Fronte Unito Nazionale di Liberazione del Popolo Lao, Quaderni di Cristianità, anno I, n. 3, inverno 1985
Nella primavera del 1985 si è tenuta a Tokio una riunione dell’Istituto di Strategia del Sud-Est Asiatico, nel corso della quale Inpeng Suryadhay, presidente del Fronte Unito Nazionale di Liberazione del Popolo Lao, ha presentato un rapporto sulla situazione laotiana (cfr. Cristianità, anno XIII, n. 124-125, agosto-settembre 1985). Il documento è stato trasmesso alla CIRPO-Italia da S. E. Phouangphet Phanareth, già ambasciatore del Laos presso l’UNESCO e vicepresidente della CIRPO-France. La traduzione del testo ciclostilato in francese è di Massimo Granata. Il titolo è redazionale.
Il Laos nella morsa dell’imperialismo comunista vietnamita e sovietico
Secondo gli osservatori meglio informati il Laos, dopo dieci anni di regime comunista, è diventato una provincia del Vietnam, un retroterra che serve come territorio per l’insediamento di popolazione vietnamita e come colonia per lo sfruttamento delle risorse naturali. L’occupazione da parte delle forze armate vietnamite, la vietnamizzazione della sua struttura politico-amministrativa, la presenza strategica dell’unione Sovietica, sono destinate a fare di questo paese una base d’appoggio per destabilizzare la Thailandia e permettere la marcia verso occidente dell’espansionismo comunista vietnamita. Ciò costituisce una minaccia per la sicurezza e la stabilità di tutta l’Asia sud-orientale.
È ormai un fatto provato che la fondazione della Repubblica Democratica Popolare del Laos (RDPL) è stata opera del Partito Comunista Vietnamita (PCV). Il Partito Comunista Lao (PCL) è una sua creatura e gli deve tutto, educazione, organizzazione e disciplina. I suoi quadri sono stati formati in scuole speciali del PCV insieme ai compagni cambogiani, thai, malesi e filippini. Ciò mostra chiaramente la tendenza dell’internazionalismo proletario del PCV diretta alla conquista di tutta l’Asia sud-orientale. La tesi del 4° congresso del PCV, tenutosi nel dicembre del 1976, «Il Vietnam come avamposto sicuro e credibile del socialismo nell’Asia sud-orientale», è stata un modo per riaffermare e conservare la tradizione internazionalista del partito. Kaysone Phomvihane, segretario generale del PCL e primo ministro, non aveva ripetuto, a suo modo, la stessa tesi, riassumendo la situazione della sicurezza interna del paese nel marzo del 1978? «Il Laos avamposto del socialismo nell’Asia sud-orientale»: dichiarazione assolutamente sintomatica per proclamare davanti al mondo che il Laos è di fatto una parte del Vietnam. È ormai di dominio pubblico che Le Duan, segretario generale del PCV, non accetti l’attuale status quo nell’Asia sud-orientale: i paesi della regione devono sbarazzarsi «delle basi militari e delle truppe imperialiste nei loro territori».
Il Laos, una provincia incorporata nel Vietnam
È evidente che il PCV è di sua natura e dalla sua fondazione un partito impegnato, che ha anzitutto l’obiettivo di riunire l’intero territorio dell’ex Federazione dell’Indocina Francese sotto la sua autorità. L’attuale territorio del Laos è un possedimento che utilizza come una testa di ponte per la sua marcia verso occidente, oltre il Mekong. Il Trattato di Amicizia e di Collaborazione e gli accordi collegati — soprattutto l’accordo relativo alle frontiere, concluso nel luglio del 1977 tra la Repubblica Socialista del Vietnam (RSV) e la Repubblica Democratica Popolare Lao (RDPL), che hanno dato una veste formale alle «relazioni speciali» sviluppate tra i due paesi — non fanno che ratificare i «fatti compiuti» posti in essere da lungo tempo dai vietnamiti ai danni del popolo lao. Il territorio del Laos, per forza di cose, è diventato una provincia incorporata nel Vietnam. Durante la guerra, il Vietnam si serviva del territorio orientale del paese, conosciuto con il nome famoso di «piste di Ho Chi Minh», per andare a combattere nel Sud della penisola. I cippi di frontiera sono stati tolti oppure spostati, e dal 1977 le linee di frontiera praticamente non esistono più. Molti distretti laotiani sono stati incorporati nel Vietnam. Il Laos è diventato una colonia di popolamento vietnamita. Circa 400 mila nuovi coloni vietnamiti si sono ormai stabiliti nella zona orientale del paese, nelle province di Luangprabang, Xiengkhuang, Samneua, Khammouane. Savannakhet, Saravane e Attopeu. D’altro canto, vietnamiti insediati dagli anni Quaranta nelle province orientali della Thailandia sono tornati per stabilirsi, a migliaia, nelle città laotiane lungo il corso del Mekong. Questa invasione «pacifica» di vietnamiti viene a colmare il vuoto lasciato dalla partenza forzata per l’esilio di più di 300 mila lao e non vi è nessuna ragione per supporre che questa ondata di coloni vietnamiti si arresti in avvenire, poiché il Laos è la discarica che deve assorbire l’eccedenza della popolazione vietnamita. A lungo andare la popolazione laotiana diventerà una minoranza etnica nel proprio paese, sottoposta a una vietnamizzazione collettiva paragonabile a quella perpetrata contro i thai dam, del Vietnam settentrionale, che hanno perso anche la denominazione thai del loro nome. Non parliamo in questa sede del sistema disumano dei «seminari» e della vietnamizzazione della struttura amministrativa del paese, che ne è il risultato pratico, né dei quadri degli abitanti della montagna vietnamizzati e dei consiglieri vietnamiti venuti a prendere il posto dei funzionari lao inviati nell’interno, in prossimità del Vietnam, in campi di lavoro forzato. Si tratta di un metodo cosi comune nel mondo comunista che è inutile insistervi. Un altro metodo di vietnamizzazione, sia degli uomini che del territorio, veniva chiamato «relazioni tra sorelle», cioè tra le province vicine del Vietnam e del Laos, e aveva lo scopo di assicurare e di facilitare «la stretta collaborazione nell’opera di edificazione nazionale» nel quadro del programma di assistenza vietnamita. Secondo questo metodo, in laotiano Hèk Siev, le province situate lungo le frontiere virtuali svolgono una funzione di patronato reciproco così come le rispettive strutture organizzative, che si scambiano regolarmente delegazioni e raggiungono accordi di collaborazione e di assistenza, i cui principi sono stati concordati precedentemente a livelli superiori. Per quanto riguarda il partito e l’organizzazione militare, le province non sono solo «accoppiate», ma ricadono sotto la giurisdizione territoriale del partito e delle autorità militari delle province vietnamite vicine. Un segretario provinciale del PCV ha l’incarico della supervisione e della direzione del comitato provinciale del PCL della provincia laotiana vicina. Gli stati maggiori della 2° e della 4° regione militare del Vietnam hanno giurisdizione territoriale sulle sei province del Laos settentrionale e sulle province di quello centrale e meridionale.
