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Il discernimento ecclesiale

22 Dicembre 2022 - Autore: Michele Brambilla

Ogni intuizione va sempre valutata alla luce della Bibbia e della tradizione della Chiesa

di Michele Brambilla

Qualcuno potrebbe considerare le catechesi dedicate al discernimento, pensa Papa Francesco all’inizio dell’udienza del 21 dicembre, un po’ complicate, ma «in realtà, è la vita ad essere complicata e, se non impariamo a leggerla, complicata com’è, rischiamo di sprecarla, portandola avanti con espedienti che finiscono per avvilirci».

«Il discernimento però non si fa da soli», ricorda il Papa. «Oggi entriamo più specificamente in merito ad alcuni aiuti che possono rendere più agevole questo esercizio del discernimento», riassumibili nell’espressione “discernimento ecclesiale”. La Chiesa, infatti, è una comunità gerarchicamente ordinata e possiede una dottrina che ha come perni la Sacra Scrittura e la tradizione ecclesiale, come stabilito una volta per tutte al concilio di Trento (1545-63).

Quindi «un primo aiuto indispensabile è il confronto con la Parola di Dio e la dottrina della Chiesa. Esse ci aiutano a leggere ciò che si muove nel cuore, imparando a riconoscere la voce di Dio e a distinguerla da altre voci, che sembrano imporsi alla nostra attenzione, ma che ci lasciano alla fine confusi. La Bibbia ci avverte che la voce di Dio risuona nella calma, nell’attenzione, nel silenzio», come accadde ad Elia in 1Re 19,11-12, quando presso l’Oreb, su cui si era rifugiato dopo aver vinto i falsi profeti di Baal, riconobbe la voce del Signore in una brezza leggera. «È un’immagine molto bella che ci fa capire come parla Dio. La voce di Dio non si impone, la voce di Dio è discreta, rispettosa, io mi permetterei di dire: la voce di Dio è umile, e proprio per questo pacificante. E solo nella pace possiamo entrare nel profondo di noi stessi e riconoscere i desideri autentici che il Signore ha messo nel nostro cuore», considerando il fatto che, «per il credente, la Parola di Dio non è semplicemente un testo da leggere, la Parola di Dio è una presenza viva, è» essa stessa «un’opera dello Spirito Santo che conforta, istruisce, dà luce, forza, ristoro e gusto di vivere». Il Pontefice cita in proposito sant’Ambrogio: «Quando leggo la Divina Scrittura, Dio torna a passeggiare nel paradiso terrestre» (Lett., 49,3).

Bisogna, infatti, avere un rapporto affettivo verso il Signore. Francesco racconta che «una volta, uno ha chiesto – non so se alla mamma o alla nonna, me l’hanno raccontato – “Ma cosa devo fare, in questo momento?” – “Ascolta Dio, Lui ti dirà cosa dovrai fare. Apri il cuore a Dio”: un bel consiglio. Ricordo una volta, in un pellegrinaggio di giovani, che si fa una volta l’anno al Santuario di Luján, a 70 km da Buenos Aires: si fa tutta la giornata per arrivare lì; io avevo l’abitudine di confessare durante la notte. Si è avvicinato un ragazzo, 22 anni circa, tutto con tatuaggi. “Dio mio – ho pensato io – cosa sarà questo?”. E m’ha detto: “Lei sa, sono venuto perché ho un problema grave e io l’ho raccontato alla mamma e la mamma mi ha detto: ‘Vai dalla Madonna, fai il pellegrinaggio, e la Madonna ti dirà’. E sono venuto. Ho avuto contatto con la Bibbia, qui, ho ascoltato la Parola di Dio e mi ha toccato il cuore e devo fare questo, questo, questo, questo, questo”».

Lungo il cammino non siamo mai soli: c’è tutta la Chiesa con noi e abbiamo, in particolare, i sette doni dello Spirito Santo. «Noi preghiamo il Padre, sì, il Padre Nostro, preghiamo Gesù, ma dimentichiamo lo Spirito! Una volta, facendo la catechesi ai bambini, ho fatto la domanda: “Chi di voi sa chi è lo Spirito Santo?”. E un bambino: “Io lo so!” – “E chi è?” – “Il paralitico”, mi ha detto! Lui aveva sentito “il Paraclito”, e pensava che fosse un paralitico. E tante volte – questo mi ha fatto pensare – per noi lo Spirito Santo è lì, come se fosse una Persona che non conta», mentre «lo Spirito Santo è quello che ti dà vita all’anima! Lasciatelo entrare. Parlate con lo Spirito così come parlate con il Padre, come parlate con il Figlio», perché è la forza che sorregge ogni giorno la Chiesa. «La Liturgia delle Ore fa iniziare i principali momenti di preghiera della giornata con questa invocazione: “O Dio vieni a salvarmi, Signore vieni presto in mio aiuto”. “Signore, aiutami!”, perché da solo non posso andare avanti, non posso amare, non posso vivere… Questa invocazione di salvezza è la richiesta insopprimibile che sgorga dal profondo del nostro essere» anche quando siamo in peccato mortale.

Infatti «lo Spirito Santo sempre è con noi. “Oh, Padre, ho fatto una cosa brutta, devo andare a confessarmi, non posso fare nulla …”. Ma, hai fatto una cosa brutta? Parla allo Spirito che è con te e digli: “Aiutami, ho fatto questo di bruttissimo”. Ma non cancellare il dialogo con lo Spirito Santo». E poi, «in questa festa di Dio che si fa bambino, pensiamo ai bambini ucraini. Quando li ho trovati qui, la maggioranza non riesce a sorridere e quando un bambino perde la capacità di sorridere, è grave. Questi bambini portano su di sé la tragedia di quella guerra che è così inumana, così dura. Pensiamo al popolo ucraino, in questo Natale: senza luce, senza riscaldamento, senza le cose principali per sopravvivere, e preghiamo il Signore perché porti loro la pace il più presto possibile».

Giovedì, 22 dicembre 2022

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