« Noi però abbiamo questo tesoro in vasi di creta, affinché appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi. In tutto, infatti, siamo tribolati, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo. Sempre infatti, noi che siamo vivi, veniamo consegnati alla morte a causa di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nella nostra carne mortale. Cosicché in noi agisce la morte, in voi la vita. Animati tuttavia da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: Ho creduto, perciò ho parlato, anche noi crediamo e perciò parliamo, convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui insieme con voi. Tutto infatti è per voi, perché la grazia, accresciuta a opera di molti, faccia abbondare l’inno di ringraziamento, per la gloria di Dio » (2Cor 4,7-15).
La vita del cristiano è un paradosso che unisce insieme in modo molto stretto potenza e debolezza. In noi, in quanto battezzati e quindi figli di Dio, risiede una potenza straordinaria, letteralmente inconcepibile. Siamo infatti «partecipi della natura divina» (2Pt 1,4), veramente deificati. Questa potenza risiede però in un corpo fragilissimo, reso debole dalle conseguenze del peccato.
Un corpo che ha fame, sete, subisce tentazioni di ogni tipo. Quando diciamo “corpo” pensiamo anche alla nostra psicologia: nella nostra mente ci sono tanti pensieri: quelli proprio nostri e quelli che vengono dal di fuori. Quelli suggeriti dallo spirito buono e quelli insinuati dallo spirito cattivo. «I ragionamenti dei mortali sono timidi e incerte le nostre riflessioni, perché un corpo corruttibile appesantisce l’anima e la tenda d’argilla opprime una mente piena di preoccupazioni» (Sap 9,14-15). Un vecchio direttore spirituale diceva scherzosamente: l’uomo è composto di anima e… porco.
Non dobbiamo avere paura, perché il Verbo eterno di Dio ha assunto la natura umana con tutta la sua debolezza, non ha assunto il peccato, ma il corpo di peccato sì. Se accettiamo di far tutt’uno con lui, anche noi vinciamo la debolezza, anzi, proprio attraverso la debolezza diffondiamo la potenza di Dio. «[…] portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo » (v. 10).
Il Santo del giorno: Sant’Eliseo, profeta