Non occorre precisare che la vietnamizzazione della popolazione del Laos, nuova provincia incorporata nel Vietnam, passa attraverso le scuole, gli istituti e le università vietnamite. Migliaia di studenti lao sono stati mandati a completare i loro studi in Vietnam. Lo studio della lingua e della cultura vietnamite è obbligatorio. I soldati e i consiglieri vietnamiti sono stati incoraggiati a sposare ragazze lao.
Il Laos, una colonia per lo sfruttamento di risorse naturali
Il territorio laotiano è in questo modo saldato, fisicamente, a quello vietnamita attraverso linee di demarcazione virtuali e trasformato in terra da popolare. La vietnamizzazione del paese ha seguito lo stesso modello di quella dei dodici cantoni thai dam del Tonkino, nel Vietnam settentrionale. Si deve notare che i lao e i thai dam appartengono entrambi al popolo thai.
Poiché è ricco di minerali di ferro, carbone, potassio, calce viva, manganese, piombo e rame, il Laos deve fornire le materie prime alle industrie pesanti e leggere del Vietnam, che già sfrutta direttamente il gesso laotiano. Studi sulla possibilità di sfruttamento degli altri prodotti minerari sono in avanzato stadio di realizzazione grazie alla collaborazione dell’Unione Sovietica e dei paesi dell’Est europeo. L’Unione Sovietica è impegnata in importanti progetti per la valorizzazione del paese, quali lo sfruttamento delle miniere di stagno di Phontiou, nella provincia di Khammouane, la costruzione dell’oleodotto che collega il porto di Danang, in Vietnam, alla base di Séno, nella provincia di Savannakhet, e la costruzione delle rotabili n. 13, n. 9 e n. 7 per collegare il Laos al mare. La rotabile n. 7, che collega Xiengkhouang, in Laos, a Vinh, in Vietnam, e la rotabile n. 9. da Savannakhet, in Laos, a Danang, in Vietnam, sono state migliorate e ricostruite per facilitare il trasporto delle materie prime laotiane, quali i prodotti delle foreste (legname da costruzione, lacca, benzoino, legno lavorato, ecc.), i prodotti minerari (gesso, stagno concentrato, minerali di ferro), il caffè, tabacco e tè.
Il Laos sotto il protettorato del Vietnam
Il processo di vietnamizzazione del Laos attraverso la sua trasformazione in una discarica dell’espansione demografica e in una colonia per lo sfruttamento di ricchezze naturali, fa parte del piano globale di sviluppo di tutta l’Indocina. In questa nuova Federazione Indocinese il Vietnam è destinato a diventare un grande paese industriale; il Laos e la Cambogia gli servono come colonie da popolare. Il primo è il suo fornitore di materie prime e la seconda è la fonte del suo riso e di altri prodotti alimentari. Questa Federazione Indocinese ha già avuto la propria struttura politica ed economica. Esisteva già una «stretta collaborazione» tra i tre paesi comunisti indocinesi nel campo delle relazioni con l’estero, sia in seno alle riunioni della Commissione Tripartita per la Collaborazione Economica, Culturale, Scientifica e Tecnica, nella prospettiva della pianificazione economica della penisola, sia in seno alle riunioni dei partiti fratelli, nel campo della strategia regionale. Ma più grave per il Laos è il fatto che il PCV abbia preso in mano la struttura politico-amministrativa del paese. Tale controllo è un corollario dell’occupazione del territorio nazionale da parte delle forze armate vietnamite. Più avanti parleremo dell’occupazione da parte dell’esercito vietnamita, e della penetrazione dell’unione Sovietica in Laos.
La presa di potere da parte del Partito Comunista Lao (PCL), nel dicembre del 1975, crea problemi giganteschi alla rivoluzione, poiché si doveva ricostruire completamente sia la struttura politica che quella amministrativa del paese. Se dietro il PCL, il Partito Rivoluzionario del Popolo Lao, non ci fosse stato il PCV, certamente non ci sarebbe stato il 2 dicembre 1975, che ha sorpreso anche i quadri comunisti lao più zelanti. La rivoluzione sarebbe stata prevista per dieci anni dopo, nel 1985, cioè per quest’anno.
