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Il disprezzo delle radici

6 Aprile 2021 - Autore: Marco Invernizzi

Va di moda il disprezzo del passato, fino alla proposta di eliminare la “storia antica” dall’insegnamento scolastico. Qualcuno reagisce ed è un bene. Ma non basta: dobbiamo imparare a ricostruire

di Marco Invernizzi

«Che cosa è successo perché si arrivasse ad accettare o addirittura spesso a promuovere, l’abbattimento delle statue di Colombo e Churchill considerandoli dei gaglioffi impresentabili? A pensare che insegnare l’opera di Omero, di Dante e di Shakespeare, o eseguire la musica di Mozart costituisse una discriminazione offensiva verso chi ha un colore della pelle diverso dal bianco?». Queste parole di Ernesto Galli della Loggia compaiono il giorno di Pasqua in un editoriale del Corriere della Sera.

Il disprezzo delle radici non è una novità. Mezzo secolo fa al liceo ho avuto un professore di italiano che non si sedeva sulla cattedra perché bisognava il rompere il concetto docente-discente su cui si fonda la civiltà cristiana occidentale, gerarchica e sacrale. L’espressione più significativa di quella civiltà era la Divina Commedia, in particolare il Paradiso, sempre per il citato docente: andava quindi messa da parte. Pochi anni dopo, all’Università (Cattolica, fra l’altro) andava di moda la de-ellenizzazione, cioè il rifiuto delle radici greche della filosofia cristiana: era un modo per sbarazzarsi di Platone, Aristotele e soprattutto san Tommaso d’Aquino, in pratica della metafisica.

Eravamo nel pieno del Sessantotto, e si sono visti i risultati di una vera e propria aggressione culturale alle radici della cultura occidentale. 50 anni dopo il danno è fatto. Ha ragione Galli della Loggia a indicare nella trasformazione della scuola uno degli aspetti più importanti di quella rivoluzione antropologica cominciata a metà del secolo scorso, quando «diritto ed economia presero a sostituire il vecchio impianto a base storico-umanistica, divenendo sempre più il cuore del percorso formativo». Il risultato, secondo l’editorialista del Corsera, è «la crassa ignoranza della storia — innanzi tutto della propria storia», ma anche quello che non si dovrebbe mai fare, giudicare il passato con le categorie del presente.

Qualcuno sta reagendo. Non solo Galli della Loggia, che comunque è un segno importante, su cui riflettere. Per esempio, sempre sul Corriere Massimo Gramellini, l’1 aprile, si chiede: «esisterà pure un luogo dell’universo che la “cancel culture” non abbia ancora contaminato». Giulio Meotti, giornalista del Foglio, ha dato notizia della reazione di diversi intellettuali francesi (Remi Brague, per esempio) contro la cancel culture che negli USA sta diffondendo l’idea che non si debba più insegnare la storia dell’antichità. Ogni reazione contro il “politicamente corretto” va sostenuta, se a sua volta non diventa un’ideologia contraria a un’ideologia mostruosa. Ma non è più sufficiente. Occorre inchinarsi su questo mondo ferito da mezzo secolo di devastazione culturale, soprattutto su chi è nato molti anni dopo il 1968 e ne ha interiorizzata la cultura. Ognuno di loro è una persona ferita e va aiutata a ricostruirsi, con verità, amore e pazienza. Certamente occorre denunciare questo suicidio culturale che domina l’Occidente, ma soprattutto serve un grande impulso ideale per una cultura che ricordi la necessità delle radici, ma sappia presentarle in modo comprensibile all’uomo ammalato del nostro tempo. Una nuova evangelizzazione insomma, soprattutto della cultura, capace di accostare gli uomini feriti del nostro tempo. Perché soltanto uomini “convertiti” potranno convertire e restituire speranza al nostro tempo in preda alla disperazione.

Martedì, 6 aprile 2021

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Info Marco Invernizzi

Marco Invernizzi nasce a Milano nel 1952. Nel 1977 si laurea in filosofia all'Università Cattolica del Sacro Cuore con una tesi su Il periodico "Fede e Ragione" nell'ambito della storia del Movimento Cattolico italiano dal 1919 al 1929, relatore il professor Luigi Prosdocimi. Dopo gli studi universitari continua ad approfondire, in modo non puramente intellettualistico - dal 1972 milita in Alleanza Cattolica, della quale è stato responsabile per la Lombardia e per il Veneto fino al 2016 -, le vicende del movimento cattolico in Italia. Ha pubblicato, fra l'altro, Il movimento cattolico in Italia dalla fondazione dell'Opera dei Congressi all'inizio della seconda guerra mondiale (1874-1939), Mimep-Docete, 1995; L'Unione Elettorale Cattolica Italiana. 1906-1919. Un modello di impegno politico unitario dei cattolici, Cristianità, 1993; I cattolici contro l’unità d’Italia? L’Opera dei Congressi (1874-1904), Piemme 2002; Il beato Contardo Ferrini. Il rigore della ricerca, il coraggio della fede (1859-1902), 2 ed. aggiornata e ampliata, Alberti, 2010; Luigi Gedda e il movimento cattolico in Italia, Sugarco 2012; San Giovanni Paolo II. Un’introduzione al suo Magistero, Sugarco, 2014; La famiglia in Italia dal divorzio al gender (con G. Cerrelli), Sugarco, 2017. Scrive regolarmente su Cristianità e su Tempi. Dal 1989 conduce a Radio Maria la trasmissione settimanale La voce del Magistero. Dal 28 maggio 2016 è Reggente nazionale di Alleanza Cattolica.
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