di Susanna Manzin
Quando si parla di Galateo si parla del rispetto delle regole di buona educazione e correttezza nei rapporti tra le persone. Sbaglia chi crede che Monsignor Giovanni della Casa (1503-1556) parli solo del comportamento a tavola. Nel complesso dell’opera a quel tema è dedicato poco spazio, perché obiettivo dell’autore è quello di dare suggerimenti su come comportarsi per essere gradevole ed ispirare simpatia al nostro prossimo in ogni ambito. La sua opera ha avuto un tale successo che oggi il termine Galateo è ampiamente usato: si parla di galateo negli uffici, di quello in treno, negli spogliatoi delle palestre, in un giardino pubblico, o nell’utilizzo dei telefoni cellulari. Insomma, questa parola è diventata un marchio vincente, che ha attraversato i secoli per identificare una specifica arte: quella della buona educazione.
Possiamo quindi apprezzare la ripubblicazione del libro di Monsignor Della Casa per iniziativa di due giornalisti, Filiberto Passananti e Matteo Minà. Il Galateo del Terzo Millennio (Guido Tommasi editore, 2017) ha il pregio di rendere facile e scorrevole la lettura del testo originale, perché è tradotto in italiano corrente. Molto azzeccata anche la scelta di intervistare dieci personaggi famosi che raccontano come applicare oggi il Galateo: ecco, per fare alcuni esempi, le regole di buona educazione nell’uso del cellulare suggerite da Renzo Arbore; il galateo dei padroni dei cani, spiegato da Luca Rossi, esperto cinofilo; il fair play nello sport, raccontato da Valentina Vezzali.
Come scrive Csaba dalla Zorza nella prefazione(che classe questa donna! Le sue trasmissioni televisive e i suoi libri sono un inno alla bellezza, allo stile e alla gioia di vivere), il libro non è assolutamente noioso e superato perché le sue regole «si riferiscono al modo che una persona ben educata deve avere nel rapportarsi agli altri senza offendere, senza prevaricare, senza porre in imbarazzo, bensì diventando una compagnia amabile, elegante».
Se qualcuno a questo punto cominciasse a sbadigliare, vengo subito al dunque, all’intuizione geniale del nostro Monsignore: la buona educazione “serve”, è utile a chi la pratica. Ammettiamolo, nessuno fa niente per niente. Sì, qualche santo c’è in circolazione, ma normalmente noi ci chiediamo sempre: «Cosa ci guadagno?». Leggiamo cosa dice l’autore già nel primo capitolo del Galateo: «Potrei farti molti nomi di persone che, pur essendo mediocri, sono apprezzate e stimate soltanto per le loro buone maniere, grazie alle quali hanno avuto aiuti tali da raggiungere altissimi livelli nella società, superando di gran lunga chi era più capace, onesto e corretto di loro. L’educazione e la gentilezza hanno il grande potere di stimolare il favore e la benevolenza delle persone nei nostri confronti. Al contrario i modi rozzi e scostumati istigano gli altri a provare ribrezzo e a privarci, giorno dopo giorno, della loro benevolenza e della accettazione della nostra persona.».
In poche parole: se sei educato e hai maniere cortesi e rispettose del tuo prossimo, ti si spalancheranno molte porte. Il segreto, dice Monsignor della Casa, è trovare quali sono le maniere che piacciono e quelle che disturbano, mettersi nei panni dell’altro, cercare di corrispondere all’esigenza del nostro prossimo. Con una parola moderna: dobbiamo praticare l’empatia.
Ma chi era Monsignor della Casa? Era toscano, intraprese la carriera ecclesiastica, divenne vescovo e Nunzio Apostolico a Venezia. Condivise le sue riflessioni sull’importanza della buona educazione con Monsignor Galeazzo Florimonte, vescovo di Sessa Aurunca, che lo incoraggiò a mettere per iscritto le sue considerazioni. Il titolo del libro è proprio un omaggio al suo caro amico.
In una società sempre più frammentata, di “coriandoli rancorosi” come dice il recente rapporto CENSIS, le buone maniere hanno vita dura. Ma, come scrivono i curatori di questo libro, «l’esercito delle persone ben educate è pronto alla riscossa e a sfoderare la spada dell’empatia per creare una società più giusta, nella quale si possa vivere meglio.»
Dimostrare comprensione e rispetto per le persone è alla base della costruzione di rapporti solidi e duraturi, e non è un caso se anche Papa Francesco insiste molto su questo tema, ricordando quelle semplici azioni che, purtroppo, sono sempre meno abituali: salutare, ringraziare, chiedere scusa, chiedere permesso. Ecco come sintetizza il concetto nell’Amoris Laetitia: «Nella famiglia è necessario usare tre parole. Vorrei ripeterlo. Tre parole: permesso, grazie, scusa. Tre parole chiave! Quando in una famiglia non si è invadenti e si chiede “permesso”, quando in una famiglia non si è egoisti e si impara a dire “grazie”, e quando in una famiglia uno si accorge che ha fatto una cosa brutta e sa chiedere “scusa”, in quella famiglia c’è pace e c’è gioia. Non siamo avari nell’utilizzare queste parole, siamo generosi nel ripeterle giorno dopo giorno, perché alcuni silenzi pesano, a volte anche in famiglia, tra marito e moglie, tra padri e figli, tra fratelli. Invece le parole adatte, dette al momento giusto, proteggono e alimentano l’amore giorno dopo giorno.»
Per concludere, consiglio vivamente la lettura di questo libro e mi piacerebbe se fosse diffuso soprattutto tra i giovani. In realtà … non solo loro hanno bisogno del Galateo!
(Ecco una delle simpatiche illustrazioni del libro, di Gianluca Biscalchin)
Tratto dal blog personale di Susanna Manzin “Pane&Focolare” del 12 luglio 2018. Foto dall’articolo