Essa è stata possibile grazie al lavoro da formiche di una unità politico-militare, emanazione del Comitato Centrale per gli Affari Occidentali del PCV, nota in codice con il nome di PC 38. Ufficialmente si tratta di una missione di consiglieri e ha sede, ironia della sorte, nello stesso complesso di edifici utilizzato, prima del 1975, dall’USAID, al km. 6, a oriente di Vientiane. Questo gruppo di costruzioni ospita anche gli uffici del primo ministro, Kaysone Phomvihane, e il quartier generale del PCL, e il fatto è molto sintomatico.
A causa delle sue responsabilità politiche globali, questa unità di comando PC 38 la pietra angolare della «rivoluzione», della quale deve garantire la sopravvivenza, il consolidamento e il trionfo. Essa definisce la politica generale della RDPL e ha la supervisione della sua realizzazione. La PC 38 amministra direttamente il paese e mette in opera la politica decisa dal PCV per il Laos, comportandosi come un proconsole romano. A questo proposito è indicativo ricordare la dichiarazione resa a Hanoi nel febbraio del 1973 da Pham Van Dong, primo ministro vietnamita, a William H. Sullivan, ambasciatore degli Stati Uniti. Il primo ministro dichiarò che «il popolo della regione tonkinese era formato da prussiani dell’Asia sud-orientale» e insistette affermando che «per la sua intelligenza, il suo vigore, la sua diligenza avrebbe dominato l’intera regione». Tale dichiarazione piena di sufficienza è da collegare con la tesi del 4° congresso del PCV che indica «il Vietnam come avamposto sicuro e credibile del socialismo nell’Asia sud-orientale». Il Tonkino, la Prussia vietnamita, è la terra di Ho Chi Minh, Le Duan, Pham Van Dong, Nguyen Van Giap; è la culla del militarismo e del comunismo vietnamita e da qui Souphanouvong ricevette l’ordine di Ho Chi Minh perché venisse a liberare il Laos.
La PC 38 è uno Stato nello Stato. Il Partito Comunista Lao (PCL) è il suo strumento e la sua appendice, le è collegato organicamente e le deve ubbidienza e lealtà. A livello centrale la PC 38 è costituita da un nucleo di alti quadri vietnamiti, di rango equivalente a quello di viceministro, affiancati al primo ministro, e da un gruppo di circa 400 consiglieri, di ogni tipo e di ogni specialità, per la supervisione e la gestione di tutte le attività del partito e dello Stato. Tutti gli atti del partito e dello Stato, tutti i decreti, i progetti e le istruzioni di ogni genere concernenti la politica interna ed estera e la sicurezza sono di competenza di questa macchina per pensare, concepire, imporre ed eseguire. Questo nocciolo duro lavora giorno e notte per ristrutturare lo Stato, per garantire l’educazione ideologica del personale politico e amministrativo, per ristrutturare le forze di difesa nazionale e di sicurezza e per migliorare la loro efficacia. Si tratta di una corsa contro il tempo per salvaguardare le conquiste della rivoluzione. Per esempio, verso la fine del 1976, una forza di polizia efficace fu sostituita ai guerriglieri, dopo un addestramento intensivo, e stanziata nelle principali città lungo il Mekong per mantenere e garantire l’ordine pubblico. Durante il 1976 furono applicati cinque principi per ristrutturare le forze armate: unificazione dell’organizzazione, standardizzazione del personale, esecuzione sistematica delle direttive politiche, standardizzazione dell’educazione e dell’addestramento politico, standardizzazione dell’apparato logistico. Questa ristrutturazione aveva come obiettivo, tra altri, l’integrazione dell’esercito lao nel sistema di comando e nella struttura logistica dell’esercito vietnamita. Alla fine del 1976, le forze armate laotiane vennero completamente riorganizzate, con una considerevole assistenza da parte del Vietnam e dell’Unione Sovietica, e messe più o meno in grado di assolvere il loro compito, cioè di contenere e di ridurre le sacche di resistenza antigovernativa.
Su scala nazionale, la PC 38 dirige una rete di 8 mila consiglieri vietnamiti. È una macchina perfetta per la direzione del partito e dello Stato. I quadri, i funzionari e i leader lao parlano e operano attraverso i loro scritti, le loro direttive e le loro istruzioni. A ogni ministero è addetto un viceministro-consigliere presso il ministro laotiano, e innumerevoli consiglieri, politici e tecnici, sono addetti presso i dipartimenti, le commissioni e i servizi e perfino presso le amministrazioni locali. Dal governo centrale a Vientiane al livello amministrativo del villaggio, il Laos è governato dai consiglieri vietnamiti. Per fare un esempio, negli affari militari, generalmente, a ogni battaglione dell’Esercito Popolare Lao (APL) sono assegnati due consiglieri, uno politico e uno militare. I due dispongono ciascuno di un personale di cinque ufficiali, tutti in servizio presso il quartier generale del battaglione. Poiché la situazione di sicurezza si veniva deteriorando, i consiglieri vietnamiti diventavano di fatto i comandanti delle unità al posto dei titolari lao. In questo modo, le forze armate vietnamite sono diventate progressivamente responsabili del mantenimento della sicurezza interna del Laos, così come della salvaguardia giorno dopo giorno dell’ordine e della legge.
A conclusione di questo capitolo, è interessante citare Uthit Pasakhom che, nel suo articolo Oltre il condominio sovietico-vietnamita, il caso del Laos, scriveva: «La PC 38 ha quindi il compito di dirigere direttamente il paese, eseguendo la politica del PCV per il Laos. Inoltre, la PC 38 è rispettata, se non temuta, dalla burocrazia lao perché si tratta di un organismo onnipresente, che agisce nell’ombra, ed è investito del potere di scegliere i quadri lao mediante una sua specifica procedura di selezione. Ordinariamente la promozione o la rimozione dei quadri laotiani si basa più sui loro sentimenti filo o anti-vietnamiti che su qualche criterio marxista-leninista. Naturalmente i laotiani che imparano la lingua e la cultura vietnamite o che hanno legami di parentela con vietnamiti sono in una posizione più vantaggiosa per migliorare la loro situazione all’interno della burocrazia laotiana».
