
L’autore, russo profugo in Francia a causa della rivoluzione del 1917, scrive un romanzo particolare. Mentre ha ancora negli occhi la vendetta dei bolscevichi vincitori contro i resti dei “bianchi”, privo della atmosfera culturale e religiosa della patria lontana, ricorda e descrive un pellegrinaggio fatto da bambino da Mosca a Sergiev Posad. Settanta chilometri a piedi con digiuno e preghiera per penitenza e devozione. Il luogo dove sorge la fortezza monastero è uno dei santuari della identità civile e religiosa della Russia ortodossa.
Fondato da san Sergio nel secolo XIV nel folto della foresta, imitando la solitudine del deserto, fu il centro del movimento di cristianizzazione di tutte le terre del nord. Da qui partirono due monaci per portare all’esercito russo, che marciava contro i Tatari invasori, la benedizione e l’incoraggiamento del santo. Sempre da qui, dopo la gloriosa vittoria del principe Donskoj nella pianura di Kulikovo nel 1389, iniziò il risveglio delle forze morali e spirituali nella società russa ed ebbe una ripercussione particolarmente profonda su tutto lo sviluppo del monachesimo russo. Qui venne dipinta da Rublev l’icona della Trinità, che adornava la chiesa che custodisce le reliquie del santo.
Le sacre immagini di Rublev furono sentite da Tarkovskij nel film Rublev come espressione della energia spirituale e della creatività del popolo russo. La capacità narrativa di Smelev, già riconosciuta negli ambienti letterari russi prima della rivoluzione, sente il bisogno di rileggere il pellegrinaggio compiuto in compagnia di alcuni artigiani e operai della attività paterna. Alla memoria di questo prestigioso monastero Smelev si affida per mantenere viva la sua energia spirituale, provata dai dolorosi avvenimenti della vita, e la sua ispirazione poetica. Descrivendo questo pellegrinaggio, Smelov si sente rifiorire e ritrova sensazioni simili a quelle del Foscolo quando visitò Santa Croce a Firenze. Ne risulta una descrizione attenta e vivace della Mosca di allora, degli ambienti rurali, dei boschi e della vegetazione, allora molto più rigogliosa, che circondava la grande città. Minuziose sono le descrizioni del monastero gremito dai pellegrini.
Una attenzione particolare è dedicata alla chiesa della Trinità dove sono custodite le reliquie di san Sergio. Su questo sfondo si muovono gli abitanti dei villaggi e i gruppi di pellegrini che continuamente si recano a venerare il grande santo. Smelev si sofferma con affettuoso ricordo sui compagni di viaggio che in modi diversi esprimono della vitalità della Russia contadina e artigianale, ne traccia il profilo e racconta le loro fragilità e i loro desideri.
Essi si sentono educati dalla spiritualità della Santa Russia alla fonte della quale vogliono attingere nuove energie e ottenere il perdono della loro umana fragilità. Il traduttore cerca di mantenere, anche con copiose note puntuali, l’atmosfera che il lessico originale ha voluto produrre.
Questo romanzo autobiografico fa entrare in contatto con la coscienza religiosa russa presentata attraverso la semplicità e l’immediatezza di una esperienza vissuta e custodita come espressione della propria identità culturale e religiosa. E’ un modo semplice ed immediato di presentare l’ortodossia russa, ma è più efficace di un trattato teologico. Tutti hanno visto le icone, preziosi oggetti di antiquariato, molti hanno visto le chiese con le luminose cupole dorate, qualcuno forse ha partecipato alle cerimonie religiose ricche di luci e di colori. Dietro a tutto questo c’è una vita fatta di gesti, di canti e di immagini che fanno memoria di eventi salvifici. A quasi un secolo di distanza questo romanzo è diventato un invito a una esperienza religiosa che offre alla cristianità occidentale il suo profumo e la sua luminosità.
Categoria: Romanzo
Autore: Ivan Smelev
A cura di: Sergio Rapetti
Pagine: 248 pp
Prezzo: € 18,00
Anno: 2024
Editore: Rubbettino
Città: Catanzaro
EAN: 9788849882100