Episcopato a proposito della revisione costituzionale, del 6-2-1981, in Lumen, anno 42, seconda serie, n. 3, marzo 1981, pp. 100-101. Traduzione dal portoghese e titolo redazionali.
Il diritto di proprietà privata è indispensabile
La Chiesa riconosce come ammissibile l’appropriazione pubblica dei beni, purché si rispettino le tre condizioni seguenti: «il trasferimento dei beni in pubblica proprietà non può essere fatto che dalla autorità competente, secondo le esigenze ed entro i limiti dei bene comune e con un equo indennizzo» (Gaudium et spes, n. 71). Riconosce anche che «spetta alla pubblica autorità di impedire che si abusi della proprietà privata contro il bene comune», e, d’altro canto, che «la proprietà privata stessa ha per sua natura anche una funzione sociale che si fonda sulla legge della comune destinazione dei beni» (ibid.), cioè, che al diritto della proprietà privata è inerente una funzione sociale, in virtù della quale i titolari di questo diritto sono moralmente impossibilitati a esercitarlo con danno per il bene comune.
Tuttavia, nessuno di questi motivi invalida il diritto di proprietà. Indubbiamente esso «non è in contrasto con quello delle varie forme delle pubbliche proprietà» (ibid.). Ma è certo che non può essere soltanto tollerato rispetto a quello, oppure considerato come precario, anzi deve essere ammesso, senza esitazioni, come indispensabile.
Indispensabile, perché «la proprietà privata o un qualche potere sui beni esterni assicurano a ciascuno una zona del tutto necessaria di autonomia personale e familiare, e devono considerarsi come un prolungamento della libertà umana. Infine, stimolando l’esercizio dei diritti e dei doveri, essi costituiscono una delle condizioni delle libertà civili» (ibid.).
Il magistero della Chiesa ha sempre insegnato la stessa dottrina, così compendiata nella Pacem in terris: «Scaturisce pure dalla natura dell’uomo il diritto di proprietà privata sui beni anche produttivi: diritto che costituisce un mezzo idoneo all’affermazione della persona umana e all’esercizio della responsabilità in tutti i campi, un elemento di consistenza e di serenità per la vita familiare e di pacifico e ordinato sviluppo nella convivenza» (n. 21).
La evidenza di queste ragioni obbliga lo Stato a non intervenire, in materia economica, in modo da rendere impossibile o da limitare ingiustamente la libertà di azione dei privati. Infatti, «la presenza dello Stato in campo economico, anche se ampia e penetrante, non va attuata per ridurre sempre più la sfera di libertà dell’iniziativa personale dei singoli cittadini, ma anzi per garantire a quella sfera la maggiore ampiezza possibile nella effettiva tutela, per tutti e per ciascuno, dei diritti essenziali della persona; fra i quali è da ritenersi il diritto che le singole persone hanno di essere e di rimanere normalmente prime responsabili del proprio mantenimento e di quello della propria famiglia; il che implica che nei sistemi economici sia consentito e facilitato il libero svolgimento delle attività produttive» (Giovanni XXIII, Enciclica Mater et magistra, n. 56).
Conferenza Episcopale Portoghese