Il Laos e l’occupazione dell’esercito vietnamita
Fino a questo punto abbiamo parlato del controllo del PCV sulla struttura politico-amministrativa della RDPL. Questo controllo di tutto l’apparato statale laotiano ha permesso di salvaguardare le conquiste della rivoluzione, ma il rovescio della medaglia di questo sistema è stato di ridurre il Laos al rango di protettorato, se non a quello di colonia del Vietnam. Ma questa dominazione è resa possibile soltanto dalla presenza dell’esercito vietnamita.
Poiché il Laos è un paese vulnerabile per la sua posizione geografica di enclave, per la sua popolazione costituita da molte etnie e per i! suo sottosviluppo economico, ha dovuto sopportare ingerenze continue nei suoi affari da parte dei vicini malintenzionati.
È il caso del Vietnam, che vuole essere la Prussia dell’Asia sud-orientale. Malgrado tutti gli accordi internazionali di cui è firmatario, non ha mai ritirato le sue truppe dal Laos e continua a servirsi del suo territorio. Il Trattato di Amicizia è in realtà un patto militare: l’art. 2 fa obbligo alle parti «di sostenersi e di assistersi reciprocamente di tutto cuore e di realizzare una stretta collaborazione diretta a rafforzare la capacità di difesa, a preservare l’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale [di ciascuno Stato] contro le mire e gli atti di sabotaggio dell’imperialismo e delle forze reazionarie straniere». Il Trattato di Amicizia e di Collaborazione venne firmato il 17 luglio 1977. Perché questa data fatidica? Non fu un caso. Tutto è stato pianificato e calcolato. Il Vietnam allora si preparava a conquistare e a occupare la Kampuchea Democratica e prevedeva il conflitto con la Czna. Oltre il Mekong il governo thailandese era in quel momento chiaramente anticomunista e sospettato di sostenere risolutamente il movimento di resistenza contro il governo di Vientiane. Nel Nord del paese, ai confini con la Cina, nelle province di Oudomsay e di Namtha, vi furono un centinaio di attacchi per annientare «i commando nemici, costituiti da spie e da lao reazionari esiliati». Ma questa fu soltanto la preparazione per annientare con grandi mezzi — artiglieria, bombardamenti, gas tossico — la Resistenza lao hmong nella regione di Phu Bia, nel Sud della provincia di Xiengkhouang, che preoccupava in quel momento il Vietnam. Il problema consisteva nel dare una parvenza di legalità a questa campagna, perché l’impiego di «grandi mezzi» era difficile da nascondere ai mass media. I massacri di questa guerra di sterminio furono terrificanti. Jane Hamilton Merritt, nel suo articolo
Guerra chimica in Laos, scrive a proposito: «Nascosto in caverne, il generale Vang Pao racconta: “L’uso di gas da parte dei comunisti, contro la popolazione hmong, è cominciato nell’agosto del 1975, a Muong Om e a Nam Fen, a sud di Phu Bia, dove vi sono stati 17 mila morti, uomini, donne e bambini. Ho saputo da un membro del PL che, dal 1975 al 1978, tra gli hmong, nella sola regione di Phu Bia, vi sono stati 50 mila morti. Nello stesso periodo, 45 mila morirono di fame e di malattie, o uccisi a fucilate mentre cercavano di fuggire in Thailandia”». Il Trattato di Amicizia permise alle forze armate vietnamite di operare direttamente la campagna di sterminio con estrema violenza e disumanità.
Dunque, le truppe vietnamite si sono stanziate nel Laos grazie alle coperture di questo trattato. A partire dal 1979, a causa della minaccia cinese al Nord, della pressione dei khmer rossi dal Sud e del deterioramento delle relazioni tra il Laos e la Thailandia — del quale la disputa relativa ai tre villaggi di frontiera, nel maggio del 1974, costituisce un effetto aggiuntivo —, il numero delle truppe vietnamite è in costante aumento. Attualmente si stima che tale numero ammonti a 70 mila uomini circa. Oltre alle unità da trasporto, di costruttori e del genio, vi sono presenti unità da combattimento per la sorveglianza delle frontiere e destinate all’annientamento dei patrioti della Resistenza, e inoltre unità di riserva strategica. Per quanto riguarda il comando, le forze volontarie e le unità mobili di stanza nelle sei province del Laos settentrionale dipendono dalla 2ª regione militare del Vietnam e quelle di stanza nelle province del Laos centrale e meridionale dalla 4ª. In questo modo, tutto il territorio laotiano è considerato come facente parte di quello vietnamita.
