Di Vladimir Rozanskij da AsiaNews del 14/12/2022
Hanno fatto scalpore in Russia e in tutto il mondo le parole pronunciate dal patriarca ecumenico Bartolomeo (Archontonis) in un discorso di ampio respiro. Per la prima volta dopo quasi un anno di guerra russa in Ucraina, egli ha dato una sua autorevole lettura della storia della Russia e delle sue pretese universali, che chiamano direttamente in causa proprio i rapporti con la Chiesa madre di Costantinopoli.
Parlando il 9 dicembre dei cambiamenti in atto nel mondo intero, e del ruolo della religione in questo contesto, Bartolomeo ha messo al centro della sua attenzione il ruolo che Mosca sta cercando di assumere. Dando tutta la giusta considerazione allo specifico sviluppo del cristianesimo in Russia, il patriarca della “seconda Roma” contesta al suo collega della “terza Roma” Kirill di perpetuare un equivoco che dura da più di due secoli, da lui identificato con l’ideologia storica del “panslavismo”.
La rilettura della storia è proprio la motivazione che spinge Kirill ad appoggiare l’aggressione militare all’Ucraina decisa da Putin, e Bartolomeo la collega al ruolo dell’impero russo nel conflitto storico con l’impero ottomano, a cui intendeva strappare tutti i popoli balcanici di origine slava. Questo, secondo Bartolomeo, ha condotto gli slavi a distaccarsi sempre più dall’unità dell’Ortodossia originaria.
Il panslavismo nacque in contrapposizione al pangermanesimo, come ricorda il patriarca ecumenico, quando la contrapposizione agli Asburgo nella seconda metà del XIX secolo diede inizio alla deriva nazionalista più estrema, che con il crollo degli imperi europei condusse infine alle guerre mondiali e all’instaurazione dei totalitarismi del XX secolo. Bartolomeo chiama questa linea ideologica “etnotribalismo”, rafforzando la tradizionale accusa di “filetismo etnico”, l’eresia nazionalista che intende imporre la prevalenza nazionale nella stessa ecclesiologia ortodossa, negando l’universalismo apostolico originario.
La convinzione della propria superiorità sulle altre etnie e le altre Chiese è il peccato che viene contestato ai russi, e in questo il patriarca accoglie le contestazioni di molti teologi ortodossi nel mondo, che da mesi accusano Mosca addirittura di eresia. A suo parere, questa posizione “insiste per il distacco dei credenti di etnia slava dalla loro Chiesa madre, per affermare la primazia di Mosca come Terza Roma”, e il giogo sovietico non ha fatto altro che condurre il patriarcato moscovita a essere sempre più sottomesso allo Stato, fino alla “strumentalizzazione della religione” per ragioni politiche e ideologiche.
Bartolomeo riflette sulla nuova centralità del fattore religioso a livello mondiale: “le ideologie si indeboliscono una dietro l’altra; la fine del comunismo ha lasciato un enorme vuoto in una parte molto ampia del mondo che vi faceva riferimento, e anche in tanti popoli che riversavano in esso le proprie speranze”. La crisi del liberalismo e della globalizzazione hanno generato profonde delusioni e terribili offese, e mentre si assiste alla rovina del materialismo, ci si chiede quale spiritualità può tornare a fare da punto di orientamento.
Per il patriarca “questo può essere fonte di gravi pericoli, se la spiritualità non viene ricollegata alle sue autentiche fonti e alla sapienza delle tradizioni religiose, eredi delle grandi civiltà del passato”.
È evidente che Costantinopoli è schierata con l’Occidente e le sue grandi risorse economiche, mentre Mosca si erge a contestatrice di questa egemonia, ma ora è in gioco non solo l’equilibrio delle potenze mondiali, ma anche la riorganizzazione delle tradizioni millenarie della Chiesa. Il confronto tra greci e russi chiama in causa anche Roma, che nella storia ha tanto praticato la politicizzazione della fede, e ora dovrebbe aiutare le Chiese sorelle a liberarsi di questi pesi, come suggerisce Bartolomeo I.