
Da Avvenire del 24/12/2021
I libanesi si apprestano, per il secondo anno consecutivo, a celebrare il Natale all’ombra di una bancarotta senza precedenti. «Per fortuna – dice Victor – avevamo già gli addobbi del presepe e dell’albero. Comprare oggi solo una pecorella o un re magio ci sarebbe costato una fortuna». «Al buffet natalizio organizzato dalla scuola in cui insegno – aggiunge sorridendo –, c’era solo popcorn e pane al cioccolato». Prima della crisi, Victor riusciva con la moglie infermiera a portare a casa duemila euro, quanto bastava per provvedere ai bisogni dei loro tre figli.
Oggi, i loro stipendi equivalgono insieme a 200 euro, che a malapena bastano per pagarsi il carburante della macchina e del generatore elettrico. Come loro, 4 libanesi su 5, ossia quelli che si sono ritrovati, nel giro di due anni, a dover vivere con un decimo del proprio stipendio. Una situazione che il segretario dell’Onu António Guterres ha verificato di persona in questi giorni a Beirut. C’è comunque chi pensa all’aspetto positivo della crisi, come Nawal, avvocato e madre di due figli. «Non siamo più alle celebrazioni materiali – dice – con il cenone al ristorante e i pregiati regali ai bambini». «Ci raccogliamo attorno alla famiglia, nell’essenza stessa del Natale ». A Beirut, con il bilancio comunale che non copre nemmeno l’attivazione dei semafori, si scorgono qua e là alcune ghirlande che lampeggiano timidamente. La penuria di elettricità – due ore al giorno quella fornita dallo Stato – ha “spento” non solo le solite decorazioni natalizie di via Hamra, ma anche il 90 per cento dei giganteschi pannelli digitali piazzati lungo la strada costiera che porta a Jounieh. In compenso, si sono moltiplicate le gare di solidarietà promosso da parrocchie, Caritas e Ong. Nel quartiere di Gemmayze, fortemente danneggiato dall’esplosione al porto del 4 agosto 2020, decine di artisti hanno sponsorizzato la raccolta di vestiti e giocattoli per i più bisognosi.
«Fino a due anni fa, le famiglie potevano permettersi un minimo di lusso per la festa», dice una delle volontarie intenta a imballare i regali donati con vecchi giornali essendo la carta regalo molto costosa. «Oggi – aggiunge Marguerite – molte contano principalmente sulle rimesse dei parenti all’estero». Molti emigrati libanesi sono attesi nelle prossime ore con regali speciali: medicinali, pasta, formaggio e dolci. Ma c’è anche un movimento in senso opposto che interessa l’aeroporto di Beirut, quello delle persone alla ricerca di nuove prospettive altrove. E già 250mila libanesi, principalmente giovani e professionisti, hanno lasciato il Paese quest’anno.