La missione dell’Esercito Popolare del Vietnam (APVN) in Laos è volta al sostegno e all’assistenza reciproci, per condurre a buon fine una «stretta collaborazione mirante a rafforzare la capacità di difesa». La «collaborazione difensiva» è, dunque, la finalità della missione dell’esercito vietnamita. La sua pratica applicazione consiste nel salvaguardare le frontiere laotiane contro il nemico esterno, assumendosi il compito di pattugliare in nome del Laos. Questo compito delicato ha creato numerose difficoltà, in particolare nelle relazioni tra la Thailandia e il Laos. La seconda missione dell’esercito vietnamita è quella di assistere l’Esercito Popolare Lao (APL) nel corso della sua riorganizzazione e della sua ristrutturazione, per aumentarne la capacità di difesa e per assicurarne l’integrazione nel sistema di comando e nella struttura logistica delle forze armate vietnamite. Oltre alla costruzione dei campi militari, che ospitino le sue truppe, e di reti per comunicazioni, l’esercito vietnamita è completamente responsabile dell’addestramento dell’esercito laotiano. Consiglieri vietnamiti sono assegnati a tutti i livelli di comando e di struttura logistica. I quadri politici vietnamiti mantengono ormai un controllo ideologico stretto sull’esercito laotiano. Gli ufficiali laotiani e il personale specializzato seguono corsi di formazione in scuole militari vietnamite.
Dopo l’adozione della linea politica vietnamita imposta dal Vietnam nelle sue relazioni con la Cina e con la Kampuchea, e dopo la dichiarazione, da parte di Kaysone Phomvihane, nel dicembre del 1978, di una nuova guerra di difesa nazionale «perché i reazionari di tutto il mondo accorrono volontari per costituire forze controrivoluzionarie d’avanguardia che si oppongano ai paesi socialisti», l’esercito vietnamita in Laos ha preso in mano direttamente gli affari di sicurezza interna e la difesa del territorio. I consiglieri militari hanno preso l’iniziativa di ingaggiare direttamente il combattimento contro i gruppi di resistenza, con unità combattenti vietnamite. Allo stesso modo, poiché la polizia locale era incapace di mantenere l’ordine e la pace, il governo di Vientiane ha chiesto a Hanoi di creare una nuova polizia segreta sotto la supervisione diretta dei vietnamiti, cioè del Dipartimento Generale Politico dell’Esercito Popolare del Vietnam (APVN). Il suo compito principale consiste nell’annientamento dell’opposizione e della dissidenza all’interno del partito e del governo, e nel garantire la sicurezza personale dei leader della RDPL. I rischi di insubordinazione paragonabili a quelli della Kampuchea non sarebbero tollerati.
Per concludere questo capitolo, sulla presenza delle forze armate vietnamite in Laos, ecco il quadro, a grandi linee, del loro insediamento nel paese. Alla fine del 1984 si stimava in nove divisioni il numero di truppe vietnamite. La famosa Divisione C era di stanza a Luang Namtha, vicino alla frontiera cinese. La Divisione 324 B era di stanza a Vientiane con i Reggimenti 335 e 178, che sorvegliava la rotabile n. 13. La Divisione 325 si trovava nella provincia di Saravane mentre la Divisione 968 sorvegliava le rotabili n. 13 e n. 9 nella provincia di Savannakhet. L’estremo Sud del paese era affidato alla responsabilità della Divisione 702 e dei Reggimenti 339 e 821, con il compito di contenere i khmer rossi. Il resto delle forze era distribuito lungo il Mekong.
Il Laos e la presenza strategica dell’Unione Sovietica
La presenza dell’esercito vietnamita in Laos ha portato un’altra presenza, quella del suo alleato, cioè l’Unione Sovietica. Il contributo dell’Unione Sovietica deve essere calcolato per ciascuna delle seguenti realizzazioni: la costruzione di un esercito nazionale partendo dalle unità di guerriglia; la costruzione di infrastrutture militari, quali le rotabili n. 13, n. 9 e n. 7, e di basi aeree militari; l’installazione di una serie di stazioni radar nel Nord e nell’Ovest del paese, per seguire movimenti di truppe in Thailandia e nella Cina meridionale. La comparsa nel quadro dell’Unione Sovietica ha seguito lo stesso scenario. Dopo la firma, nel febbraio del 1979, dell’Accordo di Collaborazione Economica, Culturale, Scientifica e Tecnica, l’Unione Sovietica è diventata la più grande elargitrice di aiuti alla RDPL, per un ammontare di circa 50 milioni di dollari USA annui, sotto forma di doni e di prestiti, senza contare il valore degli equipaggiamenti militari e delle infrastrutture realizzate nel campo dell’assistenza militare. Tutti questi importanti sforzi assistenziali sono destinati a fare del Laos, grazie alla sua posizione centrale nell’Asia sud-orientale, un avamposto di penetrazione sovietica in questa regione strategica. Diverse migliaia di giovani laotiani sono stati mandati in Unione Sovietica per completare i loro studi specialistici e, per contro, il numero degli specialisti sovietici è aumentato, raggiungendo la cifra di 2 mila persone nel 1984. Questi tecnici sono inseriti in ogni ambito dello sviluppo nazionale e dirigono le ricerche geologiche, i lavori di rilevamento cartografico aereo, la costruzione di fabbriche di cemento, di stazioni radio, di ponti, di cooperative agricole e di sistemi di irrigazione.
Nei prossimi cinque anni l’Unione Sovietica concederà al Laos aiuti militari per 600 milioni di dollari USA. Si tratta di una somma enorme per un paese così piccolo. A questo proposito si ricorda che Souvanna Phouma, ritornando dalla Piana delle Giare, nel 1962, svelava questa massima del generale Nguyen Van Giap: «Chiunque ha il controllo della Piana delle Giare ha la chiave della vittoria nell’Asia sud-orientale».
Probabilmente a causa di questa grande visione l’Unione Sovietica ha pensato di investire una somma tanto importante: non tanto per contenere la Cina, ma per sperimentare la teoria del domino nella marcia verso occidente del comunismo vietnamita, destabilizzando la Thailandia alfine di suscitarvi l’insurrezione rivoluzionaria per prendere il potere.
