« Partì di là e venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: “Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?”. Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: “Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua”. E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità. Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando » (Mc 6,1-6).
Tornato a Nazaret Gesù è rifiutato. I suoi compaesani credevano di conoscerlo già. Per loro era un uomo qualunque, di professione carpentiere, di cui conoscevano con precisione tutto il parentado e di cui – soprattutto – erano convinti di conoscere l’origine. La vita nascosta di Gesù si era svolta nella normalità più completa. « Durante la maggior parte della sua vita, Gesù ha condiviso la condizione della stragrande maggioranza degli uomini: un’esistenza quotidiana senza apparente grandezza, vita di lavoro manuale, vita religiosa giudaica sottomessa alla Legge di Dio, [cfr. Gal 4,4] vita nella comunità. Riguardo a tutto questo periodo ci è rivelato che Gesù era “sottomesso” ai suoi genitori e che “cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini” (Lc 2,51-52).
Nella sottomissione di Gesù a sua madre e al suo padre legale si realizza l’osservanza perfetta del quarto comandamento. Tale sottomissione è l’immagine nel tempo della obbedienza filiale al suo Padre celeste. La quotidiana sottomissione di Gesù a Giuseppe e a Maria annunziava e anticipava la sottomissione del Giovedì Santo: “Non […] la mia volontà… ” (Lc 22,42). L’obbedienza di Cristo nel quotidiano della vita nascosta inaugurava già l’opera di restaurazione di ciò che la disobbedienza di Adamo aveva distrutto [cfr. Rm 5,19]. La vita nascosta di Nazaret permette ad ogni uomo di essere in comunione con Gesù nelle vie più ordinarie della vita quotidiana: “Nazaret è la scuola dove si è iniziati a comprendere la vita di Gesù, cioè la scuola del Vangelo […].
In primo luogo essa ci insegna il silenzio. Oh! se rinascesse in noi la stima del silenzio, atmosfera ammirabile e indispensabile dello spirito […]. Essa ci insegna il modo di vivere in famiglia. Nazaret ci ricordi cos’è la famiglia, cos’è la comunione di amore, la sua bellezza austera e semplice, il suo carattere sacro e inviolabile […]. Infine impariamo una lezione di lavoro. Oh! dimora di Nazaret, casa del “Figlio del falegname”! Qui soprattutto desideriamo comprendere e celebrare la legge, severa certo, ma redentrice della fatica umana […]. Infine vogliamo salutare gli operai di tutto il mondo e mostrar loro il grande modello, il loro divino fratello [Paolo VI, discorso del 5 gennaio 1964 a Nazaret, cfr. Liturgia delle Ore, I, Ufficio delle Letture della festa della Santa Famiglia]. Il ritrovamento di Gesù nel Tempio [cfr. Lc 2,41-52 ] è il solo avvenimento che rompe il silenzio dei Vangeli sugli anni nascosti di Gesù. Gesù vi lascia intravvedere il mistero della sua totale consacrazione a una missione che deriva dalla sua filiazione divina: “Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” (Lc 2,49). Maria e Giuseppe “non compresero” queste parole, ma le accolsero nella fede, e Maria “serbava tutte queste cose nel suo cuore” (Lc 2,51) nel corso degli anni in cui Gesù rimase nascosto nel silenzio di una vita ordinaria » (Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 531-534). Gesù è la Verità suprema. Gesù era “sottomesso”.
Abbiamo per l’autorità che lo rappresenta la stessa sottomissione? O preferiamo metterci alla scuola di Satana, il primo disobbediente della storia del mondo? Obbedire vuol dire prima di tutto rispettare, non solo a parole (ipocritamente) ma nei fatti e nel cuore.
Il Santo del giorno: San Paolo Miki e compagni, martiri