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Il Papa e il gender

3 Ottobre 2016 - Autore: Marco Invernizzi

Ci sono cose che rimangono nascoste nel Magistero di Papa Francesco, non si sa bene il perché. Certamente qualcuno ne ha parlato, compresi i miei migliori amici sui social. Però i suoi denigratori sono stati zitti e anche i suoi grandi estimatori, quelli che esaltandolo ne compromettono quasi sempre l’efficacia apostolica, mi sembra abbiano taciuto questa volta.

Comincio dal gender, che risulta essere un tema che il Pontefice affronta raramente. Eppure, rispondendo a un vescovo polacco, a Cracovia il Santo Padre ha centrato il problema del gender (l’attacco al principio della Creazione) e lo ha fatto con una simpatica e voluta continuità con il suo predecessore Benedetto XVI:

“Oggi ai bambini – ai bambini! – a scuola si insegna questo: che il sesso ognuno lo può scegliere. E perché insegnano questo? Perché i libri sono quelli delle persone e delle istituzioni che ti danno i soldi. Sono le colonizzazioni ideologiche, sostenute anche da Paesi molto influenti. E questo è terribile. Parlando con papa Benedetto, che sta bene e ha un pensiero chiaro, mi diceva: ‘Santità, questa è l’epoca del peccato contro Dio Creatore!’. È intelligente! Dio ha creato l’uomo e la donna; Dio ha creato il mondo così, così, così …, e noi stiamo facendo il contrario. Dio ci ha dato uno stato ‘incolto’, perché noi lo facessimo diventare cultura; e poi, con questa cultura, facciamo cose che ci riportano allo stato ‘incolto’! Quello che ha detto Papa Benedetto dobbiamo pensarlo: ‘È l’epoca del peccato contro Dio Creatore!’. E questo ci aiuterà” (incontro con i vescovi polacchi, 27 luglio 2016).

Non solo, ma il Papa ha parlato del gender rispondendo a una domanda sulla situazione dei profughi, sempre dello stesso vescovo polacco. Una cosa insolita e se ne è accorto lo stesso Pontefice, che parlava a braccio. Ma utile per smentire la tesi del Papa buonista, che vorrebbe tutti i rifugiati possibili, senza rendersi conto dei problemi che ne derivano.

Andate a leggere tutta questa lunga risposta, che comincia dalla distinzione fra chi parte dalla propria patria in cerca di un lavoro migliore e chi fugge dalla guerra o dalla fame. Sono situazioni diverse dice il Pontefice e bisognerebbe poterle risolvere a casa loro, offrendo investimenti che creino lavoro. Ma questo viene impedito dalla guerra, spesso da guerre fra tribù armate dalla stessa mano, da chi sfrutta la situazione per denaro. L’ideologia del denaro, che il Pontefice condanna, spesso, come una delle cause principali dei mali contemporanei.

Poi il Papa si chiede cosa possano fare i Paesi e risponde:

“non tutti i Paesi sono uguali; non tutti i Paesi hanno le stesse possibilità. Si, però hanno la possibilità di essere generosi! Generosi come cristiani. Non possiamo investire là, ma per quelli che vengono… Quanti e come? Non si può dare una risposta universale, perché l’accoglienza dipende dalla situazione di ogni Paese e anche dalla cultura. Ma certo si possono fare tante cose. Per esempio la preghiera: una volta alla settimana l’orazione al Santissimo Sacramento con preghiera per coloro che bussano alla porta dell’Europa e non riescono ad entrare“.

Considerazioni realistiche, sulla scia del Magistero di sempre, anche se espresse con un linguaggio parlato, da intervista, magari non preciso e spesso fraintendibile. Più avanti dirà che i migranti in molti Paesi sono stati integrati, mentre in altri si sono costituiti dei ghetti, e questo non va bene.

Spero di sbagliarmi, ma leggerete pochi commenti su queste parole. Non interessano perché non servono a chi vuole fare del Pontefice il simbolo del buonismo lassista, ma non servono neppure a chi vuole denigrarlo a prescindere.

Abbiamo aspettato 70 anni per venire a conoscenza che Pio XII non solo non era un simpatizzante di Hitler, ma voleva la morte del tiranno e guidava segretamente la resistenza antinazista, come scrive Mark Riebling nel suo libro Le spie del Vaticano. La guerra segreta di Pio XII contro Hitler, recensito da Andrea Morigi su Libero del 3 agosto. Speriamo di non dovere aspettare tanto per comprendere che Francesco vuole semplicemente trovare le strade migliori per evangelizzare un mondo andato fuori controllo. Col suo stile, certamente, che può non piacere a tutti.

Marco Invernizzi

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Info Marco Invernizzi

Marco Invernizzi nasce a Milano nel 1952. Nel 1977 si laurea in filosofia all'Università Cattolica del Sacro Cuore con una tesi su Il periodico "Fede e Ragione" nell'ambito della storia del Movimento Cattolico italiano dal 1919 al 1929, relatore il professor Luigi Prosdocimi. Dopo gli studi universitari continua ad approfondire, in modo non puramente intellettualistico - dal 1972 milita in Alleanza Cattolica, della quale è stato responsabile per la Lombardia e per il Veneto fino al 2016-, le vicende del movimento cattolico in Italia. Ha pubblicato, fra l'altro, L'Unione Elettorale Cattolica Italiana. 1906-1919. Un modello di impegno politico unitario dei cattolici(Cristianità, Piacenza 1993); La Chiesa, la politica, il potere attraverso i secoli (contributo a Processi alla Chiesa. Mistificazione e apologia, a cura di Franco Cardini, Piemme, Casale Monferrato 1994); e, con altri, I Papi del nostro secolo, parte prima Da Leone XIII a Pio XII (Italica Libri/Editoriale del Drago, Milano 1991); e Guida introduttiva alla storia della Chiesa cattolica (Mimep-Docete, Pessano [Milano]). Collabora a Cristianità e ad altre riviste e quotidiani. Dal 1989 conduce a Radio Maria la trasmissione settimanale La voce del Magistero. Nella linea di quanto già edito si pone Il movimento cattolico in Italia dalla fondazione dell'Opera dei Congressi all'inizio della seconda guerra mondiale (1874-1939), un'opera di sintesi in cui viene ripercorsa la storia del movimento cattolico, con particolare attenzione alle sue espressioni politiche, dalla Breccia di Porta Pia alla vigilia del secondo conflitto mondiale. Dal 28 maggio 2016 è Reggente Generale di Alleanza Cattolica.

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