« Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo. In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro » (Mt 18,15-20).
Correggere il prossimo non è facoltativo: è un dovere di carità. Che cosa c’è di più prezioso della verità? Se tu constati che il tuo fratello non cammina nella verità, è povero di questo bene inestimabile, come puoi disinteressarti di lui? Ma è tanto difficile! È vero, ma dove sta scritto che amare il prossimo è facile? Io mi sentirei addirittura di dire… che è impossibile! Per le nostre sole forze umane ovviamente. Ci vuole la preghiera. A volte tanta preghiera. Distinguiamo bene la correzione fraterna da quello che gli assomiglia ma non lo è. Non è sufficiente dire: « gliel’ ho detto, ora si arrangi ». Questo non è un atto di amore, è uno schiaffo in faccia! Ma gli ho detto la verità! Sì, ma una verità senza amore è una menzogna. Il Signore ci ha detto di non giudicare… Dire a uno che sbaglia, non è giudicarlo? No! È esattamente il contrario: quando diciamo la verità ci sottoponiamo anche noi al giudizio di questa verità: la correzione autentica deve essere fatta con umiltà. A volte la reazione può essere di questo tipo: “Tu la verità ce l’hai in tasca!”. Al che possiamo umilmente rispondere: “No fratello, non ce l’ho in tasca, ma – non per mio merito – mi sono ritrovato in tasca alla Verità e ci sto così bene che vorrei tanto che ci venissi anche tu”. Per fare bene la correzione fraterna dobbiamo sperimentarla anche noi, facendo tutti i giorni l’esame di coscienza, che è una preghiera, quindi un colloquio con il Signore Gesù dal quale ci lasciamo giudicare. La coscienza è quella luce interiore che ci permette di vedere la Verità… La preghiera ci illumina, per cui « alla tua luce vediamo la luce » (Sal 36,10). La preghiera per essere autentica deve essere umile; dobbiamo dire e pensare: “Signore preferisco essere condannato dalla tua verità che essere giustificato dalla mia menzogna”. Per fare bene la correzione fraterna dobbiamo essere disposti a subirla noi ed allenarci tutti i giorni per questo. Dobbiamo stare attenti che nell’altro non vogliamo in definitiva bene solo a noi stessi. Allora pensiamo e diciamo: “Non ne posso più, o cambi o non ti voglio più vedere”. Questa non è correzione fraterna, ma « macellazione fraterna » (don Oreste Benzi). La correzione fraterna poi non ha niente a che vedere con la chiacchiera, con cui ci si compiace – direi “si gode” – di parlar male degli altri. Se diciamo cose false o anche solo non sicure è calunnia, se diciamo cose vere è maldicenza. « Il maldicente [ὁ ψιθυρίζων] danneggia se stesso e sarà detestato dal suo vicinato » (Sir 21,28); « Per mancanza di legna il fuoco si spegne; se non c’è il mormoratore [ נִרְגָּן participio niphal di רָגַן: ‘mormorare, calunniare’], il litigio si calma. Mantice per il carbone e legna per il fuoco, tale è l’attaccabrighe per attizzare le liti. Le parole del mormoratore sono come ghiotti bocconi, che scendono fin nell’intimo. Come patina d’argento su un coccio di creta sono le labbra lusinghiere con un cuore maligno. Chi odia si maschera con le labbra, ma nel suo intimo cova inganni; anche se usa espressioni melliflue, non credergli, perché nel cuore egli ha sette obbrobri. Chi odia si nasconde con astuzia, ma la sua malizia apparirà pubblicamente. Chi scava una fossa vi cadrà dentro e chi rotola una pietra, gli ricadrà addosso. Una lingua bugiarda fa molti danni, una bocca adulatrice produce rovina » (Pr 26,20-28). La correzione fraterna è un atto di amore con cui ci si carica l’altro sulle spalle… nonostante il suo peso e i calci che ci rifila.