Di Roberto Colombo da Il Foglio del 14/05/2024
Dei numerosi messaggi e moniti del Papa, documenti formali del suo magistero o discorsi di circostanza che dovrebbero nutrire la fede e la vita personale e sociale dei cattolici e contribuire alla ricerca della verità tra i non credenti, cosa arriva a destinazione?
Sino a non molti anni fa, essi erano riportati per intero sul quotidiano della Santa sede, l’Osservatore romano, che giungeva ogni mattina sulla scrivania di cardinali e vescovi e anche sul tavolo di molti parroci. Talvolta corredati da ampi commenti di teologi e prelati (i “paginoni” dell’Osservatore) che illustravano e approfondivano temi e problemi affrontati dal Santo Padre, aiutando così la comprensione e l’insegnamento dei princìpi da lui espressi sinteticamente o senza esplicitare le argomentazioni. Testi e parole del successore di Pietro erano ripresi dalle riviste diocesane, rilanciati ai preti, e citati nei fogli parrocchiali e durante le omelie e le catechesi nelle parrocchie e in associazioni e movimenti ecclesiali.
Poco o nulla resta di questo. Le scarse e asciutte copie del quotidiano vaticano sono ormai per pochi affezionati presuli e le canoniche sembrano frequentate da altre testate giornalistiche. Periodici diocesani e bollettini parrocchiali cartacei stanno scomparendo per fare spazio a edizioni elettroniche che si occupano di tutto e di più, riprendendo – talvolta di seconda mano – qualche frase del Papa, ardua da comprendere correttamente fuori dal testo e dal contesto in cui è inserita.
Il veicolo delle parole di Francesco sono ormai i comunicatori di massa e gli opinion maker: a mezzo stampa, radiotelevisione e web. I suoi interventi giungono al clero e ai laici attraverso i titoli delle colonne dei quotidiani cartacei e online, già tagliati e confezionate su misura, ad effetto immediato, politicamente correttissime per non perdere nessun lettore. Mainstream is mainstream è l’imperativo per restare sempre a galla nel mare della comunicazione. I messaggi del Papa ci raggiungono direttamente sullo smartphone e sul computer, attraverso i flash delle news che scorrono tutte uguali (copia e incolla?), selezionate a supporto o conforto delle opinioni di tendenza della cultura dominante.
Così, non di rado, accade di sentire sacerdoti, catechisti, insegnati di religione, consiglieri pastorali, leader di gruppi cattolici, o anche semplici fedeli sul sagrato della chiesa o seduti al bar dell’oratorio, esclamare: “Lo ha detto anche il Papa”. Riportando a braccio un’espressione ascoltata o letta chissà dove, scelta a supporto della propria affermazione, oppure per contraddire quella di chi li ascolta. Quando, dove, in che testo e contesto è stata scritta o pronunciata, poco o nulla importa.
Questo uso per aforismi (selezionatissimi) delle parole di Francesco ha come celebri emblemi “Chi sono io per giudicare?”, “Accogliere tutti, tutti, tutti”, e “Non esiste un Dio cattolico”. Restano invece dimenticati sul portale web della Santa Sede altri scritti e parole del Papa non altrettanto spendibili al supermarket della comunicazione, se non addirittura considerati offensivi per la sensibilità pubblica.
E’ il caso del recente intervento agli Stati generali della natalità, dove Francesco ha sottolineato che “in questo momento gli investimenti che danno più reddito sono la fabbrica di armi e gli anticoncettivi: uno distrugge la vita, l’altro impedisce la vita. E questi sono gli investimenti che danno più reddito, è brutto”. Il parallelismo con gli armamenti e le guerre è un richiamo forte al legame che unisce la “mentalità contraccettiva” (espressione di san Giovanni Paolo II) alla denatalità, ma anche all’enorme business che sta dietro alla propaganda e distribuzione della contraccezione da parte dell’Oms e altre organizzazioni internazionali.
E che dire del paragone tagliente tra aborto e omicidio per procura? “E’ giusto ‘fare fuori’ una vita umana per risolvere un problema? E’ giusto affittare un sicario per risolvere un problema? Non si può, non è giusto ‘fare fuori’ un essere umano, benché piccolo, per risolvere un problema. E’ come affittare un sicario per risolvere un problema” (2018). “L’aborto non è un ‘male minore’. E’ un crimine. E’ fare fuori uno per salvare un altro. E’ quello che fa la mafia” (2016).
Ripetuta è anche la denuncia della devastante pervasività delle idee genderiste sulla sessualità insegnate ai giovani. “Quello sbaglio della mente umana che è la teoria del gender, che crea tanta confusione” (2015). Una “brutta ideologia del nostro tempo, che cancella le differenze e rende tutto uguale” (2024). Netto è “il mio rifiuto per ogni tipo di sperimentazione educativa con i bambini. Con i bambini e i giovani non si può sperimentare. Non sono cavie da laboratorio!” (2014).
Si potrebbe continuare con altri interventi di Francesco che mettono in guardia contro il suicidio assistito e l’eutanasia, lo “scarto delle vite” giudicate inutili e l’eugenetica, e quelli a sostegno della castità e della sacralità del matrimonio. Per gli amanti della (presunta) distinzione magisteriale tra testo preparato e letto dal Papa ed espressioni da lui pronunciate a braccio, serve ricordare che quelle sopra citate e molte altre dimenticate dai mass media appartengono alle seconde, non alle prime. Sono una ipsissima vox pontifici, uscite ex sancti Patris corde, non dalla penna di chi ha preparato per Francesco la bozza del discorso. Questioni scomode, eppure rilanciate proprio dal Papa.