La base di Phonsavan, nella Piana delle Giare, è ormai operativa con le sue attrezzature sofisticate. Il quartier generale della macchina da guerra sovietica è installato in questa base, la cui struttura domina l’orizzonte. Le altre basi aeree si trovano a Vattai Noi, a nord di Vientiane, a Séno e a Sonkhone, nella provincia di Savannakhet. Un complesso militare con piste di atterraggio per aerei strategici è in cantiere sull’altipiano dei Bolovens, nel Sud del paese. Da un certo periodo di tempo i sovietici hanno disposto tre squadriglie di MIG 21 di stanza nella Piana delle Giare e hanno fornito all’esercito lao nuovi elicotteri Mi-6/Hook e Mi-8/Hip, nuovi aerei da trasporto Antonov, battelli per il pattugliamento fluviale e carri armati PT-76. Missili sovietici SAM-3 e SAM-7 sono in postazione intorno a Vientiane, a Thakhek e a Savannakhet. In breve, nell’ambito di questa «stretta collaborazione per aumentare la capacità di difesa» del Laos, l’Unione Sovietica ha il controllo completo sull’Aviazione Militare Lao (AFL). I piloti sovietici volano sugli aerei da combattimento russi forniti al Laos e i consiglieri militari sovietici sono circa 1600, di cui 160 addetti all’Aviazione Militare Lao.
Il Laos, avamposto per la conquista vietnamita verso occidente
Dopo questa analisi, che mostra il controllo totale del Vietnam sulle attività del partito e dello Stato nella Repubblica Democratica Popolare Lao (RDPL) e la presenza strategica dell’Unione Sovietica in questo paese, si può concludere senza possibilità di errore che il Laos non è un paese indipendente: è un protettorato, se non una colonia del Vietnam e non ha nessun potere relativamente ai suoi affari interni e internazionali. Per quanto riguarda lo sviluppo economico, il Laos è una provincia del Vietnam e dipende dall’assistenza quasi esclusiva dell’unione Sovietica e dei paesi dell’Europa orientale: è un membro osservatore privilegiato del COMECON. Per quanto riguarda la difesa nazionale è un condominio sovietico-vietnamita.
Il Vietnam e l’Unione Sovietica sono ormai molto ben trincerati nel Laos e conducono congiuntamente la politica globale dell’internazionalismo proletario nella regione. La vulnerabilità del Laos da ogni punto di vista destina questo paese a essere incluso nel Blocco Indocinese, senza che possa resistere e senza molte manovre. Kaysone Phomvihane, attivo seguace dell’internazionalismo proletario con un forte accento di irredentismo lao, non aveva alcuna esitazione ad affermare che «il Laos costituisce un avamposto del socialismo nell’Asia sud-orientale» . Tuttavia, oltre il Mekong si trova la Thailandia, un paese anticomunista al cento per cento, che ha firmato un patto militare di difesa reciproca con gli Stati Uniti. Di conseguenza la Thailandia è un nemico naturale del Vietnam, da abbattere appena possibile. Gli incidenti di frontiera, le dispute, la fluidità delle relazioni di vicinato dovute a interazioni degli avvenimenti politici e militari dei due paesi, la Thailandia e il Laos, sono sottoprodotti di numerosi fattori di incompatibilità ideologica. L’irredentismo laotiano viene insegnato nelle scuole dei quadri comunisti lao esattamente come si insegna l’internazionalismo proletario. Il Nord e il Nord-Est della Thailandia sono popolati da thai lao e noti come regioni infiltrate dal comunismo internazionale a partire dal 1930. La divisione in due fazioni, maoista e internazionalista, all’interno del Partito Comunista della Thailandia (PCT), nel 1979, ha portato alla creazione, nello stesso anno, in Laos, di un nuovo partito comunista thai, la cui direzione è indocinese in quanto comprende thai, lao e vietnamiti. Anche qui quelli che decidono sono comunisti vietnamiti, ed è molto sintomatico. Il Phak Mai, il nuovo partito, gode della benedizione del governo di Vientiane, che lo ha autorizzato a costituire sezioni lungo il corso del Mekong, a Sayaboury, Vientiane, Thakhek, Savannakhet e Paksé. Occorre seguire con attenzione lo sviluppo di questo nuovo partito, perché il Laos è diventato un avamposto dell’internazionalismo proletario. Il Phak Mai sta giocando il medesimo ruolo del Pathet Lao, senza apparente etichetta comunista, e le province nord-orientali della Thailandia sono la sua zona di attività così come lo furono, per il Pathet Lao, le province di Samneua e Phongsaly prima della caduta del regno del Laos.
La Resistenza laotiana e la questione laotiana. Conclusione
Come ognuno può capire, tutto questo fa parte di un nuovo programma del comunismo internazionale per suscitare maggiori torbidi e agitazioni interne, nella prospettiva di turbare la pace e la sicurezza nell’Asia sud-orientale. Si tratta di un’impresa internazionale; i suoi cantieri e le sue officine lavorano a rendimento pieno e a un ritmo fantastico; lo scopo è consolidare la struttura della nuova conquista, assicurare la vittoria della rivoluzione attraverso una completa e rapida vietnamizzazione del Laos. Innumerevoli ostacoli sono stati superati con la violenza, il terrore e talvolta con la persuasione e l’astuzia.
