« Allora si avvicinò a lui uno degli scribi che li aveva uditi discutere e, visto come aveva ben risposto a loro, gli domandò: “Qual è il primo di tutti i comandamenti?”. Gesù rispose: “Il primo è: Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. Il secondo è questo: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Non c’è altro comandamento più grande di questi”. Lo scriba gli disse: “Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici”. Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: “Non sei lontano dal regno di Dio”. E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo » (Mc 12,28-34)
Questo colloquio è veramente diverso dagli altri. Qui lo scriba non interroga Gesù per metterlo in difficoltà, ma con il sincero intento di cercare la verità. La Legge è un’insieme di norme numerose e differenti. Secondo una classificazione più tardiva, ammonta a 613 precetti, suddivisi in 248 positivi e 365 negativi. Come mettere ordine in questa complessità? Come trovare un principio riassuntivo che permetta, concretamente, di osservarli tutti, come – per così dire – dall’interno? Gesù richiama il testo fondamentale dello “Shemà”: « Ascolta [שְׁמַע – shema‘], Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore. Li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte » (Dt 6,4-9). Lo Shemà era e rimane la preghiera e confessione di fede principale degli ebrei. Nella sua forma completa comprende tre passaggi biblici: Dt 6,4-9; 11,13-21; Nm 15,37-41. In fedeltà a Dt 6,7 l’ebreo devoto lo recita tutte le sere e tutte le mattine. Ogni casa ebrea ha di norma una “mezuzah”, una scatoletta contenente lo shemà scritto su pergemena affissa sullo stipite della porta (Dt 6,9). Gesù poi cita il testo tratto da Lv 19,18: « amerai il tuo prossimo come te stesso ». Che si sappia, Gesù è il primo ad aver combinato insieme in modo esplicito i due passi. Essi sono comunque soggiacenti ai comandamenti delle due tavole della legge: i primi tre riguardano infatti l’amore di Dio, mentre gli altri sette l’amore del prossimo. È vero che nel suo significato originale “prossimo” indicava solo un’altro membro del popolo di Israele, ma Gesù ha buon gioco nel considerare che il Dio di Israele è colui che ha creato il cielo e la terra e dunque è Dio di tutti i popoli. Lo scriba era rimasto ammirato dall’accuratezza biblica delle risposte di Gesù. Si era accorto che, anche nelle discussioni “talmudiche” a cui era stato maliziosamente sottoposto, Gesù aveva sempre dimostrato, con precisione e accuratezza, di aver ragione. Anche questa volta non rimane deluso e lo manifesta chiaramente. La risposta di Gesù è decisamente incoraggiante: « Non sei lontano dal regno di Dio ». Insinua però che c’è ancora un passo da fare: accogliere il Regno nel suo cuore. Come? Credendo che Gesù è il Figlio di Dio, il Regno in persona, e affidando a Lui tutta la sua vita: cuore, anima, mente. Amandolo con tutta la sua forza. Perché questo amore non è un istinto e richiede da parte nostra un libero e consapevole sforzo. Per questo nessuno ha più il coraggio di interrogarlo, perché non c’è più nulla da sapere, rimane solo lo spazio per una decisione. O per lui, o contro di lui.