Di Michele Brambilla
Del lungo viaggio apostolico di Papa Francesco in Thailandia e in Giappone (19-26 novembre), la parte che il Santo Padre vive con maggiore intensità emotiva è senza dubbio il soggiorno giapponese, carico di memorie che riguardano la sua biografia personale e la storia della Compagnia di Gesù. Come infatti rammenta il Pontefice ai vescovi giapponesi il 23 novembre, «si compiono 470 anni dall’arrivo di San Francesco Saverio in Giappone, che segnò l’inizio della diffusione del Cristianesimo in questa terra».
L’impresa di san Francesco Saverio (1506-52), che approdò in Giappone nel 1549, affascinò anche un giovane chierico gesuita di nome Jorge Mario Bergoglio: «non so se lo sapete, ma fin da giovane ho provato simpatia e affetto per queste terre. Sono passati molti anni da quell’impulso missionario, la cui realizzazione si è fatta attendere. Oggi il Signore mi offre l’opportunità di essere tra voi come pellegrino missionario sulle orme di grandi testimoni della fede». Il Papa non vuole infatti dimenticare neppure il gesuita martire san Paolo Miki (1564-97) e i suoi compagni, di cui domenica 24 novembre visita il santuario a Nagasaki prima di celebrare, nello stadio della medesima città, la Messa della solennità di Cristo Re.
Prendendo spunto dalle parole del “buon ladrone” («Gesù, ricordati di me quando sarai nel tuo regno», Lc 23, 42), Francesco esorta nell’omelia: «[…] uniamo le nostre voci a quella del malfattore che, crocifisso con Gesù, lo riconobbe e lo proclamò re. Lì, nel momento meno trionfante e glorioso, in mezzo alle grida di scherno e di umiliazione, quel delinquente è stato capace di alzare la voce e fare la sua professione di fede». È un gesto possibile a tutti. «Conosciamo bene la storia dei nostri fallimenti, peccati e limiti, come il buon ladrone, ma non vogliamo che sia questo a determinare o definire il nostro presente e futuro» perché conosciamo altrettanto bene la solidità di Cristo, «salvezza e certezza che hanno testimoniato coraggiosamente con la vita san Paolo Miki e i suoi compagni, come pure le migliaia di martiri che segnano la vostra eredità spirituale».
I santi, assicura il Papa, non sono un ricordo del passato: «la nostra fede è nel Dio dei viventi. Cristo è vivo e agisce in mezzo a noi, guidandoci tutti alla pienezza della vita. È vivo e ci vuole vivi», ovvero apostoli instancabili del Suo Regno. «Quel giorno, sul Calvario, molte voci tacevano», ricorda Francesco, «tante altre deridevano; solo quella del ladrone seppe alzarsi e difendere l’innocente sofferente: una coraggiosa professione di fede. Spetta ad ognuno di noi la decisione di tacere, di deridere o di profetizzare», che significa etimologicamente “parlare a nome di Dio”.
Segue un accenno al tragico 9 agosto 1945, ovvero al bombardamento atomico di Nagasaki. Il Papa torna a parlare di una «[…] terza guerra mondiale a pezzi» che si starebbe svolgendo nel secolo XXI, e dice: «alziamo qui le nostre voci, in una preghiera comune per tutti coloro che oggi stanno patendo nella loro carne questo peccato che grida in cielo, e perché siano sempre di più quelli che, come il buon ladrone, sono capaci di non tacere né deridere, ma di profetizzare con la propria voce un regno di verità e di giustizia, di santità e di grazia, di amore e di pace».
Lunedì, 25 novembre 2019