di Leonardo Gallotta
Curiosa la sorte, alla fine felice, del tondo di Carlo Bononi (1569-1632) che si ammira nella basilica di Santa Maria in Vado a Ferrara, raffigurante la Trinità che incorona la Vergine. Occorre sapere che si trovava in alto, al centro del transetto dove, sebbene scurito dal tempo, faceva bella mostra di sé. Ma, all’indomani del terremoto del 2012 che ha colpito l’Emilia centro-orientale, fu fatta una scoperta sgradevole: il tondo penzolava dal soffitto al quale rimaneva appeso grazie a un solo gancio. Se per caso, data anche la notevole altezza, fosse caduto sul pavimento, si sarebbe sicuramente sbriciolato, anche perché il tondo, rovinato da piccioni e topi, era ridotto a una sottile lamina pittorica. È stato invece recuperato con tutte le cautele del caso.
In vista della mostra recentemente conclusa a Palazzo dei Diamanti (14 ottobre 2017-7 gennaio 2018), intitolata Carlo Bononi. L’ultimo sognatore dell’Officina ferrarese, il Centro ricerche Inquinamento fisico chimico microbiologico ambienti Alta Sterilità dell’Università di Ferrara (CIAS), con la collaborazione della parrocchia dell’Annunciazione di Santa Maria in Vado, del Consorzio Futuro in ricerca, dei Musei civici di Arte Antica e della Fondazione Ferrara Arte, ha provveduto al restauro del tondo ammalorato.
Interessante è il fatto che sia il restauro pittorico sia una parte delle indagini scientifiche necessarie ad esso sono state effettuate, grazie alla disponibilità del parroco don Riccardo Petroni, in un cantiere approntato nella stessa chiesa che ospita il tondo e questo per rendere visibili al pubblico le attività in itinere. Riportata l’opera d’arte al suo antico splendore, ora essa è esposta su un grande pannello affacciantesi sulla navata centrale. Nel retro è riprodotto il tondo così come è stato inizialmente trovato e salvato.
Il tema, come è detto, è quello dell’incoronazione della Vergine da parte della Trinità. A destra e a sinistra della Vergine reggono la corona da deporre sul suo capo rispettivamente il Padre e il Figlio, mentre più sopra, in uno splendore accecante, lo Spirito Santo in forma di colomba sembra dare un sigillo di approvazione alla cerimonia. Più in alto, raffigurati solo con testa e ali, stanno gli angeli delle gerarchie più alte, mentre in basso, pronti a suonar tromba e viola per onorare l’evento, stanno tre angeli molto più carnali – quello con la tromba addirittura senz’ali – e più vicini al mondo degli uomini. Il loro sguardo è volto a terra proprio per mostrare la propria vicinanza e per indicare come anche gli uomini siano e debbano essere felici per l’incoronazione in Cielo della Vergine Maria.
Nella parte inferiore del pannello il Bononi è definito Immaginificus Commotor, colui cioè che con immagini pittoriche commuove il cuore degli uomini, ma tutta la basilica – sede di uno dei più antichi miracoli eucaristici – è uno scrigno che racchiude oltre dieci opere dell’artista a partire dalla meravigliosa abside raffigurante l’esaltazione del Santo Nome.
Bononi è l’ultimo sognatore dell’Officina ferrarese (cfr. Roberto Longhi [1890-1970], Officina ferrarese, Roma 1934) oppure il primo sperimentatore del barocco in Italia? Comunque sia, questo tondo, riportato allo splendore originario e non ancora ricollocato nella sua sede naturale, è ora visibile a pochi metri di distanza e produce un’incredibile emozione. Se poi si pensa che un pronipote del Bononi affermava che questa era l’opera che il grande Guercino (Giovanni Francesco Barbieri 1591-1666) amava di più e che lo faceva addirittura piangere di stupore, dobbiamo solo ringraziare il Cielo che, nonostante il terremoto, ci ha preservato il tondo da una perdita che sarebbe stata irreparabile.
7 aprile 2018