Più di 300 mila persone sono fuggite dal paese; non meno di 100 mila sono state uccise da gas tossico, bombardamenti, genocidi oppure sono morte di fame o di malattia. Il Laos ha perso un poco più di un decimo della sua popolazione e i vietnamiti hanno già rimpiazzato questa perdita con l’immigrazione di loro coloni. Ma, come si è accennato, esiste un grande numero di patrioti che rifiuta questa situazione e che si è unito alle forze di resistenza dal Nord al Sud del paese. Ciò che preoccupa le autorità è il fatto che i partigiani operino in zone degli assi stradali delle province di Vientiane, di Savannakhet e di Paksé, per non parlare delle attività di guerriglia nelle province del Nord, vicino alle frontiere cino-laotiane e nelle province dell’estremo Sud del paese. Dopo la rottura delle relazioni del Laos con la Cina e la Kampuchea Democratica la situazione della sicurezza interna e della difesa delle frontiere si è deteriorata. La firma del Trattato di Amicizia, svantaggioso, con il Vietnam, ha portato a un grande numero di malcontenti nei ranghi dei comunisti lao. A metà del 1979, da 2 mila a 3 mila fra soldati, quadri del Pathet Lao e funzionari d’alto rango hanno lasciato il paese o raggiunto i gruppi partigiani della Resistenza. La «lezione» impartita dalla Cina al Vietnam ha suscitato molta speranza tra le file della Resistenza. I combattenti per la libertà continuano a lottare, a resistere, malgrado le terribili privazioni e la mancanza di aiuto da parte dei governi, dei partiti e delle organizzazioni politiche. Ciò significa che la civiltà dai valori umani non ha ancora trovato il modo di salvarsi da sola. Il marxismo, come ideologia, è entrato in un processo di disintegrazione! È un dato di
fatto che il Laos è sottoposto alla vietnamizzazione ed è sotto il giogo del comunismo vietnamita, eppure le grida di aiuto dei suoi figli, che lottano per la libertà e per conservare l’identità laotiana, non sono riuscite ad aprirsi un varco in questo muro di incomprensione del dato di fatto. Ma, grazie al lavoro dei 300 mila nuovi residenti laotiani all’estero, attraverso leader di importanti movimenti della Resistenza, le loro voci, i loro pianti sono stati intesi dai membri delle Nazioni Unite, che hanno ricevuto le loro doglianze sotto forma di memorandum e «libro bianco». Due importanti istituzioni hanno ascoltato il caso del Laos e una ha adottato, a larga maggioranza, una risoluzione in merito. Sono la Sottocommissione per gli Affari Asiatici e del Pacifico della Commissione Affari Esteri del Congresso degli Stati Uniti e il Parlamento Europeo di Strasburgo.
Il 21 ottobre 1981, davanti alla predetta Sottocommissione, William H. Sullivan, ex ambasciatore statunitense, che giocò un ruolo operativo nel corso dei negoziati di Ginevra del 1962 e di Parigi del 1973, sul Laos e sul Vietnam, ha coraggiosamente dichiarato che: «In occasione della futura conferenza per la risoluzione della questione cambogiana, gli Stati Uniti, quali firmatari degli Accordi di Parigi, hanno l’obbligo di includere il Laos nel suo campo di attività. Dobbiamo [gli Stati Uniti] chiedere l’osservanza completa dei termini dell’articolo 20 di questo Accordo, se vogliamo essere coerenti con il nostro obiettivo più prossimo di eliminare l’occasione di uno scontro tra le superpotenze nell’Asia sud-orientale. Anche se gli Stati dell’ASEAN, che sono i promotori della riunione di una conferenza sulla Cambogia [ma che non hanno firmato gli Accordi di Parigi] non insistono sull’inclusione del Laos, noi, in quanto firmatari, abbiamo il dovere di farlo. Non si tratta soltanto di un esito di interesse strategico, o del problema di istituire Stati-cuscinetto, o di una mossa nelle relazioni costantemente mutevoli tra le potenze militari, ma si tratta di onorare la nostra firma su di un solenne accordo internazionale». Questa dichiaruzione rimane valida per qualsivoglia conferenza futura sulla sistemazione politica della questione cambogiana, perché la Conferenza Internazionale sulla Kampuchea, sotto gli auspici delle Nazioni Unite e promossa in primo luogo dalle nazioni dell’ASEAN, non ha potuto fare la sua parte, dal momento che la Repubblica Socialista del Vietnam si è rifiutata di parteciparvi. Gli Stati Uniti, come ha spiegato William Sullivan, hanno l’obbligo di includere il Laos nell’ambito di competenza di tale futura conferenza.
Chiunque può valutare la grande responsabilità degli Stati Uniti in relazione all’avvenire del Laos e della Cambogia. L’articolo 20 degli Accordi di Parigi, dei quali la Repubblica Socialista del Vietnam era una delle parti, avendo sostituito la Repubblica Democratica del Vietnam, recita: «a. Le parti partecipanti alla Conferenza di Parigi sul Vietnam devono attenersi strettamente agli Accordi di Ginevra del 1954 sulla Cambogia e agli Accordi del 1962 sul Laos, che riconoscono i diritti nazionali fondamentali dei popoli della Cambogia e del Laos, e precisamente l’indipendenza, la sovranità, l’unità
e l’integrità territoriale di questi paesi.
«Le parti devono rispettare la neutralità della Cambogia e del Laos.
«b. I paesi stranieri dovranno mettere fine a ogni attività militare in Cambogia e in Laos, ritirare completamente e astenersi dal reintrodurre in questi due paesi truppe, consiglieri militari e personale militare, armi, munizioni e materiale bellico.
«c. Gli affari interni della Cambogia e del Laos devono essere sistemati dal popolo di ciascuno di questi paesi, senza interferenze straniere.
«d. I problemi esistenti tra i paesi dell’Indocina devono essere risolti dalle parti indocinesi sulla base del rispetto reciproco dell’indipendenza, della sovranità, dell’integrità territoriale e della non ingerenza negli affari interni di ciascuna parte».
Come abbiamo dimostrato, l’attuale situazione del Laos si trova agli antipodi di quella prefigurata dagli Accordi di Parigi. La sua dominazione da parte del Vietnam è soltanto un banale fatto quotidiano. La questione laotiana non è stata dibattuta alle Nazioni Unite e non è stata inserita nell’agenda della Conferenza Internazionale sulla Kampuchea nel luglio del 1981. Da allora gli sforzi diplomatici delle nazioni dell’ASEAN per risolvere il problema cambogiano non sono pervenuti a risultati tangibili. In Cambogia la guerra continua e le sofferenze del popolo khmer sono diventate ancora più profonde.
Quanto alla questione laotiana, nessuno osa parlare a voce alta e si preferisce evitarla come fosse una fantasia. «La situazione del Laos non è stata richiamata alle Nazioni Unite». Tuttavia la questione laotiana continua a esistere. In Laos non vi sono né pace né stabilità. Il Vietnam ha violato apertamente i diritti fondamentali nazionali del popolo lao e precisamente l’unità, l’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale del Laos. Il Vietnam ha violato in modo flagrante i diritti fondamentali dell’uomo e i principi elementari del diritto internazionale. Ogni giorno i patrioti lao fuggono dal loro paese per evitare la coscrizione, cioè di servire da carne da cannone nel cosiddetto esercito «federale». Ogni giorno, alla macchia, i combattenti della libertà conducono una lotta implacabile contro l’occupante vietnamita nel silenzio e nell’oblio dei sentimenti profondi di umanità, e gli alti valori umani di pace, di fratellanza e di giustizia. Le questioni cambogiana e laotiana devono essere collegate per poter risolvere organicamente il problema della pace e della stabilità nell’Asia sud-orientale. Questo raccomandava il Parlamento Europeo nella risoluzione 739, del 14 ottobre 1982, sul Laos. Quantunque la situazione del Laos non sia stata richiamata all’ONU, il problema
laotiano continua a esistere «perché la pace nell’Asia sud-orientale è indivisibile e una sistemazione durevole della Cambogia deve necessariamente essere estesa al vicino Laos». Perciò il Parlamento Europeo invita i ministri degli Esteri dei dieci Stati membri della Comunità Europea, riuniti nel quadro della collaborazione politica, «a. a esaminare il problema del Laos, nel contesto globale del problema della pace nell’Asia sud-orientale e a chiedere senza rinvii e con forza che le truppe straniere lascino il suo territorio, che cessi ogni ingerenza straniera negli affari del Laos e che il popolo laotiano abbia, appena possibile, l’occasione di esprimersi in modo libero e democratico.
«b. a vigilare affinché ogni dibattito futuro, concernente la sistemazione del problema cambogiano, sia esteso ai problemi similari che si pongono in Laos».
Fino a oggi, tuttavia, non si è avuta notizia di nessuna azione a favore del Laos derivante dalla collaborazione politica dei dieci ministri degli Esteri della Comunità Europea. Speriamo che lo spirito e la lettera della risoluzione 739 sul Laos continuino a preoccupare i membri del Parlamento Europeo, poiché contengono i concetti di base per la ricerca della pace nell’Asia sud-orientale.
Le questioni cambogiana e laotiana devono essere trattate congiuntamente. Solo a questo prezzo la sicurezza dell’Asia sud-orientale potrà essere mantenuta in relazione ai rapporti di forza che prevalgono attualmente nella regione. Il fattore chiave del problema indocinese e, per estensione, del problema dell’Asia sud-orientale, è quello di impedire che l’Unione Sovietica accresca la sua presenza nella regione e di eliminare l’occasione per un confronto tra le superpotenze nell’area. Attualmente l’Unione Sovietica controlla la posizione strategica del Laos, del Vietnam e della Cambogia. La base navale di Camranh costituisce una minaccia per le rotte marittime dei mari del Sud e, di conseguenza, una minaccia per la sicurezza del Giappone. Il libero transito su queste rotte marittime deve essere assicurato in quanto da esso dipende la prosperità di questa grande nazione industriale. Già da qualche tempo i nuovi bombardieri sovietici di base in Vietnam minacciano le basi e i porti principali dell’Asia sud-orientale e anche dell’Australia settentrionale, comprese le basi americane che due anni or sono erano ancora fuori portata per gli attacchi aerei.
In tutto questo quadro non si ripeterà mai abbastanza che il Laos, essendo una estensione territoriale del Vietnam e un avamposto strategico del Vietnam e dell’Unione Sovietica, costituisce come il Vietnam una minaccia per la sicurezza della regione: una minaccia a causa dell’egemonismo regionale del Vietnam, una minaccia a causa del suo internazionalismo proletario, una minaccia a causa del suo assoluto disprezzo per i principi elementari del diritto internazionale.
Come reagirà la Cina a questo accerchiamento del suo fianco meridionale da parte dell’Unione Sovietica? È il punto interrogativo.
Per il popolo lao una cosa è però certa: continuerà a combattere per l’indipendenza, la pace e la neutralità del suo paese contro il colonialismo vietnamita.
Fronte Unito Nazionale
di Liberazione del Popolo Lao
Fonti
1. Prepared statement of William H. Sullivan, former U. S. Ambassador to Laos (1964-1969) before the Sub-Committee on Asian and Pacific Affairs of the Committee on Foreign Affairs, US House of Representatives, Washington 21-10-1981.
2. MARTIN STUART-FOX, National Defence and Internal Security in Laos, in Contemporary Laos, a cura di M. Stuart-Fox, University of Queensland Press, St. Lucia – Londra.
3. UTHIT PASAKHOM, Beyond A Soviet-Vietnamese Condominium, The Case of Laos, in Indochina Report, Hoog Fatt Press, Singapore gennaio-marzo 1985.